Il biologico è un settore che negli ultimi anni è cresciuto molto e che sta riscontrando sempre più interesse tra i consumatori. Come emerso nel corso dell’evento “Aspettando RivoluzioneBio” a luglio 2021, promosso da SANA BolognaFiere e curato da NOMISMA, l’Italia è il secondo esportatore a livello mondiale di prodotti biologici e il primo in Europa per numero di aziende bio. Inoltre, anche durante i mesi di pieno lookdown, le vendite di biologico nella grande distribuzione sono aumentate del 19,6%, nei discount del 23,7% e nei negozi specializzati del 28,8%.
Ma cosa significa esattamente “biologico”? Gli alimenti, per essere definiti, etichettati e pubblicizzati con questa denominazione, devono essere ottenuti e contenere almeno il 95% degli ingredienti provenienti da aziende che operano seguendo il “metodo biologico”, cioè utilizzando tecniche di allevamento o agricoltura che sono definite dal sistema di controllo europeo e rispettano determinati requisiti. Per riassumere velocemente, potremmo dire che produrre alimenti biologici significa operare nel rispetto dell’ambiente e dell’uomo, senza l’uso di fertilizzanti chimici, di ormoni e antibiotici, salvaguardando anche il benessere animale.
Questa prima descrizione è tuttavia riduttiva e, dato che sull’argomento le fake news non mancano, oggi proviamo a fare chiarezza, spiegando come aprire un’azienda agricola biologica e diventare agricoltori biologici, qual è l’iter per ottenere la certificazione apposita e come passare da agricoltura “convenzionale” a bio.
Diventare agricoltori biologici, dal rispetto dei regolamenti cogenti alla certificazione bio
Per chi ottiene la certificazione bio, l’UE dal 2007 ha reso obbligatorio l’uso del marchio comune del biologico – una bandiera verde con una foglia stilizzata con le stelle europee – per tutti i prodotti confezionati, realizzati nel territorio della Comunità Europea, che contengono almeno il 95% di ingredienti BIO. Vicino al marchio, inoltre, deve essere riportato il codice dell’organismo di controllo e l’origine (Italia/UE/non UE) degli ingredienti che costituiscono il prodotto.
Le aziende del settore alimentare sono infatti sottoposte a controlli da parte di un ente terzo, detto anche ente di certificazione, un organismo di controllo autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (Mipaaf) che attesta il rispetto da parte dell’azienda stessa delle specifiche contenute nelle norme di riferimento. Esistono 19 enti di certificazione per il biologico in Italia, più due per la sola provincia di Bolzano, composti da professionisti, che svolgono la loro attività di certificatori nei diversi comparti produttivi in base alle loro conoscenze. Chi opera nel settore del bio, quindi, a partire dalla produzione agricola fino alla commercializzazione del prodotto finito, è quindi soggetto al controllo da parte di tali enti certificatori. Inizialmente, il controllo era previsto solo per i produttori agricoli, zootecnici e preparazioni alimentari, poi è stato esteso prima alla vendita al dettaglio di prodotti sfusi e preincartati (es. reparto ortofrutta, gastronomia, pane e prodotti da forno, ecc.) e infine anche all’attività di magazzinaggio e distribuzione all’ingrosso.
Il quadro normativo del biologico
Ma prima di arrivare a parlare certificazioni, la Comunità Europea ha creato un quadro normativo, che definisce nei particolari le condizioni da rispettare affinché un prodotto agricolo, di allevamento o una derrata alimentare possano apporre un riferimento al metodo di produzione biologica.
I regolamenti del settore in questione sono:
- il Reg CE 834/07 è il testo base; l’obiettivo è quello di incentivare gli agricoltori e allevatori a non usare prodotti chimici di sintesi nel corso delle attività di coltivazione, allevamento e trasformazione;
- il Reg CE 889/08, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e controlli.
I regolamenti esposti sopra sono obbligatori e ve ne sono in arrivo degli altri che vanno ad armonizzare il quadro normativo. Dal rispetto delle norme l’azienda può poi decidere di iniziare il percorso di certificazione al biologico, ma vediamo di cosa si tratta.
