Giornale del cibo

Agricolis: un Centro Studi per dar voce ai “contadini invisibili”

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C’è chi coltiva mezzo ettaro di terra ereditato da un genitore, chi invece si è appassionato all’agricoltura più di recente e ha trasformato un pezzo di giardino in un piccolo orto. E ancora ci sono le associazioni che, attraverso la cura delle piante, aiutano le persone con disabilità o in condizioni di fragilità, a reinserirsi nella società. Sono approssimativamente un milione in Italia i “contadini invisibili”, come vengono definiti da Confeuro, la Confederazione europea degli agricoltori, che ha creato il Centro Studi Agricolis, un gruppo di lavoro e ricerca che ha l’obiettivo di portare alla luce questa galassia di piccoli e piccolissimi agricoltori per passione e dare loro il giusto valore. Ne abbiamo parlato insieme al presidente italiano di Confeuro, Andrea Michele Tiso.

Centro Studi Agricolis: inaugurato a marzo lo spazio di ricerca e analisi

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Oltre un milione. Questa è la stima che fa Confeuro nel tentativo di contare le persone che dedicano parte del proprio tempo, spesso il tempo libero, alla coltivazione della terra. Non parliamo di un’agricoltura professionale, naturalmente, e spesso nemmeno di micro aziende agricole, ma piuttosto di persone e gruppi che, attraverso gesti artigianali e antichi, producono alimenti nel proprio giardino, all’interno degli orti urbani o in piccoli appezzamenti di terra.

“Si tratta di persone – ci spiega Tiso – che risultano escluse da ogni inquadramento normativo e opportunità di finanziamento, ma che rappresentano a nostro avviso una risorsa di grande valore per il territorio dove vivono e lavorano.” Frutta e verdura sono i principali prodotti, ma non soltanto: nelle regioni meridionali, per esempio, non è raro che ci sia qualcuno in ogni famiglia che si occupa di un piccolo uliveto fornendo olio ai familiari, mentre nelle zone a forte vocazione vitivinicola del centro nord avviene lo stesso con qualche damigiana di vino.

Molti di questi contadini invisibili, secondo Confeuro, vendono parte del raccolto eccedente nei mercati rionali o in piccolissime rivendite più o meno organizzate. Ma la maggior parte è destinata all’autoconsumo e sfuggono ai censimenti. Da qui l’idea di creare il Centro Studi Agricolis che, all’interno dell’organizzazione, si dedica alla mappatura e alla valorizzazione di queste persone. “Ci piacerebbe che non fossero più contadini invisibili, quanto coltivatori per passione a cui riconosciamo il valore di presidio del territorio, di conservazione di saperi preziosi e di stimolo culturale per la comunità”, aggiunge Tiso.

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Un presidio ambientale, culturale e sociale: il ruolo prezioso dei contadini per passione

Il primo obiettivo del Centro Studi Agricolis è conoscere meglio quelli che oggi sono “contadini invisibili”, attraverso azioni di mappatura e l’analisi dei dati che ci restituirà il censimento Istat. Solo così sarà possibile conoscere le effettive dimensioni del fenomeno e le sue sfaccettature, è il primo passo per restituire una voce a tante persone per cui l’agricoltura è quotidianità ma non lavoro.

“Sappiamo che sono persone per cui il cibo ha un grande valore, persone che contribuiscono alla conservazione della lunga e ricca tradizione enogastronomica del nostro Paese”, spiega Tiso, che aggiunge: “Pensiamo che sia da incentivare l’attività e la passione di chi ama produrre il cibo per sé e i propri cari e che questa attitudine rappresenti una risorsa per i singoli in termini di salute e di consapevolezza, ma anche per la società e per il territorio.”

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Un ettaro di terra coltivato è un ettaro non abbandonato né cementificato, come spiega il presidente di Confeuro evidenziando come i contadini invisibili curino il territorio, contribuiscano alla tutela dell’ambiente e alla conservazione del paesaggio. Agiscono come un freno all’abbandono territoriale e tutto ciò che ne comporta, soprattutto nei luoghi di montagna dove il fenomeno ha dimensioni più ampie e conseguenze pericolose.

“Un secondo aspetto importante per cui riconoscere il ruolo dei contadini invisibili e significativo riguarda la cultura” sottolinea Tiso “Sostenere, incentivare e stimolare l’attività di questi piccoli contadini fa sì che possano conservarsi tutte quelle competenze e tradizioni che riguardano gli alimenti che i giovani oggi stanno perdendo. La cura degli orti urbani, per esempio, favorisce la divulgazione di informazioni utili anche a chi non è nato in una famiglia che coltiva la terra.”  

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Infine i contadini invisibili sono spesso persone o gruppi di persone che svolgono un’importante funzione sociale. Basti pensare alle tante associazioni e organizzazioni che si occupano di persone fragili o con disabilità, oppure che stimolano la creazione di piccoli orti all’interno delle carceri e in territori confiscati alle mafie come nel caso di Comitato Molise 5, nella periferia di Milano. In questi casi, all’orticoltura viene riconosciuto un ruolo terapeutico perché permette alle persone coinvolte di uscire da una condizione di difficoltà, seguendo la produzione di qualcosa di buono dal seme al momento in cui viene messo in tavola. La finalità non è, naturalmente, quella di realizzare delle aziende agricole, ma creare degli spazi in cui l’agricoltura consente un reinserimento sociale e un miglioramento della qualità della vita delle persone che vi partecipano. Dare spazio, voce e rappresentanza anche a questi contadini invisibili è, dunque, cruciale per permettere a progetti virtuosi di questo tipo, diffusi ovunque in Italia, di ottenere il giusto riconoscimento e sostegno.

“Attraverso il Centro Studi Agricolis – conclude Tiso – ci piacerebbe creare un albo dei contadini con passione, portando alla costruzione di una community. E in questa rete creare spazi di confronto, di formazione e di scambio. Crediamo che sia una strada da percorrere per il bene dell’ambiente e delle persone”.

E voi cosa ne pensate? Vorreste far parte della community dei Contadini con passione?


Credits immagine in evidenza: Ground Picture/shutterstock.com

 

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