“Qualità senza risparmio oppure risparmio senza qualità?” Questo vecchio claim pubblicitario sembra essere rimasto impresso nella mente degli italiani che, anche oggi, quando fanno la spesa tendono a sentirsi costretti a scegliere l’una o l’altra opzione, con la consapevolezza che uno dei fattori che determina la qualità del prodotto è la sostenibilità ambientale, sociale ed economica del sistema di produzione. Non è, fortunatamente, proprio così perché esistono sempre più modalità accessibili per effettuare una spesa sostenibile, perché ancora non riescono a coinvolgere un pubblico più vasto?
Cibo e sostenibilità: quanto è importante per gli italiani?
Secondo alcune ricerche effettuate dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition, ben 1 italiano su due parla ogni giorno di cibo. Sono soprattutto i giovani a essere molto interessati all’argomento, e il trend è confermato anche dalla tendenza a utilizzare quotidianamente i motori di ricerca per informarsi sull’argomento, così come il trasversale successo del food sui social. Sono più di 200 milioni, ad esempio, le foto etichettate con l’hashtag #foodporn su Instagram e sono moltissimi gli account monotematici di food blogger e non soltanto.
Tuttavia, sempre secondo quanto rilevato da Fondazione Barilla, estetica e gusto prevalgono sulle considerazioni a proposito della sostenibilità che stenta, ancora, a far breccia nello stomaco degli italiani. “Mai come in questo momento, invece – commenta Fondazione Barilla, intervenuta al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino lo scorso febbraio – è necessario ripensare il nostro modo di produrre, distribuire e consumare il cibo e incoraggiare i media a raccontarlo al di là del semplice gusto, mettendo in evidenza i paradossi del nostro sistema alimentare e le soluzioni concrete per superarli”.
Ridurre le emissioni di CO2 e l’impronta idrica dei cibi
La sfida, per l’intera filiera, è raccontare in maniera efficace e trasparente il valore aggiunto della sostenibilità che, come emerso anche durante la presentazione del CIRFOOD District a Milano, si declina in più ambiti: sociale, economico, ambientale. In questa stessa direzione è orientato anche Su-Eatable LIFE, progetto finanziato dalla Commissione Europea di cui Fondazione Barilla è partner, che si pone, in tre anni, l’ambizioso obiettivo di risparmiare 5.300 tonnellate di CO2 e 2.000.000 m3 d’acqua, sensibilizzando più di 65.000 persone sull’argomento.
L’obiettivo è sottolineare come una dieta sana e sostenibile faccia bene all’organismo e alla collettività. Un’alimentazione che, invece, è responsabile del 30% circa delle emissioni di gas ad effetto serra, ed è parimenti intensivo in termini di consumo di acqua non può sopravvivere nel medio e lungo periodo.
“Quello che mettiamo nel piatto è fondamentale per contrastare il cambiamento climatico, uno dei problemi più grandi che come umanità ci troviamo oggi ad affrontare. In tavola, tutti i giorni ognuno di noi può fare la sua parte”, ha sottolineato in un’intervista il professor Riccardo Valentini, coordinatore del progetto Su-eatable LIFE.
Carrello etico e responsabile: una questione di comunicazione
Proprio con l’obiettivo di capire quali sono i fattori che possono toccare la sensibilità dei consumatori e dunque stimolarli a passare all’azione, Coop ha realizzato in tutta Italia due giornate di “cash mob etico” il 18 e 19 maggio scorsi. All’interno dei 37 punti vendita aderenti, è stata modificata per un giorno la disposizione dei prodotti per valorizzare e mettere in evidenza quelli con caratteristiche di sostenibilità coerenti con quanto previsto dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. In “vetrina”, dunque, sono finiti prodotti biologici, della linea Libera Terra oppure forniti dal mercato equo e solidale.
Contemporaneamente, sono state date informazioni aggiuntive a proposito di questi prodotti e del loro valore, ed è chiesto ai consumatori di compilare un questionario a proposito delle loro abitudini di spesa con un occhio di riguardo alla sostenibilità. “Grazie ai risultati dell’iniziativa, possiamo dire che c’è ampia disponibilità ad orientare il proprio portafoglio di spesa su prodotti che meritano qualcosa di più”, commenta ai microfoni di AdnKronos Albino Russo, direttore Ancc-Coop.
Il primo risultato tangibile è stato un aumento del 17,6% delle vendite dei prodotti sostenibili, rispetto allo stesso giorno della settimana successiva. Coop sottolinea come si sia osservato un “effetto sostituzione”: i consumatori, infatti, hanno acquistato i cibi che rispecchiano i requisiti di sostenibilità ambientale, economica e sociale al posto degli altri e non in aggiunta.
Dall’analisi dei 2071 questionari compilati, invece, emergono dati più precisi a proposito delle intenzioni di spesa e delle priorità dei consumatori. Per il 54,4% del campione, infatti, è accettabile spendere di più per acquistare un prodotto di maggiore qualità e tra gli elementi che la determinano spicca la tutela dei diritti umani dei dipendenti e l’assenza di forme di sfruttamento e caporalato. Quasi un italiano su sei spenderebbe di più per prodotti 100% italiani, una percentuale leggermente inferiore ricerca prodotti rispettosi dell’ambiente, materie prime certificate, trasparenza della filiera e dell’etichetta. Tuttavia la necessità di risparmiare, la superficialità e l’assenza di informazioni frena spesso l’acquisto consapevole.
Durante la scorsa edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile, Leonardo Becchetti, co-fondatore di NeXt, commenta così i dati raccolti da Coop: “la promozione a valore all’interno della grande distribuzione può essere una leva per sensibilizzare i cittadini e passare da una logica di attenzione al prodotto, alla valorizzazione della sostenibilità sociale e ambientale dell’impresa. I risultati dimostrano l’effetto di sostituzione che i consumatori attuano nei confronti di prodotti responsabili, solo a fronte di una comunicazione su quegli aspetti e di una rete collaborativa tra i soggetti del territorio e la Gdo”.
Se sulla carta crescono la consapevolezza e l’attenzione alla spesa, il cash mob etico di Coop dimostra che si tratta di un primo passo verso un cambiamento effettivo delle abitudini di spesa. Voi siete disposti a spendere di più per una spesa più sostenibile?