Il congelamento isocoro, o isocorico, è una nuova tecnica che promette di rendere gli alimenti più sicuri risparmiando energia, con vantaggi su larga scala per l’industria alimentare, per i consumatori e per l’ambiente. Ma di cosa si tratta di preciso e quale potrà essere il suo impatto? La sua applicazione industriale e in ambito domestico è davvero possibile e vantaggiosa? Una ricerca recente contesta questa prospettiva, invitando ad analizzare concretamente tutti gli aspetti che penalizzano il metodo. Dopo aver analizzato le fake news sui surgelati, cerchiamo di saperne di più su questa tecnologia.
Congelamento isocoro: più sicurezza e risparmio energetico?
Un innovativo metodo di trattamento a freddo potrebbe migliorare qualità e sicurezza dei cibi, riducendo al contempo i consumi energetici. Il congelamento isocoro, infatti, è stato esaltato da uno studio più volte citato e curato dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti e dagli scienziati dell’Università della California-Berkeley, pubblicato su Renewable and Sustainable Energy Reviews. Non si tratta di fantascienza, ma di una tecnica apparentemente piuttosto semplice: gli alimenti vengono posti in un contenitore rigido sigillato, in genere di plastica dura o metallo, completamente riempito con un liquido, che può essere anche acqua. Questa tecnica deriva direttamente da una strategia che il team di scienziati ha ideato per il trasporto di organi per i pazienti trapiantati.
A differenza del congelamento tradizionale, o isobarico, dove i prodotti sono esposti all’aria e si congelano per intero grazie alle temperature sottozero, questo metodo consente di conservare il cibo senza congelarlo direttamente. Solo circa il 10% del volume del liquido nel contenitore viene congelato, e la pressione all’interno della camera impedisce al ghiaccio di espandersi. Finché il cibo resta immerso nel liquido, rimane protetto dai fenomeni di cristallizzazione del ghiaccio, che danneggiano la qualità, e spesso ci fanno riconoscere anche al gusto e al tatto i prodotti passati per il freezer. In particolare, a beneficiarne sarebbero i vegetali e i frutti che tipicamente soffrono di più il congelamento, come pomodori, patate o ciliegie. La modalità isocorica, inoltre, permetterebbe di eliminare la maggior parte dei contaminanti microbici, prolungando i tempi di conservazione rispetto al metodo tradizionale, anche per cibi freschi e delicati.
Vantaggi apparenti su scala industriale e globale
I ricercatori hanno affermato che se tutte le aziende operanti nella catena del freddo e tutte le abitazioni si convertissero al congelamento isocoro, annualmente si potrebbe ridurre il consumo energetico mondiale di ben 6,5 miliardi di kilowattora. In base alle stime, si tratta di un quantitativo energetico al quale corrispondono 4,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica, di cui l’atmosfera sarebbe risparmiata. In termini di impatto ambientale, questo volume è paragonabile all’inquinamento dovuto a circa 1 milione di automobili.
Dal punto di vista tecnico, questo vantaggio si spiegherebbe con lo sgravio dovuto alla mancanza di congelamento dei prodotti, processo che necessità di grandi quantitativi energetici. Congelare solo il liquido dove gli alimenti sono contenuti, invece, risulterebbe molto più efficiente.
Gli scienziati sostengono anche che questi notevoli risparmi si potrebbero ottenere senza dover effettuare grandi cambiamenti nelle attuali attrezzature e infrastrutture per la produzione di alimenti surgelati. L’intera filiera potrebbe adottare questa tipologia di congelamento, dalla produzione alla distribuzione, senza richiedere particolari investimenti. Se il congelamento isocoro si diffondesse, i ricercatori prefigurano una vera e propria rivoluzione nella conservazione degli alimenti.
Il congelamento isocoro non è davvero vantaggioso
L’entusiasmo per il congelamento isocoro, però, è stato recentemente smorzato da una ricerca che ha voluto analizzare tutte le caratteristiche di questa tecnica. La pubblicazione, apparsa nel giugno 2024 su Foods, si è posta l’obiettivo di rendere scienziati, tecnologi e ingegneri alimentari più consapevoli sulle effettive capacità e prospettive di questa modalità nella lavorazione degli alimenti refrigerati.
Il congelamento isocoro, secondo i ricercatori, si basa sull’assenza di transizione dell’acqua contenuta nei cibi in ghiaccio, applicando pressioni elevate (25-180 MPa). In questo modo i prodotti si raffreddano a temperature comprese tra -2 e -18 °C. Una pressurizzazione di questo tipo si ottiene appunto a volume costante, riducendo la temperatura all’interno di contenitori rigidi contenenti una quantità sufficiente di un liquido, tipicamente una soluzione acquosa attorno al cibo.
