L’emergenza Covid-19 ha travolto tutti i settori dell’economia, compreso quello dell’agroalimentare. Se è vero che, infatti, le aziende che operano nel settore non si sono mai fermate e che gli acquisti nella GDO e nei negozi di prossimità è cresciuta, sono molti però gli ambiti in cui già si possono contare i danni. Basti pensare alle difficoltà delle aziende agricole che, da un lato, vedono parte delle esportazioni bloccate e, dall’altro, lamentano la mancanza di manodopera stagionale per la raccolta.
D’altro canto, anche il veloce cambiamento delle abitudini di consumo, fotografate dall’Osservatorio Lockdown di Nomisma e dai report dell’Ismea sull’andamento dei consumi a marzo e aprile, rendono complicato l’adattamento alle nuove richieste dei consumatori. È complicato, dunque, analizzare l’impatto del Coronavirus sull’agroalimentare, ma abbiamo a disposizione i primi dati e studi che suggeriscono quello che sarà. Vediamo, dunque, quali sono i problemi e le previsioni per un settore che rappresenta, in Italia, circa il 12% del PIL.
Qual è l’impatto del Covid-19 sull’agroalimentare?
È l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) a riassumere quali sono, a livello globale, gli aspetti più critici, ricordando che l’agrifood fornisce i mezzi di sostentamento a più di un miliardo di persone nel mondo. Non meno importante è il dato secondo cui il 41,9% della forza lavoro in campo agricolo nei Paesi in via di sviluppo, in particolare in Africa e Asia, è composta da donne che, insieme ai più giovani, subiranno maggiormente le conseguenze della pandemia.
I problemi, per il settore agricolo, sono di diversa natura. Ci sono, infatti, numerose attività che nascono come orientate alle esportazioni, che vengono ora limitate per via della chiusura dei confini e che non sono in grado di orientare il business in ambito locale. L’ILO sottolinea, inoltre, che “le restrizioni di movimento possono impedire agli agricoltori di accedere ai mercati di riferimento e avere come conseguenza un aumento dello spreco alimentare.”
Un ulteriore elemento di preoccupazione è quello dell’oscillazione dei prezzi per via degli assalti ai supermercati. I dati sui consumi, in Italia, descrivono uno scenario in cui continua a crescere a doppia cifra la domanda di beni alimentari nella GDO e non soltanto. Ciò implica, in prima battuta, il rischio dell’aumento dello spreco di cibo e, secondariamente, in variazioni di prezzo, le cui conseguenze sono pagate dai lavoratori del settore.
Lo conferma anche uno studio di Coldiretti che registra, nei primi mesi del 2020, un aumento del 2,8% dei prezzi dei beni alimentari, soprattutto di quelli non lavorati (+4,3%). Ciò accade mentre il 57% delle aziende agricole in Italia ha registrato un calo delle attività.
Manodopera stagionale: la filiera rimasta senza braccianti
Discorso a sé stante, evidenziato anche dall’ILO, è quello relativo alla manodopera stagionale. Era il 13 marzo, all’inizio dell’emergenza, quando sempre Coldiretti aveva già lanciato un preoccupante allarme: senza i 370 mila lavoratori stagionali di origine straniera, che ogni anno si muovono verso i centri della produzione agricola in Italia, era a rischio un quarto dei raccolti. A circa due mesi da questo primo appello, sono poche le azioni ipotizzate per colmare il vuoto: ad esempio, la possibilità di far lavorare nei campi studenti, persone che percepiscono il reddito di cittadinanza o cassa integrati attraverso il sistema dei voucher agricoli, e la regolarizzazione di circa 600.000 migranti irregolari, parte dei quali normalmente impiegati in agricoltura che si trovano già sul territorio nazionale.
