Cosa mangiare a Napoli per gustare il vero spirito della città

 

Napul’è mille culure, ma anche sapori, aromi e specialità. Una tappa nel capoluogo campano deve passare anche dalla grande varietà gastronomica di una città unica nel suo genere. Sarebbe riduttivo considerare Napoli “solo” la patria della pizza, anzi! Visitando la città è d’obbligo sfogliare il catalogo dei prodotti e dei piatti tipici per scegliere un menù vario e buonissimo, dall’antipasto al dolce. Ecco, quindi, un parziale elenco su cosa mangiare a Napoli e rendere così indimenticabile la visita alla città!

Cosa mangiare a Napoli: 15 piatti da provare (oltre alla pizza)

Camo24/shutterstock.com

L’arte dei pizzaioli napoletani è così intrecciata con la cultura e la storia della città da essere stata riconosciuta come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO. Un elemento che ci aiuta a delineare il profondo valore socio-culturale di tutta la cucina napoletana sul territorio. Porre l’attenzione sui prodotti e sulle ricette ci permetterà di scoprire l’anima e le storie di una città che è stata fondata nel 475 avanti Cristo, punto di riferimento per tutte le popolazioni, dagli antichi Romani in poi, che hanno abitato il Sud Italia.

Napoli non è solo pizza. Città di mare, porto di cruciale importanza, sovrastata dal Vesuvio: tutti questi elementi diventano ingredienti di una cucina ricca e contaminata, che lascia percepire le influenze di chi è passato di qui. L’esempio più famoso è sicuramente quello della visita dei Reali d’Italia a Napoli nel 1889: in quell’occasione il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò una tipologia di pizza alla regina Margherita, che diede poi il nome della pizza di più famosa al mondo. Da assaggiare assolutamente anche la pizza fritta, nata come alternativa più economica a quella tradizionale nel secondo Dopoguerra e oggi affermatasi come specialità a sé stante. 

Passiamo ora a raccontarvi gli altri piatti che, secondo noi, vale la pena assaggiare: ecco cosa mangiare a Napoli per conoscere ancor di più la cucina locale!

Frittata di pasta

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Quando parliamo di Napoli e in generale in Campania è automatico pensare alla grandissima lavorazione del grano duro. Non sorprende, dunque, che la pasta sia un ingrediente utilizzato spesso sia per preparare i piatti tipici, sia quelli della quotidianità: se volete scoprire un piatto da mangiare assolutamente a Napoli, vi consigliamo la frittata di pasta. Originariamente era preparata con la pasta avanzata mescolata con uova, salame e formaggio. Il tutto veniva fritto in padella e poi consumato anche freddo, perfetto come pranzo al sacco nelle giornate di mare.

Il ragù napoletano

Se la pasta è alla base della dieta mediterranea e partenopea, a completare il piatto non possono che esserci sughi elaborati e deliziosi. È il caso del ragù napoletano, ad esempio, caratterizzato da una cottura molto lunga e dalla presenza di pezzi di carne più grandi e grossolani rispetto alla variante bolognese. Talmente amato in città che è protagonista anche della poesia “O rraù” di Eduardo De Filippo.

Sugo alla puttanesca

Un altro sugo da provare assolutamente, meglio se con gli spaghetti, è quello alla puttanesca, chiamato semplicemente “aulive e cchiapparielle” Pomodoro, olive nere di Gaeta, aglio, capperi e origano sono tutto ciò che ci serve per prepararlo. Ma da dove deriva il nome “puttanesca”? Ci sono tante teorie: quella più quotata racconta che l’ideatore del sugo era il proprietario di una casa per appuntamenti nei Quartieri Spagnoli e che il nome derivi, quindi, dagli abiti variopinti e sgargianti indossati dalle prostitute.

Sugo Scarpariello

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I condimenti per la pasta, ormai lo sappiamo, fanno parte della storia popolare di Napoli e anche lo “scarpariello” nasce tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli. Questo sugo deve il suo nome agli “scarpari” le cui prestazioni venivano talvolta pagate in generi alimentari. Non c’era una ricetta codificata, ma non mancavano gli ingredienti base anche oggi: pomodoro, basilico e formaggio. Da fare la scarpetta con il pane!

Pasta e patate

La cucina napoletana è fatta di colori brillanti e ingredienti semplici, e proprio questo mix è parte del segreto del successo di molti piatti tra cui anche pasta e patate. Piatto povero e nutriente, nasce nel Seicento circa e oggi non è solo una delle preparazioni più rappresentative della città, ma il cavallo di battaglia di numerosi chef. Da provare la variante con la provola!

Spaghetti alle vongole

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Il primo piatto di mare per eccellenza che non può mancare tra i “must” da provare a Napoli è proprio lo spaghetto alle vongole. Questo perché le vongole veraci del Golfo di Napoli sono di altissima qualità e da molti decenni vengono cucinate con maestria. La ricetta di questo piatto gustoso è davvero molto antica: le prime tracce scritte su come preparare i “vermicelli all’aglio con le vongole” risalgono al 1839, anno di pubblicazione del volume Cucina Casereccia Napoletana curato da Ippolito Cavalcanti.

Ravioli capresi

L’Italia è terra di pasta ripiena e anche Napoli non è da meno. Una specialità da mangiare assolutamente sono i ravioli capresi, dedicati all’isola di fronte alla città. Il ripieno è semplice, con caciotta affumicata e maggiorana, mentre il sugo di accompagnamento è al pomodoro fresco con un tocco di basilico.

