Spreco alimentare e cultura del riciclo, valorizzazione del cibo e modelli di economia circolare sono stati alcuni dei temi discussi sabato 6 ottobre durante l’incontro “Lo spreco: tra povertà culturali e povertà alimentari”, organizzato da CIRFOOD all’interno di Internazionale 2018, il festival che come ogni anno si è tenuto a Ferrara. In collaborazione con ECOWASTE4FOOD e la media partnership de Il Giornale del Cibo, il dibattito è stato l’occasione per affrontare il problema dello spreco alimentare sotto vari punti di vista, provando a rispondere a interrogativi pressanti che non riguardano solo il cibo, ma hanno una portata più ampia.
Per questo, per la prima volta, è stato coinvolto il pubblico, attraverso lo stand di Piazza Trento e Trieste, dove, già da venerdì 5 ottobre, CIRFOOD ha invitato i visitatori di Internazionale a esprimersi, scrivendo le loro considerazioni sul tema e ponendo delle domande alle quali i relatori hanno risposto in occasione dell’incontro di sabato.
Il modello consumistico basato sullo spreco ha rivelato tutte le sue fragilità, dimostrando di non essere più sostenibile a livello globale. Ma quali sono le alternative e quali iniziative, a livello globale o locale, si stanno muovendo per dare risposte nuove al problema? Ce lo hanno raccontato Silvio Barbero, Bianca Dendena, Maria Magdalena Heinrich e Louiza Hamidi, i 4 relatori nel dibattito moderato da Giuliano Gallini, Direttore Marketing Strategico di CIRFOOD.
CIRFOOD a Internazionale 2018: spreco alimentare e riorganizzazione della catena distributiva
Eradicare la fame nel mondo è uno dei sotto obiettivi dell’Agenda 2030, stilata sui 17 obiettivi di sviluppo sostenibile fissati nel 2015 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Sia questo, sia molti altri punti dell’Agenda, sono direttamente sostenuti dalla Fao, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile che unisca dimensione ecologica, economica e sociale, come ha spiegato Maria Magdalena Heinrich, responsabile del programma della Fao per i sistemi alimentari inclusivi ed efficienti. Uno dei passaggi chiave è la riduzione entro il 2030 delle perdite di cibo, “ovvero ciò che viene prodotto per il consumo umano ma non consumato dall’uomo, e dello spreco alimentare locale, cioè il cibo che viene lasciato andare a male a causa di decisioni prese dai vari attori coinvolti nella catena. Si tratta, infatti, – ha sottolineato la Heinrich – di un problema che riguarda l’intera catena produttiva e distributiva”.
300 kg di cibo a persona sprecati ogni anno
Si stima che un terzo degli alimenti prodotti per il consumo umano diventa perdita di cibo o spreco, e la percentuale cambia a seconda dei Paesi: in quelli a medio e alto reddito ci sono maggiori perdite a livello di distribuzione e consumo, in quelli a basso reddito, invece, a livello della produzione e della post raccolta. “Le perdite di cibo pro capite, in Europa e Nord America, raggiungono i 300 kg a persona all’anno. Non si tratta soltanto di aliment, – sottolinea la referente FAO – perché sprecare cibo vuol dire sprecare le risorse necessarie a produrlo: stiamo gettando via 1.4 miliardi di ettari di terreno agricolo, producendo un’impronta idrica di circa il 20% del consumo mondiale di acqua dolce e circa l’8% delle emissioni globali. Solo considerando quest’ultimo dato, se perdita e spreco fossero un Paese, si tratterebbe del terzo per emissioni di CO2”.
Interventi mirati sulle diverse fasi del processo
Circa 870 milioni di persone non hanno da mangiare, eppure abbiamo cibo a sufficienza per tutti, perché con un quarto di quello sprecato annualmente si potrebbe eliminare la fame nel mondo. Ripensare il modello attuale, quindi, è sempre più un’urgenza, e per farlo è necessario agire in maniera duplice, intervenendo sulle fasi di post raccolto e stoccaggio, ma anche rendendo economicamente svantaggioso lo spreco. “La Fao ha istituito l’iniziativa Save Food, insieme a una serie di partner, per lavorare su tre punti principali – ha spiegato la Heinrich, – che sono: creare un metodologia di valutazione per i livelli dello spreco e delle sue cause, creare politiche e strategie per degli interventi efficaci e aumentare la consapevolezza nel consumatore. Lavoriamo molto per favorire l’aggregazione dei piccoli produttori, che sono il 90% degli agricoltori mondiali, per agevolare l’innovazione tecnologica, ad esempio. A livello personale, infine, è fondamentale avere cura delle risorse, creare delle piccole economie circolari, riciclare, ed evitare il più possibile di sprecare Il cibo, facendo la spesa organizzata, e non lasciandosi ingannare dalle etichette”.
