Gli amanti della fiorentina o di un buon hamburger, magari al sangue, possono stare tranquilli. I dati del report AgrOsserva di Ismea hanno evidenziato che il 2017 è stato l’anno della positiva crescita del comparto della carne in Italia, con un aumento sia della spesa (+3,4% rispetto all’anno precedente) sia dei volumi (+1,1%).
Questo segnale è particolarmente incoraggiante dopo il crollo del mercato che ha segnato gli anni che vanno dal 2010 al 2016 e che ha visto gli italiani mangiare sempre meno carne. I dati negativi erano stati registrati in ogni ambito del comparto, dall’allevamento con la chiusura di quasi 4.000 stalle bovine e una diminuzione delle macellazioni che sono passate da da 2,8 milioni di capi a 2,5 milioni; al mercato con un crollo dei consumi da 25 kg all’anno pro-capite a 19,2 kg (10,8 kg reali). Nel lungo periodo i numeri sembrano essere ancora più allarmanti, soprattutto quelli sul patrimonio bovino nazionale, che registra negli ultimi 25 anni la perdita del 39% di vacche da latte e il 33% dei bovini da carne.
In linea con il trend della spesa degli italiani, che li vede più propensi a spendere di più per un prodotto di alta qualità, il mercato della carne sembra essersi ripreso, e in particolare quello nazionale: “Il consumatore predilige le carni di origine italiana, tant’è che, nonostante noi siamo sempre stati un grande Paese importatore, si sta registrando una diminuzione proprio dell’import”, racconta François Tomei, presidente di Assocarni.
La crescita del comparto carne in Italia: una riscoperta
Le prove più evidenti della crescita del comparto della carne si ritrovano nell’aumento dei prezzi medi in tutte le fasi di scambio e la ripresa dei consumi dopo anni di flessioni. Il report AgrOsserva ha registrato infatti una crescita positiva per le carni rosse anche nell’ultimo trimestre 2017, attestandosi su livelli superiori a quelli del 2016 di oltre 4 punti percentuali.
La carne rossa (e bianca) piace di nuovo agli italiani
Anche se si registra un aumento delle importazioni di bovini da ingrasso (+3,1% nel periodo gennaio-novembre) che arriva dopo 5 anni di flessioni e un piccolo accenno di ripresa nel 2016, il segnale più importante rimane quello del mercato della carne di origine italiana. L’innalzamento delle quotazioni in ambito europeo e la miglior identificazione di alcuni aspetti qualitativi riportati sempre più spesso nel packaging, come per esempio i riferimenti alla provenienza regionale e all’indicazione della razza per un acquisto più consapevole della carne, hanno reso maggiormente competitiva l’offerta nazionale agevolandone l’assorbimento. La caduta dei consumi domestici di carni bovine sembra infatti essersi interrotta con un aumento sia della spesa (+3,4% rispetto all’anno precedente) sia dei volumi (+1,1%).
Anche il mercato delle carni bianche registra dati positivi, i prezzi dell’ultimo trimestre infatti sono stati superiori dell’8% su base annua per il pollo e del 13% per i tacchini. Questo comparto però sembra essere un caso a parte nel quale la preferenza per l’origine italiana non è un elemento fondamentale. Le piccole flessioni negative nazionali infatti non hanno interrotto il trend positivo, il tutto grazie al mercato estero: le importazioni di carni avicole hanno registrato, infatti, nel periodo gennaio-novembre 2017, un incremento di spesa di quasi 12 milioni di euro, pari al +10% rispetto allo scorso anno. Nel bilancio finale delle carni bianche i volumi acquistati dalle famiglie sono risultati in tenuta (+0,1%) e grazie ai prezzi al dettaglio notevolmente superiori, la spesa per consumi domestici nel 2017 è cresciuta complessivamente del 3,9%.
[elementor-template id='142071']Il mercato contraddittorio delle carni suine
Situazione particolare e contraddittoria è quella del mercato delle carni suine. Il 2017 ha sicuramente registrato dei dati positivi con una crescita dell’1,4% dei volumi acquistati nel 2017, con una spesa superiore del 2,7% rispetto al 2016. Tuttavia, i risultati positivi raggiunti a inizio anno si sono affievoliti. Le esportazioni europee si sono gradualmente ridotte a causa dell’aumento dei prezzi della carne suina, che ha reso il prodotto comunitario meno competitivo sul mercato internazionale, ma anche per il contemporaneo crollo della domanda cinese a seguito della ricapitalizzazione interna in atto.
Il saldo commerciale per il settore suinicolo ha infatti visto un notevole peggioramento per via di un aumento delle importazioni sia di carni (+10%) che di preparazioni (+9,1%), non compensato dall’aumento delle esportazioni (+5% le carni suine e +7,9% le preparazioni).
La crescita del comparto della carne ha, invece, coinvolto un segmento particolare delle carni suine, ovvero gli affettati. I dati della ricerca Nielsen, l’azienda internazionale di misurazione e analisi dati, segnalano infatti per la Grande Distribuzione Organizzata risultati talmente buoni da interrompere la spirale economica negativa degli ultimi anni. Prosciutto e salame hanno aggiunto ben 122 milioni di euro alle vendite della distribuzione moderna, grazie a un progresso del 7,5% che ha portato il totale di questo comparto a 1,75 miliardi.
Andando ad analizzare il dettaglio di queste voci emerge che il prosciutto crudo (+9,1% a 338 milioni) ha fatto meglio del cotto (+4,5% a 448 milioni), ma le performance migliori sono state messe a segno dagli arrosti affettati (+11,6% a 191 milioni) e dalla pancetta (+11,5% a 47 milioni).
Anche voi avete comprato più carne, rossa e bianca, nell’ultimo anno? E quanto è importante per voi l’origine italiana dei prodotti che consumate?