L’ILO sottolinea come la situazione sia problematica anche in altri Stati europei come Francia, Germania, Spagna e Polonia. Si stima, infatti, che siano circa 200.000 i lavoratori stagionali che mancheranno Oltralpe, mentre è diversa la strategia promossa dalla Germania. Anche qui mancano circa 286.000 lavoratori bloccati nei Paesi d’origine e che quindi non possono collaborare alla raccolta di frutta e verdura e, più avanti, alla vendemmia. Il Governo sta quindi valutando di organizzare dei voli diretti appositamente realizzati per permettere ai braccianti di arrivare in sicurezza in Germania, lavorare e rientrare dalle loro famiglie.
La priorità, come ha ribadito anche la Commissione Europea in una guida pratica pubblicata lo scorso 2 aprile, è garantire da un lato lo spostamento tra Paesi diversi per poter lavorare e, dall’altro, la sicurezza di tutti i lavoratori e le lavoratrici della filiera.
Sempre più online, anche nel prossimo futuro
L’impatto del Covid-19 sull’agroalimentare si registra anche analizzando i trend di consumo. Questo l’obiettivo di un’analisi della società di consulenza strategia Kearney – riportata da IlSole24Ore – che stima un calo compreso tra l’1,5% e il 3% per l’intero settore e suggerisce gli elementi da tenere in considerazione per superare la crisi.
La pandemia, infatti, farà frenare la crescita dei negozi di alimentari tradizionali a fronte di una crescita corposa, tra il 75% e il 90%, del delivery e della spesa online. Partendo dai dati raccolti a proposito delle crisi precedenti e con un occhio a ciò che sta accadendo in Cina, lo studio di Kearney mira a identificare e tracciare gli indicatori giusti per anticipare l’evoluzione dei consumi che, secondo gli autori, andranno a modificarsi in maniera radicale.
Per questa ragione, i consulenti suggeriscono di evitare il lancio di nuovi prodotti ad alto valore aggiunto e puntare, invece, su una filiera locale, sicura, sostenibile e salutare. Coerentemente con i trend che già erano stati sottolineati dal Rapporto Coop 2019, infatti, anche Kearney sottolinea che il consumatore andrà a dare sempre più valore a prodotti che tutelano la salute e l’ambiente. Inoltre, calano del 20% circa l’acquisto degli alimentari “gourmet”, un segno del fatto che, sempre secondo gli autori dello studio, “gli italiani stanno diventando più cauti e si iniziano a capire le ricadute economiche” del lockdown.
Covid-19 e accesso al cibo: l’appello delle organizzazioni internazionali
Senza sottovalutare l’impatto sociale della pandemia che già sta mettendo numerose famiglie in difficoltà. Sono la FAO, l’International fund for agricultural development (Ifad), la Banca mondiale e il World food programme (Wfp/Pam) a sottolineare in un documento congiunto come sia una responsabilità dei Paesi garantire l’accesso al cibo per tutti: “Gli sforzi dovrebbero focalizzarsi nel supportare le persone povere, vulnerabili e quelle i cui redditi sono maggiormente colpiti. L’implementazione di adeguate misure sociali e l’investimento in misure che garantiscano un recupero veloce sono elementi critici per salvare, contemporaneamente, vite umane e i mezzi di sostentamento.” Infine, si legge nel documento che “assicurarsi che questo tipo di misure raggiungano tutti è fondamentale per evitare un’ulteriore diffusione di povertà e fame.”
In Italia, le prime misure prese in questo senso riguardano il sostegno al reddito e i buoni spesa. Contemporaneamente, sono partite dal basso numerose iniziative solidali, come la spesa sospesa, proprio per permettere alle persone in difficoltà di reperire i beni alimentari. È sicuramente ancora lunga la strada verso un ritorno alla normalità, ma già si contano gli effetti sul settore agroalimentare che, durante questa pandemia, dimostra quanto sia interconnesso a livello globale e come ciò che accade nei campi della Penisola riguardi – e sia condizionato – da quanto accade anche nel resto del mondo.