Cuoppo

Concluso il lungo percorso tra i primi piatti napoletani passiamo ai secondi, dedicando un’attenzione particolare anche allo street food. Come Palermo, anche Napoli è una città dove il cibo di strada esiste da ben prima che diventasse una moda e il principe dello street food napoletano è il cuoppo. Il nome significa cono, ovvero il cartoccio di carta in cui vengono serviti gli ingredienti, vari ma rigorosamente fritti .

Possiamo trovare il cuoppo di terra oppure dolce, ma la variante da provare è senza dubbio quella di mare, meglio se con il pescato povero del giorno come totani, alici, gamberi, seppioline e ciò che il mercato offre.

Uova in purgatorio

Paul Cowan/shutterstock.com

L’uovo trova spesso spazio nella cucina napoletana in tante forme differenti. Noi consigliamo di assaggiare quelle preparate “in purgatorio”: le uova vengono adagiate e cotte in un sugo di pomodoro fresco e dolce. Vengono chiamate così perché il contrasto tra il bianco degli albumi e il rosso del sugo richiamerebbe le fiamme del purgatorio.

Polpo alla Luciana

Non fatevi trarre in inganno: il polpo alla Luciana non fa riferimento a un’ ipotetica creatrice della ricetta, ma al quartiere marinaro di Santa Lucia dove si ritiene che questa preparazione venne inventata! Si tratta di un piatto semplice: il polpo viene fatto cuocere in umido, in abbondante salsa di pomodoro, con capperi e olive. Ricco e saporito, possiamo trovarlo in menù sia come secondo piatto sia come sugo per la pasta.

Gattò di patate

Un altro nome che può trarre in inganno tipico della cucina napoletana è quello del gattò di patate, diverso dal “gateau” alla francese. Qui parliamo di una versione 100% partenopea nata, questo sì, dall’evoluzione del gateau preparato dagli chef al seguito dei Borbone. Si tratta di una torta salata cotta al forno e farcita con patate, uova, mozzarella, provola, salame e prosciutto cotto. Deliziosa!

Casatiello

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Pasqua a Napoli significa casatiello. Un rustico con impasto a base di strutto, provolone e salame napoletano che viene servito come tappabuchi: dall’aperitivo ad appena prima del dolce. Di fatto è un must della Pasqua e della Pasquetta, che si può consumare al posto del pane. Secondo la tradizione, la forma richiamerebbe la corona spinata di Cristo crocifisso, da qui l’associazione con le feste pasquali. Se voleste sperimentare e prepararlo in casa, non possiamo che consigliarvi la ricetta da napoletano DOC di Luca Sessa!

Zucchine alla scapece

Romane oppure spagnole? Le origini della preparazione delle zucchine alla scapece sono avvolte nel mistero ma non c’è dubbio che si tratti di una ricetta molto antica. Alcune leggende ritengono che l’inventore fosse un cuoco romano, Marco Gavio Apicio (vissuto tra il 25 a.C. e il 37 d.C.), da cui la preparazione avrebbe preso il nome (da Gavio Apicio a Scapece). Altre, invece, sostengono che nome e tradizione siano spagnole: per indicare la marinatura nell’aceto in spagnolo si usa, infatti, il termine “escabeche”. In ogni caso, la ricetta da provare a Napoli vede protagoniste le zucchine, condite con aglio, aceto e menta!

Mozzarella di bufala

Un viaggio a Napoli senza assaggiare la mozzarella di bufala? Un sacrilegio! Sebbene la zona di produzione DOP e tradizionale sia nelle province di Caserta e Salerno, è considerata un must anche nel capoluogo campano. Freschissima e deliziosa, si può consumare da sola oppure con pomodori, affettati, sulla pizza o ancora con le verdure. In ogni circostanza, farà la sua ottima figura agli occhi e al palato.

Friarielli (con la salsiccia)

Infine, l’ultima tappa del nostro tour su cosa mangiare a Napoli è dedicata alla verdura. I friarielli, la parte più tenera delle cime di rapa, sono coltivate anche a Napoli e oggi soprattutto nell’entroterra. Vengono serviti insieme alle acciughe oppure con la salsiccia, anche sulla pizza, e rappresentano uno dei punti fermi della cucina locale.

Cosa mangiare a Napoli: pastiera, struffoli, sfogliatelle e babà

Ci lasciamo forse senza dolce? Giammai! A Napoli non c’è che l’imbarazzo della scelta tra dessert tradizionali di tutti i tipi. La pastiera, ad esempio, è tipica del periodo pasquale, ma il suo successo fa sì che sia disponibile ormai durante tutto l’anno. Il segreto sta tutto nell’equilibrio perfetto di frutta candita e aromi, che rendono questa torta unica.

Alessio Orru/shutterstock.com

Gli struffoli, invece, sono palline di pasta fritte e condite poi con miele e confettini colorati che vengono preparati soprattutto durante le feste natalizie. L’origine è incerta: c’è chi sostiene che si preparassero addirittura ai tempi dell’Antica Grecia, ma non v’è dubbio che oggi gli struffoli siano al 100% partenopei al punto da essere considerati un dessert di Natale.

Riccia o frolla? Stiamo parlando delle due varianti della sfogliatella, un altro dolce che rappresenta appieno la cultura gastronomica di Napoli e della Campania. Nata nelle cucine del monastero di Santa Rosa da Lima nel Settecento, la ricetta è rimasta segreta fino al 1818. Solo in quell’anno un pasticcere riuscì a recuperarla per proporla al grande pubblico.

Concludiamo con il re dei dolci napoletani: il babà. Ogni elemento – la caratteristica forma a fungo, il colore dorato, il rhum – raccontano la città. Basterà un solo morso per immergersi nel vero spirito napoletano. Impossibile passare da Napoli e non mangiarne almeno uno!

Ora tocca a voi: quali altre specialità partenopee non possono mancare nella nostra lista?

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