Nella prima parte dell’approfondimento sui Colori del Cibo abbiamo esaminato alcuni casi in cui la natura usa i colori come avvertimento: per esempio i frutti verdi sono in genere acerbi e quindi aspri e cattivi da mangiare, mentre quelli rossi o gialli o viola sono maturi e zuccherini e quindi buoni. Nello stesso modo la carne deve essere rosso vivo se fresca mentre appare di colore diverso quando è ormai vecchia.
L’uomo, che discende dalle scimmie e quindi da animali che mangiano prevalentemente frutta e semi di frutta, ha una innata capacità visiva di cogliere i colori proprio per poter scegliere il cibo migliore e più nutriente. E, tralasciando i nostri antenati, anche noi uomini moderni, quando siamo al mercato e scegliamo la frutta sui banchi operiamo scelte su criteri analoghi. Il colore appare dunque ancora un ottimo indicatore di qualità.
Le definizioni legali
Le normative non considerano coloranti i prodotti alimentari essiccati o concentrati e gli aromi che sono coloranti solo come effetto secondario (per esempio lo zafferano, la paprica, eccetera). Neanche i pigmenti utilizzati per colorare le parti esterne che non si mangiano degli alimenti sono, a rigore, considerati dei coloranti alimentari (per esempio alcune sostanze con cui si ricoprono alcuni formaggi o insaccati). Le tabelle che seguono offrono ottimi esempi.
Perché si colorano gli alimenti?
Per descrivere i vari motivi per cui si colorano i vari alimenti, si può fare riferimento all’ente americano Food and Board (FNB), che ha stilato una serie di motivazioni che possiamo ritenere abbastanza completa. Ecco, secondo l’FNB, i motivi per cui si colora un alimento:
- per ridare il colore originario nel caso esso sia stato distrutto o alterato da trattamenti tecnologici o di conservazione;
- per assicurare uniformità di colore, correggendo eventuali variazioni di intensità naturale del colore che possano far pensare a conservazione errata e quindi a cattiva qualità;
- per intensificare il colore naturale quando esiste un’associazione psicologica fra quel colore e l’alimento;
- per proteggere, durante la conservazione, dai raggi del sole, in particolare dagli ultravioletti, aroma e vitamine fotosensibili che, altrimenti, andrebbero perse e degradate;
- per conferire un aspetto invitante ad alimenti che altrimenti ne avrebbero uno poco appetibile;
- per aiutare il riconoscimento dell’alimento e facilitarne l’identità;
- per fornire un’indicazione visiva della qualità dell’alimento.
Mentre alcune di queste motivazioni appaiono abbastanza fondate e rassicuranti, ad altre è francamente difficile attribuire un senso che non sia squisitamente commerciale. In alcuni casi, infine, non paiono esserci dubbi che la colorazione serva a far sembrare buono e di qualità un alimento che di per sé sarebbe alquanto scadente.
I vari tipi di coloranti
I coloranti di origine naturale sono in genere più costosi e meno stabili di quelli di sintesi. Già queste sarebbero due buone ragioni, dal punto di vista economico, per farli preferire a quelli naturali. Tuttavia, a volte, esistono, a livello scientifico, seri dubbi sulla loro innocuità, soprattutto se impiegati in dosi massicce. Riteniamo pertanto che, potendo scegliere, sia preferibile utilizzare alimenti nei quali non siano impiegati coloranti di origine sintetica. Come vedremo, la legge ci dà una mano.
Si possono usare i coloranti per tutti gli alimenti?
Nelle tabelle seguenti, riportiamo le varie classi di alimenti per cui è vietato l’impiego di coloranti, quelli nei quali è consentito l’uso soltanto di alcuni coloranti e infine quelli che possono essere colorati con svariati coloranti.
Ripetiamo che in ogni caso, anche laddove i coloranti sono ammessi, devono avere particolari requisiti di purezza e non eccedere i quantitativi prescritti. Inoltre è obbligatorio che la loro presenza sia riportata in etichetta in maniera chiara, ben visibile e in italiano.
Classi di alimenti che NON possono essere addizionati di coloranti
- Aceto di vino
- Acque minerali
- Alcuni tipi di acquavite
- Alcuni tipi di bevande alcoliche
- Alimenti per lattanti e per bambini
- Caffè
- Carni
- Cioccolato
- Confetture extra
- Conserve di pomodoro
- Crostacei
- Farine
- Formaggi non inclusi nelle altre tabelle
- Frutta in scatola
- Gelatine extra
- Latte
- Malto
- Miele
- Molluschi
- Oli
- Pane
- Panna
- Pasta
- Pesci
- Pollame
- Prodotti non lavorati
- Sale
- Selvaggina
- Spezie
- Succhi di frutta
- Tè
- Uova
- Vegetali in scatola
- Yogurt
- Zucchero
Classi di alimenti a cui è consentito addizionare solo alcuni coloranti
- Aceti
- Alcuni formaggi
- Bevande a base di vino aromatizzato
- Birra
- Bitter
- Burro
- Cereali estrusi
- Cereali soffiati
- Confetture
- Gelatine
- Insaccati
- Margarina
- Marmellate
- Ortaggi in salamoia
- Ortaggi sottaceto
- Ortaggi sottolio
- Paté
- Salsicce
- Vini liquorosi
- Whisky e alcune acquaviti
Classi di alimenti cui è consentito addizionare svariati coloranti
- Alcune bevande alcoliche
- Alcuni vini aromatizzati
- Bevande analcoliche
- Crostacei precotti
- Dessert
- Formaggi aromatizzati
- Formaggi fusi
- Frutta e ortaggi canditi
- Gelati
- Integratori dietetici
- Paste di pesce e crostacei
- Pasticcini
- Pesce affumicato
- Prodotti a base di latte aromatizzati
- Prodotti di confetteria
- Prodotti dietetici sostitutivi del pasto
- Salse
- Stuzzichini a base di farinacei
- Succedanei del salmone
- Surimi
- Surrogati vegetali di carne e pesce
- Uova di pesce
- Vini di frutta
(nota: le tre tabelle sono indicative e incomplete. Per gli elenchi completi si rimanda agli allegati del Decreto Ministero Sanità n° 209 del 1996 e successive modifiche)
I coloranti ammessi.