Come aprire un’azienda agricola biologica: i requisiti per ottenere la certificazione
Affinché un’azienda agricola possa definirsi biologica, deve rispettare determinati requisiti imprescindibili:
- non devono essere utilizzati sostanze chimiche di sintesi per la coltivazione dei prodotti vegetali;
- non devono essere impiegati mangimi o medicinali veterinari che non siano riportati e ammessi nel Reg 834/04;
- sia nella coltivazione che nell’allevamento, sono vietati gli OGM.
L’iter di certificazione: cosa deve fare un’azienda o un produttore?
Ma non bastano solo questi requisiti per far sì che un’azienda sia certificata come biologica. Come abbiamo anticipato, il rilascio di tale certificazione viene fatto solo al termine di un attento controllo da parte di un ente terzo indipendente. Quando si decide di intraprendere l’iter di certificazione, l’azienda deve:
- comunicare la propria attività all’organismo di controllo (OdC), tra quelli autorizzati dal Mipaaf, specifica anche le unità produttive e le filiere di attività sottoposte al controllo. Le aziende di preparazione dichiarano gli stabilimenti dove avviene la produzione con metodo biologico, inclusi eventuali terzisti non direttamente assoggettati al sistema di controllo. L’azienda deve presentare anche il Programma Annuale delle Produzioni (PAP) dove riporta informazioni previsionali sulle produzioni biologiche che intende effettuare;
- comunicare il proprio programma di produzione e trasformazione;
- rispettare la normativa vigente in materia;
- predisporre tutta la documentazione necessaria che comprovi il rispetto della normativa sul biologico;
- attendere il periodo di conversione, che inizia dal momento in cui l’azienda inizia a seguire i requisiti di lavorazione in biologico e dura 2-3 anni, tempo necessario affinché i terreni e gli allevamenti siano decontaminati da qualsiasi sostanza chimica. Chi opera, ad esempio, su un terreno incolto o già coltivato come biologico, può però tramite opportuni passaggi burocratici chiedere di accorciare il periodo di conversione;
- dare il libero accesso all’OdC a tutte le fasi di produzione e trasformazione ai fini dell’ispezione.
La valutazione dell’ente certificatore
A questo punto, nell’ultima fase, entra in gioco l’ente di certificazione che attraverso l’avvio dell’audit, cioè tramite specifici controlli, andrà a ritenere conforme o meno l’azienda per l’ottenimento della certificazione biologica, che potrà essere mantenuta nel corso degli anni con delle periodiche verifiche di sorveglianza da parte dell’ente stesso. Nello specifico, l’ente di certificazione procederà seguendo i questi step, dopo aver ricevuto la richiesta da parte dell’azienda.
- Valutazione preliminare: si esegue una valutazione documentale del piano di gestione inviato dall’azienda al fine di descrivere tutte le misure che intende adottare per il rispetto dei requisiti del biologico, l’elenco dei fornitori delle materie prime biologiche e le ricette di preparazione di tutti i prodotti per i quali è richiesta la certificazione;
- Verifica ispettiva: serve ad accertare la corretta applicazione e l’efficacia delle misure dichiarate del piano di gestione e altri documenti correlati. Si valuta inoltre l’idoneità delle strutture e la corretta gestione dei processi di produzione aziendale in relazione ai requisiti richiesti dalla normativa europea per i diversi settori di attività;
- Emissione del certificato di conformità: in seguito alle informazioni e ai dati raccolti nell’ambito del processo di valutazione e verifica, si emette il Certificato di conformità che riporta l’elenco dei prodotti certificati e la loro classificazione in base al metodo di produzione “biologico” o “in conversione”;
- Sorveglianza: audit che servono a confermare il mantenimento delle condizioni di conformità e la puntuale e corretta tenuta delle registrazioni obbligatorie richieste ai fini del controllo.
Un processo quindi articolato, che non finisce quando la certificazione viene ottenuta: i requisiti per definirsi azienda “bio” devono essere infatti mantenuti nel corso degli anni. Come accennavamo già prima, tutto questo serve anche ad accrescere la fiducia da parte del consumatore, che sceglie sempre di più cibi buoni, sani e prodotti nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente.
Voi lettori consumate alimenti biologici?