Il pesce è uno dei beni che più di tutti risentono delle variazioni di capacità d’acquisto. Tant’è che Ismea rileva come, dopo la crescita del 2017, l’anno scorso c’è stato un calo del 2% della domanda da parte degli italiani che, anche quando lo scelgono, mettono nel carrello della spesa prodotti comodi da preparare e tanti surgelati.
Si mangia meno pesce in casa, percepito come un bene di lusso o straordinario, sebbene gli esperti della nutrizione siano concordi nel sottolineare come esso sia una fonte proteica salutare per l’organismo e da consumare con regolarità. Ridurre i consumi può comportare indirettamente alcuni rischi per la salute, ma vediamo quali sono i dati Ismea sul consumo di pesce in Italia nel 2018 e cosa potrebbero suggerire sulla dieta degli italiani.
[elementor-template id='142071']Consumo di pesce in Italia: i dati Ismea 2018
Complessivamente, nel 2018, è calato il consumo di pesce nelle case degli italiani. Una flessione che ha colpito in maniera particolare il pesce fresco (-2,7%), il congelato sfuso (-8,7%), e il pesce secco, salato e affumicato (-6,3%). Cresce, al contrario, il consumo di prodotti congelati e surgelati confezionati, per cui Ismea rileva un + 2,6%.
Gli italiani, dunque, lo scorso anno hanno mangiato meno pesce e quando l’hanno fatto hanno preferito la praticità. Inoltre, i dati sottolineano come il più delle volte la scelta ricada sul pesce d’importazione – il salmone, per esempio – sempre più amato anche per via del successo crescente della cucina giapponese e orientale.
Analizzando, infatti, il carrello della spesa dei nostri connazionali, troviamo:
- filetti di platessa surgelati
- bastoncini di merluzzo
- salmone, sia surgelato che in conserva
- orata
- pesce spada.
Il salmone sta spodestando anche alcuni classici del consumo ittico degli italiani anche tra le conserve: alici e sardine hanno perso infatti il loro primato. Inoltre, come sottolinea l’Associazione Nazionale Conservieri Ittici (Ancit), il 94% della popolazione italiana è assiduo consumatore di tonno in scatola e addirittura il 43% degli italiani lo mangia ogni settimana.
Complessivamente, conclude l’istituto di ricerca, meno della metà del pesce consumato dagli italiani (48%) è fresco.
Da dove arriva il pesce sulla tavola degli italiani
Nonostante esistano tanti canali di distribuzione e vendita del pesce, dalle classiche pescherie ai gruppi di acquisto solidali specifici, la maggioranza degli acquisti anche in questo settore avviene nella grande distribuzione organizzata. Oltre l’80% della spesa ittica viene fatta tra ipermercati, supermercati e discount. Si registra un calo addirittura del 7,3% tra il 2017 e il 2018, degli acquisti attraverso i canali tradizionali.
Anche i prodotti sono spesso d’importazione e poco a km0. La maggior parte del pesce acquistato e consumato dagli italiani proviene dall’estero, in particolare dagli altri paesi della Comunità Europea e solo in percentuale minore dal resto del mondo. Ismea aggiunge che l’import di pesce è in crescita costante negli ultimi anni e che ha raggiunto 1,35 tonnellate nel 2018, per un volume d’affari pari a 5,9 miliardi di euro, cresciuto del 30% in soli dieci anni.
Quanto è sostenibile il consumo di pesce in Italia?
Nonostante gli sforzi di organizzazioni come Slow Fish o Greenpeace per favorire la conoscenza delle caratteristiche che dovrebbe avere una spesa sostenibile anche per quanto riguarda il pesce, gli italiani faticano ad acquistare pesce locale e secondo la stagionalità. Scegliere pesce del Mediterraneo, tuttavia, secondo le organizzazioni, garantirebbe un prodotto più fresco, controllato ed economico.
Nemmeno la ristorazione aiuta da questo punto di vista, come ha spiegato Valentina Tepedino, direttrice di Eurofishmarket, in un’intervista a Il Fatto Alimentare. Tepedino spiega, infatti, come da un lato siano i consumatori a richiedere le stesse varietà ittiche, inconsapevoli della provenienza geografica, e dall’altro lato anche i ristoratori propongano sul menù sempre gli stessi prodotti per assecondare e rispondere alla domanda del cliente. “Per esempio – dichiara sempre la direttrice di Eurofishmarket – le sogliole preferite, perché sono più grandi, provengono per lo più dall’Atlantico, mentre la sogliola mediterranea anche se costa meno è poco ricercata perché è un po’ più piccola. L’assurdo è che anche nelle località costiere, nei ristoranti “di pesce”, si trova prevalentemente, se non esclusivamente, prodotto di importazione”.
Vi riconoscete nei dati di consumo del pesce raccolti da Ismea? Raccontateci nei commenti quali sono le tipologie che mettere più spesso nel carrello della spesa!