Giornale del cibo

Nuovo codice degli appalti: il massimo ribasso non esce di scena

Abbiamo combattuto una lunga battaglia contro l’affidamento delle gare pubbliche – di refezione scolastica e di ristorazione sociosanitaria – con il criterio del massimo ribasso. Abbiamo organizzato convegni, spiegato ragioni, implorato buon senso: in un settore così delicato non si può rischiare una competizione basata solo sul prezzo, e che non tenga conto della qualità e affidabilità della proposta alimentare; non si può rischiare che gli appalti siano facili prede di aziende spregiudicate in grado di praticare prezzi bassissimi solo perché lavorano ai bordi della legalità, o nella piena illegalità, per esempio riciclando denaro criminale; non si può lasciare che la scelta di un fornitore così importante e fiduciario per una amministrazione pubblica sia lasciato al caso dell’asta, del centesimo in più o in meno.

gare pubbliche mense

E quando abbiamo letto il nuovo Codice degli appalti, entrato in vigore il 18 Aprile 2016, abbiamo pensato di aver vinto questa battaglia di civiltà. L’articolo 95 infatti regolamenta gli appalti di ristorazione e dice chiaramente che ”Sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità – prezzo”; e al comma 7 indica addirittura che il prezzo potrebbe essere fisso, così che gli operatori economici “competeranno solo in base a criteri qualitativi.”

Tutto bene quindi? No. Il massimo ribasso è un Fregoli, un campione del travestimento, uno che ama far scherzi: uno che sparisce ma poi riappare repentino, trasformato. Non sembra lui ma sotto il costume c’è sempre la sua animaccia. E la sua pernacchia chiude lo spettacolo.

Interpretazioni e prassi consolidate stanno infatti depotenziando l’articolo 95. Lo stiamo vedendo in molte situazioni: gare che continuano a essere affidate a chi fa sconti eccessivi e insostenibili, bandi irrispettosi dello spirito del nuovo codice degli appalti.

Come succede? Per esempio basta che i parametri per valutare l’offerta qualitativa siano quantitativi, e magari anche un po’ stupidi. Oppure che la parte di punteggio complessivo riservata alla componente prezzo sia preponderante: magari non lo è formalmente ma di fatto, con l’applicazione di determinate formule lineari sulla percentuale di ribasso, lo diventano.

Si tratta di dettagli tecnici nei quali è complicato ora addentrarsi ma che, se qualche lettore è interessato a conoscere, potremo approfondire.

Ma perché c’è questa resistenza ad applicare un vero e rigoroso criterio di qualità? Per favorire un mercato torbido? Per ignoranza?

Se pensavamo che la battaglia vinta ci consentisse un giusto riposo ci siamo sbagliati. Bisogna continuare a spiegare ragioni, organizzare convegni, implorare buon senso. Vorremmo poterci dedicare solo a far bene da mangiare, e a prezzi sempre più contenuti: dovremo invece continuare a lottare per un ambiente economico e giuridico adatto alle aziende per bene, e per una società orgogliosa di avere servizi sociali di qualità e accessibili a tutti.

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