Gli studiosi, innanzitutto, contestano la definizione “congelamento isocoro”, che non avrebbe senso dal punto di vista fisico, in quanto il congelamento avviene nella sostanza ausiliaria che circonda l’alimento, mentre l’acqua contenuta negli alimenti pressurizzati rimane allo stato liquido. Secondo gli esperti, dunque, sarebbe più corretto parlare di “sottoraffreddamento isocoro pressurizzato”.
Danni ai cibi e criticità nella logistica
I presunti benefici di maggiore conservabilità devono essere verificati, in quanto a oggi mancano dati robusti e replicabili. Per i cibi delicati e altamente porosi, inoltre, i danni dovuti alle pressioni elevate potrebbero non essere meno gravi di quelli causati dalla cristallizzazione.
Sul piano della logistica, il raggiungimento e il mantenimento delle alte pressioni necessarie lungo la catena del freddo, lo stoccaggio e la distribuzione comporterebbe l’uso di contenitori ingombranti e spessi, che aumenterebbero notevolmente l’impiego di energia, materiali e manodopera per la produzione, la refrigerazione, lo stoccaggio, il trasporto e la movimentazione. Da non sottovalutare, peraltro, i possibili rischi dovuti a strumenti pressurizzati. Inoltre, questi oggetti e i liquidi ausiliari dovrebbero essere raccolti, riutilizzati e riciclati, aspetto che comporta operazioni e sforzi aggiuntivi. Tutte queste circostanze, se adeguatamente considerate, renderebbero il congelamento isocoro più dispendioso in termini di risorse rispetto al tradizionale congelamento isobarico.
Tempi di lavorazione ed efficienza energetica: meglio con gli alimenti liquidi
Un sistema isocoro, costituito da un contenitore rigido, una soluzione congelabile pressurizzata e un alimento, impiega più tempo a raffreddarsi rispetto alla stessa quantità di alimento sottoposto a congelamento convenzionale. Secondo i ricercatori, la produttività del processo è quindi limitata, mentre gli effetti del prolungamento dei tempi di lavorazione sulla qualità del prodotto finale dovrebbero essere presi in considerazione attentamente.
Il risparmio energetico fino al 70% rispetto al congelamento isobarico classico resta un’affermazione da dimostrare e i confronti energetici possono essere oggettivi solo in condizioni realistiche in base alle unità di prodotto, senza attribuire arbitrariamente alcun immaginario spreco di energia al congelamento classico. Sebbene non siano stati finora pubblicati dati sui consumi per una configurazione industriale praticabile, le valutazioni energetiche delle prove sperimentali non riportano risultati favorevoli sulle prestazioni del congelamento isocoro.
In termini di efficienza, l’impiego energetico deve essere determinato in base alle unità di prodotto finale vendibile. Se potenzialmente le temperature di esercizio sono più alte (-5 °C invece dello standard -18 °C del congelamento tradizionale), secondo i ricercatori è improbabile che tali risparmi ipotetici compensino le inefficienze dovute a costi di lavorazione, confezionamento, trasporto e vendita al dettaglio, dato anche il rischio per la sicurezza delle operazioni ad alta pressione per il personale e i consumatori.
Anche i presunti vantaggi relativi alla sicurezza microbica sono difficili da valutare, mentre la qualità di conservazione a lungo termine potrebbe essere peggiore, proprio a causa dell’assenza di congelamento delle molecole di acqua all’interno dei prodotti.
La sola applicazione del congelamento isocoro nella fase di lavorazione, quindi, è molto più realistica rispetto al suo mantenimento lungo tutta la catena del freddo, dal produttore al consumatore. Prodotti liquidi come succhi e concentrati, ad esempio, sono molto più adatti alla pressurizzazione a bassa temperatura in condizioni isocore. In questo caso il prodotto funge da agente auto-pressurizzante e non necessita di liquido aggiuntivo, riducendo i costi del processo.
I ricercatori, pertanto, sostengono che al momento non ci sono prove convincenti che il metodo suggerito possa competere, in termini pratici, economici e di filiera, con il congelamento alimentare classico. Se da un lato le nuove tecnologie nel settore alimentare sono benvenute, qualsiasi campagna promozionale per l’applicazione su larga scala della conservazione isocora nell’industria della refrigerazione alimentare dovrebbe basarsi su risultati pratici solidi e incontestabili.
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