Fra tutti i cluster tematici di Expo, quello del Bio-Mediterraneo ci interessa molto da vicino. Su questo mare bello e tormentato, triste e impotente testimone delle recenti, impietose trasmigrazioni di esseri umani, si affacciano paesi diversissimi tra loro per storia, cultura, tradizioni, etnia. Microcosmo di biodiversità, scrigno di tesori del regno animale e vegetale, teatro di vicende umane perse nella notte dei tempi, che hanno consegnato le sue acque e le sue coste al mito, il Mediterraneo si presenterà ai visitatori di Expo in tutta la sua magnificenza e carica simbolica per ricordarci il suo passato, farci riflettere sul suo contrastato presente, permetterci di immaginare e credere in un futuro di ritrovata pace e tolleranza.
Mai come in questo caso il cibo diventa protagonista di una civiltà che ritrova nei prodotti della terra e del mare una comune identità. La dieta mediterranea mette al primo posto agricoltura, pesca, bontà e purezza delle materie prime, biodiversità e natura, paesaggio e tradizione, offrendo un esempio di alimentazione sana, ricca e diversificata.
Egitto, Albania, Tunisia, Algeria, Grecia, Libano, Malta, Montenegro, Serbia e anche la piccola San Marino si presenteranno a Milano nei sei mesi dell’Esposizione raccontando le proprie tradizioni culinarie, condividendo ricette e curiosità alimentari, facendoci assaporare prodotti che esprimono in sé la forza della terra, del mare e del sole: olii, vini, pane, cereali, frutta, vegetali e ortaggi freschi, prodotti caseari e dolci tipici.
La Regione Sicilia si occuperà della gestione dell’area ristorazione, dell’area eventi e del mercato dei prodotti, mentre il concept degli spazi e del racconto è stato affidato alla Seconda Università degli Studi di Napoli, sotto la guida di Cherubino Gambardella, architetto e professore ordinario di progettazione architettonica, che ci racconta come è nato il progetto:
Cherubino Gambardella: Ci siamo occupati innanzitutto di disegnare una piazza coperta di circa 7000 mq al centro del cluster. Lo spazio, che racchiude in sé una serie di elementi – volte, coperture, minareti, cuspidi, guglie -, ricrea in sintesi il paesaggio idealizzato del Mediterraneo e sarà il cuore pulsante dell’intero progetto. Qui sarà allestita la mostra principale, che raccoglierà un collage di disegni accanto a dei testi dello scrittore Giacomo Papi e a una serie di fotografie di Ferdinando Scianna, tutte opere ispirate naturalmente al tema del Mediterraneo, ma non solo dal punto di vista del cibo: ci saranno curiosità, argomenti e questioni che avranno soprattutto la finalità di accogliere e intrattenere un pubblico vasto, eterogeneo e anche, molto probabilmente, affaticato. Al cluster il visitatore troverà un luogo ombreggiato dove fermarsi, rallentare, guardare e lasciarsi trasportare dalle suggestioni del nostro racconto; un luogo segnato da una sua sorta di magia e di capacità di destare curiosità. Un luogo in cui naturalmente il cibo è il grande protagonista, ma non l’unico attore: parlare di Mediterraneo significa parlare di molte cose e noi abbiamo cercato di lasciare spazio all’immaginazione attraverso una mostra non squisitamente didattica o descrittiva, ma aperta e stimolante.
- Come sono stati concepiti gli spazi dei singoli paesi partecipanti? Come saranno valorizzate e definite le loro identità nazionali?
C.G.: Intorno alla piazza, un mare di pietra blu, sorge un insediamento di dodici padiglioni. Chi arriva dal Decumano coperto o da Palazzo Italia, che si trova proprio di fronte al cluster oltre il Lake Arena (la disposizione crea una specie di dialogo fra le due strutture), vedrà dominare il colore bianco, tipico di molti villaggi mediterranei. Entrando nella piazza, invece, la sensazione sarà quella di trovarsi in una Procida multicolore. Ogni Paese affacciato su questo mare simbolico sarà contrassegnato da un colore; la varietà cromatica, più che l’elemento architettonico, avrà il compito di differenziare le diverse nazioni.
- In qualità di architetto ha immaginato una destinazione d’uso delle strutture del cluster all’indomani di Expo?
C.G.:Sicuramente di questo insediamento potrà rimanere traccia se Milano saprà reimpiegarlo, riutilizzarlo, farlo rivivere. I padiglioni nazionali sono in legno, hanno una durata limitata, ma la copertura della piazza è completamente in acciaio. La grande piazza potrebbe rimanere dov’è e intorno si potrebbero costruire in seguito delle strutture definitive, che diventerebbero parte del paesaggio urbano permanente della città. Credo che sarebbe un inutile spreco buttar via tutto ciò che è stato fatto in questi spazi; soprattutto le strutture più resistenti andrebbero rifunzionalizzate per un uso stabile. Non c’è già un progetto specifico in questo senso: come ben può immaginare ora l’attenzione è rivolta all’avanzamento dei lavori in vista dell’inaugurazione. Credo che in seguito, come spesso accade, ci sarà un momento di stand-by e di dibattito. Da italiano e da architetto non posso che augurarmi che il patrimonio edificato in occasione di Expo non venga demolito, ma reimpiegato con intelligenza.