Giornale del cibo

Falsificare il Made in Italy? Un gioco da ragazzi!

Formaggi e vini sono solo la punta dell’iceberg dell’enorme oceano di marchi tarocchi che ha invaso il mercato internazionale. La contraffazione del Made in Italy, infatti, ha un fatturato che fa girare la testa: oltre sessanta miliardi di euro in tutto il mondo.

Per intenderci: è il doppio del volume delle nostre esportazioni che nel 2013 hanno toccato quota 34 miliardi, di per sé una cifra record. Tutto questo, secondo le stime di Coldiretti, ci costa 300mila posti di lavoro e decine di migliaia di aziende costrette a chiudere, vittime della crisi e della concorrenza sleale. Imprenditori e produttori non ce la fanno più e continuano a chiedere leggi di tutela a livello internazionale, ma c’è ancora tantissima strada da fare.

E la mafia? Di certo non sta a guardare. Nel 2013 si calcolava che il 5,6% di questo business finisse nelle mani della criminalità organizzata. Una stima sicuramente al ribasso.

Il finto Montepulciano: istruzioni per l’uso

Falsificare un vino pregiato è un gioco da ragazzi: basta prendere un po’ di polvere che funge da lievito e diluirla in una sorta di mosto concentrato. Si mescola a lungo e si aggiunge della bentonite per schiarire il colore del liquido, quindi un pizzico di metabisolfito di potassio e del sorbato, per interrompere il processo di fermentazione al momento giusto.

E, sigh, il Montepulciano farlocco è pronto. Insomma, come diceva Giobbe Covatta,‘basta poco, checcevò?’. Con buona pace di una tradizione che dura da secoli e soprattutto di chi in quel settore lavora cercando di portarla avanti.

Vino made in Italy

Ottanta dollari per sessanta litri

Il kit per il “Montepulciano fai da te” è facilmente acquistabile in rete. In Italia è illegale, ma persino in altri paesi della Comunità Europea è possibile trovarlo normalmente nei negozi di alimentari. Per farsi un’idea: un kit per il Barolo, l’Amarone o il Merlot in busta permette di produrre circa una sessantina di litri di vino e costa appena 80 dollari. Una bottiglia originale di buona qualità, invece, si aggira sui 20 euro. Insomma, non c’è gara.

Solo in Abruzzo la filiera del Montepulciano coinvolge 225 vitivinicoltori e produce 700mila ettolitri di vino. Il danno per i produttori è enorme, così come l’inganno per i consumatori, attirati dalle etichette dove campeggiano falsi tricolori o frasi in uno scarso italiano con il Colosseo o l’Arena di Verona di sfondo.

 

Il Reggianito batte il Parmigiano

Per produrre il Parmigiano Reggiano, invece, si può partire anche da semplici pillole. Come quelle dell’aspirina, conservate negli stessi blister utilizzati per i medicinali.

Altrimenti, se le pillole possono sembrare un po’ troppo estreme, le alternative non mancano: c’è il ‘Parmesan Vegetarian’ americano o il ‘fratello’ prodotto dagli Amish, il ‘Gran Formaggio’ brasiliano, il ‘Queso Parmesano’, il ‘Parmesan Perfect Italiano’ lavorato in Australia, il Reggianito argentino e quello neozelandese.

E ancora quello russo, con istruzioni in cirillico, e il più ‘rinomato’: il Parmigiano del Wisconsin, eletto miglior formaggio degli Stati Uniti.

Nel 2013 le imitazioni di Parmigiano Reggiano e Grana Padano hanno superato, per volume d’affari, gli originali. Una produzione di oltre 300 chili di prodotti basata sulla contraffazione. I produttori, invece, hanno inevitabilmente visto calare gli introiti del 20%.

Ci si mette anche Masterchef

‘Pasta con mais, erbe e Parmesan’. ‘Risotto al Parmesan con uovo in camicia’. ‘Pollo al Parmesan’. ‘Pomodoro basilico e bruschetta al Parmesan’. Sono tutte ricette che vengono presentate nei siti ufficiali delle edizioni americane e australiane del reality più famoso dedicato alla cucina. Niente di male, se non fosse per gli autori che le utilizzano etichettandole come veri autentici piatti italiani.

Le nuove frontiere della contraffazione del made in Italy: l’agropirateria

Nel 2013 i Carabinieri avevano scoperto almeno 70 tipologie di prodotti taroccati che si richiamavano a marchi di qualità della nostra gastronomia: l’olio toscano, l’aceto balsamico di Modena, il Pecorino romano, i limoni di Sorrento, la ricotta, il prosciutto di Parma o il San Daniele. Insomma, nessuno si può sentire escluso.

Eppure, era solo l’inizio. Negli ultimi mesi, alzando l’attenzione sul fenomeno, le forze dell’ordine e gli osservatori delle associazioni di categoria hanno messo in luce un vero e proprio mercato parallelo, che funziona con le medesime leggi di quello ufficiale: quello dell’ agropirateria.

Ormai, quasi due prodotti su tre in vendita sul mercato internazionale sono tarocchi. Il loro prezzo segue le oscillazioni degli originali: così, se Grana Padano e Parmigiano hanno sofferto negli scorsi anni le loro imitazioni a basso costo, adesso gli ‘agropirati’ potrebbero cambiare obiettivo. E così il pecorino, che in due anni è passato da 5,68 a 9,20 euro al kg è il primo candidato a prendere il loro posto.

Chi è causa del suo mal… faccia qualcosa

Il peggior artefice della contraffazione del Made in Italy è l’Italia stessa. Se nel nostro paese è vietata la produzione di vino in polvere, non lo è infatti quella dei preparati che lo rendono possibile: basta acquistare il succo d’uva concentrato (sempre da produttori italiani), mettere insieme il resto del kit e spedirlo all’estero dove avviene la liofilizzazione e la commercializzazione vera e propria. A volte le scorciatoie superano anche i confini della legge: la scorsa estate a Reggio Emilia è stata scoperta una truffa di wine kit dal valore di 28 milioni di euro.

L’anno scorso il ministero delle Politiche Agricole ha sequestrato oltre 60 milioni di euro di prodotti e ha cominciato il 2015 con altri 13 milioni, al ritmo di quasi 10mila controlli al mese. Ci si sta concentrando soprattutto sul web, la porta al mercato internazionale dell’agropirateria: nel 2014 sono stati 160 i flussi di commercio illegale bloccati per un controvalore superiore ai 50 milioni.

Il futuro: le promesse in vista dell’Expo

Tutela dei marchi Dop e Igp, regole comuni tra i paesi membri della Comunità Europea, maggiori risorse a favore della lotta alla contraffazione. Sono le richieste delle associazioni e le rassicurazioni del Governo in vista di Expo: la manifestazione è chiamata anche a lanciare un segnale forte e inequivocabile di contrasto all’agropirateria. Il ministro Maurizio Martina nelle scorse settimane ha soprattutto promesso un Forum permanente per la cooperazione a livello europeo a tutela dei marchi di eccellenza.

Basta? No, ma mettere d’accordo almeno i partner europei sulla differenza tra un Montepulciano autentico e uno in polvere sarebbe già un buon inizio.

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