“Ripartiamo in sicurezza e rispettando le regole, facendo il possibile per prevenire e contrastare la diffusione del Covid-19, ma c’è bisogno di un supporto in più perché il settore della ristorazione sopravviva a questa emergenza.” A parlare è Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet, la sezione ristorazione di Confesercenti, che sottolinea come, da questa fase di difficoltà, sia importante trarre anche spunti di miglioramento. Tra questi, lo sviluppo di canali alternativi che favoriscano le consegne a domicilio senza penalizzare ristoranti, bar e pub. Ma anche misure fiscali ben precise che aiutino gli imprenditori del settore a sostenere i costi del lavoro ed evitare il fallimento. “Le misure inserite nel DL Rilancio” spiega Banchieri, “sembrano far riferimento ancora alla ‘fase 1’, mentre per andare avanti c’è bisogno di un intervento di sostegno più deciso che, a nostro avviso, dovrebbe agire su tre assi: abbattimento del costo del lavoro, riduzione di affitti e tasse, agevolazioni nel campo della moneta elettronica.”
Vediamo nello specifico quali sono per Confesercenti e Fiepet le proposte per la “Fase 2” utili alla ristorazione.
Confesercenti e le proposte per la “Fase 2” della ristorazione
Ristoranti, bar e pub hanno cominciato, a partire dal lunedi 18 maggio, ad alzare le serrande e a svolgere le loro attività “normalmente”, seguendo le linee guida concordate dal Governo con le Regioni. Un metro è la distanza minima prevista tra i tavoli, così come l’igienizzazione degli spazi e delle relazioni diventeranno la norma. Come evidenziato anche dalla Rete della ristorazione italiana, Banchieri spiega che “siamo soddisfatti del lavoro svolto anche da noi insieme ad altre associazioni di categoria che hanno portato le Regioni, a partire dall’Emilia-Romagna, ad accogliere le nostre istanze e modificare le prime linee guida elaborate dall’Inail che erano, per noi, inapplicabili. Chiariamo: restano regole severe che riducono la capienza dei locali e tutelano gli avventori. Rendono più costoso il nostro lavoro, ma in questo modo possiamo provare a ripartire.”
Una misura utile che, però, non riguarda tutte le realtà del settore che, ribadisce Banchieri, avrebbero bisogno di un ulteriore supporto da parte dello Stato. Fiepet richiede, infatti, che siano previsti degli sgravi fiscali per i ristoratori che non vadano né a licenziare né a ridurre lo stipendio del personale. “Immaginiamo che la parte contributiva possa essere versata dallo Stato. Perché non possiamo pensare di offrire un servizio di qualità tagliando sui dipendenti e in una condizione in cui i ricavi caleranno. Devono diminuire i costi fissi.” La stessa logica viene applicata anche ad affitti e alla tassa sui rifiuti che pesano per migliaia di euro sul bilancio mensile dell’impresa: “se la capienza del mio locale è ridotta di un terzo” specifica Banchieri, “trovo logico che anche l’importo che vado a pagare sia ridimensionato di conseguenza.”
Infine, per poter traghettare l’intero comparto della ristorazione attraverso la Fase 2, Fiepet-Confesercenti evidenzia i costi della valuta elettronica. “Sappiamo che per ragioni anche di sicurezza sanitaria è importante privilegiare i pagamenti digitali e la moneta elettronica, ma ciò non deve pesare ulteriormente sulle spalle degli imprenditori del settore.”
Dehors? Una buona soluzione ma non per tutti
L’importanza del sostegno fiscale e tributario ai ristoratori è ribadita anche da Luciano Sbraga, vicedirettore di Fipe, che ricorda “sul tema dei tributi locali, il canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (Cosap) è stato cancellato fino a ottobre.” Ma secondo Fiepet ciò che è previsto non è ancora sufficiente per contrastare la stima che vede un calo dell’attività pari a circa il 30%, mitigato parzialmente dagli sforzi degli enti locali in tutta Italia che stanno facilitando l’accesso ai dehors.
Diversi Comuni, appunto, si stanno attrezzando per pedonalizzare alcune aree e promuovere altre misure a sostegno degli esercenti: “siamo sicuri che questo sforzo aiuterà psicologicamente il cliente – che, all’aria aperta, si sente più sicuro – e i ristoratori a recuperare parte dello spazio che viene perso all’interno del locale. Ma non tutti hanno questa possibilità e ci saranno alcune realtà che non potranno beneficiarne.”
Un nuovo Delivery, gestito e valorizzato dai ristoratori stessi
Questi mesi hanno portato molte realtà, anche più piccole e fuori dalle grandi città, a sperimentare servizi di consegne a domicilio e take away. Una scelta che rappresentava già un interessante trend della ristorazione, ma che è stato accelerato e diffuso sui territori dal lockdown. Il presidente di Fiepet, però, non immagina che il delivery continui ad esistere attraverso le modalità con cui si è diffuso in questi anni: “il sistema delle piattaforme è da scardinare e trovo che questo sia il momento giusto per farlo.”
Tra le ragioni, ci spiega, l’entità delle commissioni previste dai servizi di delivery che raggiungono anche il 30% del costo pagato all’utente, ma anche le condizioni di lavoro per driver e fattorini. “Ritengo che sia un’occasione per mettere in discussione questa modalità e, perché non venga mancata, ci vuole un governo intelligente sia dall’alto che dal basso.” A questo proposito, Banchieri continua: “se, per esempio, si agisce sulla riduzione dei costi del lavoro, diventa più semplice per il ristoratore organizzarsi per effettuare le consegne in proprio con i dipendenti, oppure costruire delle piattaforme locali o cittadine che permettano, in ultima istanza, anche di avere un impatto positivo sul territorio a livello fiscale.”
Lo sforzo che il presidente di Fiepet richiede anche ai ristoratori è di immaginare un sistema di consegne a domicilio che metta al centro l’attività e il servizio offerto al cliente, e non la piattaforma. “È un salto tecnologico che abbiamo ora l’opportunità di fare senza sfruttare le persone né erodere margini di profitto. Credo che sia il momento giusto, ma dobbiamo lavorarci tutti insieme per attivare meccanismi nuovi e virtuosi.”
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La sfida è, dunque, quella di superare l’emergenza con lungimiranza nella consapevolezza che il Covid-19 è una tragedia umana ed economica che potrebbe colpire – e in parte lo sta già facendo – un settore, come quello della ristorazione, che ha un importante valore anche simbolico. “Ricordiamo che, in Italia, contiamo 300.000 imprese che occupano oltre 1 milione di lavoratori, oltre a quelli delle intere filiere produttive che forniscono la ristorazione” conclude Banchieri. “Non ascoltare le nostre istanze – sottovalutando il mix tra aiuti, riduzione dei costi fissi e allargamento degli spazi – rischia di avere conseguenze molto gravi sul settore e andrà a penalizzare non soltanto le singole attività, ma l’immagine stessa dell’Italia che rappresentiamo nel mondo.”