Possiamo distinguere i vari coloranti ammessi dalla legge in varie tipologie.
Per esempio quelli naturali, ovvero ricavati da sostanze naturalmente presenti in natura. Fra questi possiamo ulteriormente distinguere in coloranti naturali organici, che possono essere impiegati in superficie e nella massa dell’alimento, e in coloranti naturali inorganici, che possono essere impiegati soltanto sulla superficie degli alimenti.
Per colorante naturale si intende, tecnicamente, un colorante che ha una formula chimica identica a quella del prodotto naturale.
Fra i coloranti naturali organici ammessi dalle normative di legge, possiamo elencare:
nome del colorante | colore | sigla |
curcumina | giallo | E100 |
riboflavina | giallo | E101 |
cocciniglia | rosso | E120 |
clorofille | verde | E140 |
complessi rameici delle clorofille, e clorofilliane | verde | E141 |
carbone vegetale | nero | E153 |
carotenoidi | varie sfumature di arancione | E160 |
xantofille | varie sfumature di giallo | E161 |
rosso di barbabietola | varie sfumature di di rosso | E162 |
antociani | varie sfumature di rosso-viola-azzurro | E163 |
Fra i coloranti inorganici ammessi che, tuttavia, possono essere utilizzati solo sulla superficie degli alimenti e non nella massa degli stessi, abbiamo:
nome del colorante | colore | sigla |
carbonato di calcio | bianco | E170 |
biossido di titanio | bianco | E171 |
ossidi e idrossidi di ferro | rosso | E172 |
alluminio | metallico | E173 |
argento | metallico | E174 |
oro | metallico | E175 |
litolrubina | rosso | E180 |
Infine fra i coloranti sintetici ammessi, abbiamo:
nome del colorante | colore | sigla |
tartrazina | giallo | E102 |
giallo di chinolina | giallo | E104 |
giallo arancio S (o giallo tramonto FCF) | giallo | E110 |
azorubina | rosso | E122 |
amaranto | rosso | E123 |
rosso cocciniglia | rosso | E124 |
eritrosina | rosso | E127 |
rosso 2G | rosso | E128 |
rosso allura AC | rosso | E129 |
blu patent V | blu | E131 |
indicotina | blu | E132 |
blu brillante FCF | blu | E133 |
verde S | verde | E142 |
caramello | bruno | E150 |
nero brillante BN | nero | E151 |
bruno FK | bruno | E154 |
bruno HT | bruno | E155 |
Purtroppo non è così: le norme di legge intendono infatti per caramello “sostanze di colore bruno non meglio specificate e destinate alla colorazione”.
In questo caso l’osservanza letterale della legge permette, in un certo senso, di aggirarla nello spirito. I legislatori dovrebbero manifestare maggiore attenzione agli interessi dei consumatori e soprattutto maggiore chiarezza di esposizione. In questo modo, invece, si alimentano equivoci e, probabilmente, si rispettano più gli interessi economici dell’industria alimentare che il diritto a una informazione chiara e corretta dei consumatori. Qualcosa sta cambiando ma, ci sembra, non per il caramello…
Motivo di più per perdere un po’ di tempo a studiare queste cose! Questo, infatti, è un caso in cui la merceologia, ovvero la scienza delle merci, può risultare davvero preziosa per un consumo intelligente e davvero consapevole.
Fra gli alimenti in cui in etichetta è riportata la dizione “colorato con caramello” e nei quali non è stato aggiunto il caramello fatto caramellizzando lo zucchero ma coloranti sintetici di non meglio definita natura, ci sono, ahimè, molti tè freddi.
Per conservare il tè in un sistema di distribuzione e conservazione che non contempla, al di là del nome, il ricorso alla catena del freddo, si usano infatti sostanze acide di per sé innocue, come l’acido citrico, contenuto per esempio nel succo di limone, o l’acido ascorbico, che è la comune vitamina C. Queste sostanze, purtroppo, schiariscono eccessivamente il tè e allora le aziende produttrici, per ridare al tè il suo colore “giusto” o, meglio, quello “atteso” dai consumatori, aggiungono a volte questi coloranti non meglio specificati.
Le etichette sono messe per essere lette e in genere danno molte informazioni. Il problema è quello di saperle leggere.
Il mistero si fa ancora più fitto in quanto la legge vieta l’uso di coloranti per le uova (vedi la nostra prima tabella). E allora?
La spiegazione sta nel fatto che i consumatori hanno iniziato ad associare il colore bianco delle uova a un’alimentazione povera delle galline e al colore rosso del tuorlo un maggiore contenuto nutritivo. In fondo si dice “il rosso dell’uovo” e non “il giallo”! Scemenze infondate, ma potenti molle per la scelta e l’acquisto.
E siccome la legge vieta la colorazione diretta delle uova, le industrie si sono… industriate a modificare l’alimentazione delle galline ovaiole, utilizzando sostanze (ammesse dalle leggi e in genere non pericolose, ma qui il discorso si allargherebbe alle normative sui mangimi animali) che danno a gusci e tuorli i loro colori preferiti.
Di Gianluigi Storto