Il progetto EcoWaste4Food
Favorire negozi e altre realtà che riciclano e combattono lo spreco è alla base anche del progetto Ecowaste4Food, cui CIRFOOD ha collaborato anche a Internazionale 2018, finanziato dal programma di cooperazione territoriale Interreg Europe, che coinvolge sette stati. L’obiettivo è la riduzione degli sprechi alimentari (la perdita è di oltre il 50% della produzione agricola), dimostrando parallelamente come il cibo “sprecato” sia una risorsa da valorizzare, in grado di dar vita a economie efficienti e sostenibili. Tra gli Stati coinvolti c’è anche l’Italia, con il comune di Ferrara, in cui è attivo The Last Minute Market (LMM), che aiuta i rivenditori con eccedenze alimentari a entrare in contatto con persone che ne hanno bisogno. Attivo ormai da dieci anni nella città estense, LMM coinvolge 5 associazioni e cooperative sociali e funziona su due livelli: per prima cosa, il Comune aiuta rivenditori e associazioni a redigere e firmare un protocollo d’intesa, poi calcola le deduzioni fiscali di cui il rivenditore può beneficiare, a seconda della quantità di cibo donata all’associazione prescelta.
Povertà alimentare: un problema “di casa nostra”
Di interazioni virtuose ed economia circolare si è continuato a parlare anche con Bianca Dendena, Responsabile Area Ricerca Globalizzazione e Sostenibilità della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, a proposito di povertà alimentari, un argomento che abbiamo già affrontato su Il Giornale del Cibo. Introducendo la pubblicazione di “Cibo di Cittadinanza. Dalla Carta di Milano al cibo del futuro”, nata dalla collaborazione tra la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e CIRFOOD, la dottoressa Dendena ha sottolineato che in Europa circa il 10.5% della popolazione soffre di povertà alimentare, ovvero non ha a disposizione un pasto adeguato di natura proteica ogni 2 giorni (proteine animali o vegetali). E il nostro Paese detiene una percentuale ben più alta, arrivando quasi al 14%. “Il fenomeno della povertà alimentare non è legato soltanto all’economia – spiega la Dendena – ma ha molte ripercussioni sulla vita quotidiana. Dal 2007 al 2016, la percentuale in Italia è aumentata del 130%, un dato preoccupante che ha fatto nascere iniziative di innovazione sociale sia dall’alto che dal basso. Le più conosciute sono i banchi alimentari, ma ci sono anche gli empori alimentari, più recenti, in cui le persone accedono anche ad altri tipi di assistenza (percorsi di inserimento lavorativo, ad esempio): in questo modo si cerca di intervenire sulle cause che portano alla negazione del diritto al cibo, facendo fronte in maniera congiunta per costruire le condizioni sociali attraverso cui questo diritto possa essere reintegrato”.
Ripensare il cibo come bene comune
Esistono poi iniziative volte allo sviluppo del rapporto tra produttore e consumatore, per favorire l’integrazione virtuosa che crea relazioni solidali importanti a livello territoriale. Come già sottolineato, infatti, il tema dello spreco riguarda tutte le fasi della produzione, distribuzione e consumo del cibo, e per questo è necessario trovare una soluzione che tocchi tutti gli attori coinvolti, come ha sottolineato anche Louiza Hamidi, attivista inglese e responsabile del progetto CURB – The Real Junk Food Project, che si occupa di recupero e ridistribuzione di cibo sprecato. “Il cibo è il problema, ma il cibo è anche la soluzione – afferma – siamo ossessionati dal cibo, ma non ci relazioniamo ad esso nel modo giusto: non si tratta di una risorsa solo economica, ma a tutto tondo, che deve essere valorizzata; è una connessione, che va al di là delle barriere linguistiche e ci unisce”.
Anche Silvio Barbero, Vicepresidente dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e Segretario Nazionale di Slow Food per l’Italia, è intervenuto al dibattito insistendo sull’aspetto culturale del problema, il primo sul quale possiamo lavorare per combattere lo spreco. “Il cibo deve essere trattato come un bene comune – afferma – e deve essere gestito diversamente da come avviene ora. Infatti, ci rapportiamo al cibo come a una merce con speculazioni fortissime e buttandone via tanto. Cosa vuol dire? Che è percepito come una merce di scarso valore, perché solo quello che ha poco valore si butta via”.
Qualità e moderazione
“Fino a una decina di anni fa – continua Barbero – non si parlava di spreco alimentare. La discussione è partita da un problema etico, ma oggi non si può pensare solo a questo aspetto: è necessario rimettere in discussione i nostri modelli di distribuzione e produzione, modelli agricoli che consumano più risorse di quante ne producano”. L’approccio olistico, quindi, anche secondo Barbero, è l’unico possibile: occorre considerare tutti i fattori che entrano in gioco nel nel processo, perché il sistema sia più equo, ma al contempo sostenibile per il pianeta. Su entrambe le questioni bisogna generare consapevolezza nel consumatore, perché solo in questo modo si può tornare a dare al cibo il valore altissimo che gli spetta. “Le iniziative messe in atto sono importanti, ma hanno spesso un approccio parziale – conclude – Il nostro sistema vive sullo spreco, è necessario invece promuovere la moderazione nei consumi, puntando sulla qualità dei prodotti. Se il cibo è buono, non si spreca”.
Come hanno sottolineato tutti gli interventi del dibattito, povertà alimentari e spreco di cibo potranno essere risolte solo implementando le strategie che già vengono messe in atto e trovandone di nuove che devono affrontare il problema a tutto tondo. Inoltre, è necessario che ognuno di noi compia delle scelte significative a livello personale, ripensando il modo di consumare e di vivere. Voi cosa ne pensate? Conoscete progetti contro lo spreco alimentare? E cosa fate quotidianamente per evitarlo? Raccontatecelo nei commenti.
Photo credit: Francesco Lombardo