Giornale del cibo

“Quanta foresta hai mangiato oggi?” Consumi alimentari e deforestazione nel rapporto del WWF

PARALAXIS/shutterstock.com

 

“Quanta foresta avete mangiato oggi?”: questo il provocatorio titolo di un rapporto del WWF pubblicato nel mese di novembre 2020 che descrive ed evidenzia il forte legame tra i consumi, alimentari ma non soltanto, e il fenomeno della deforestazione. Secondo quanto riporta l’importante organizzazione ambientalista internazionale, ben l’80% della superficie forestale che abbiamo perso dipende proprio da abitudini non sostenibili.

Gli stili di vita prevalenti, dunque, non implicano dei danni soltanto dal punto di vista dell’inquinamento e quindi del riscaldamento globale, ma senza dei cambiamenti – avverte il WWF – con ciò che compriamo e consumiamo andremo a distruggere progressivamente i polmoni verdi del pianeta. Migliaia di ettari di foreste senza le quali la sopravvivenza della specie umana è a rischio. Approfondiamo dunque insieme il rapporto, scoprendo il legame che c’è tra il cibo e la deforestazione.

Qual è il legame tra cibo e deforestazione?

Negli ultimi 30 anni sono stati deforestati 420 milioni di ettari di terreni in tutto il mondo, ma soprattutto nelle aree tropicali. Si tratta di una superficie ampia grossomodo come l’intera Unione Europea in totale. E il fenomeno non accenna a rallentare, tant’è che ogni anno circa 10 milioni di ettari sono persi. Ciò accade, prevalentemente, per fare spazio a terreni agricoli impiegati per coltivare su larga e larghissima scala le materie prime per poter garantire, ad esempio, caffè, carne, soia e altri beni di consumo nei mercati globali.

cibo e deforestazione
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WWF, nel rapporto “Quanta foresta avete mangiato, usato o consumato oggi?”, aggiunge un altro importante dato: il 10% della deforestazione globale è causata dai consumi dell’Unione Europea. Di fatto, i cittadini dei 27 paesi UE, consumando caffè, carne bovina e suina, favoriscono inconsapevolmente la deforestazione. Un fenomeno che è concentrato prevalentemente in Russia, Brasile, Canada, Stati Uniti e Cina oltre ai paesi tropicali, ma che riguarda l’intero pianeta. La perdita delle foreste si trasforma in un attentato alla biodiversità, in un aumento della CO2 e nel peggioramento della qualità dell’acqua. Inoltre, accelera il cambiamento climatico di cui sono state già studiate le drammatiche ricadute anche sul mondo agroalimentare.

Isabella Pratesi, direttrice conservazione di WWF Italia ha spiegato all’Ansa: “Dobbiamo fermare il processo di distruzione delle foreste più preziose: oggi il 40% della foresta pluviale amazzonica ha già raggiunto il punto di non ritorno. (…) La nostra responsabilità come consumatori è enorme e il percorso della certificazione di prodotti di largo consumo, così come la riduzione di alimenti dentro i quali si nasconde la deforestazione, in primis carne bovina e soia per mangimi, sono l’unica strada percorribile”.

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Quali sono le produzioni alimentari “a più alto contenuto di deforestazione”

Non tutti i consumi e tutto ciò che mettiamo nel carrello ha un legame diretto con la deforestazione, ma proprio per questo è importante, secondo WWF, assumere una maggiore consapevolezza per poter riconoscere le nostre scelte alimentari che danneggiano il pianeta, come ci raccontava anche Fabio Ciconte presentandoci il suo recente libro “Fragole d’inverno”.

A partire dagli anni Novanta, ricostruisce il WWF, ci si è concentrati gli effetti delle cosiddette “big four”, quattro filiere che direttamente provocano la deforestazione: legname, soia, carne di manzo e olio di palma. Ma in tempi più recenti, è emerso come la filiera produttiva anche di altri prodotti può essere pericolosa per l’habitat forestale. In particolare, l’attenzione è posta sui prodotti lattiero-caseari, caffè, cacao, e prodotti in pelle. Non è un caso che, tra i cibi in via di estinzione, gli esperti inseriscono anche il cioccolato e l’amatissimo espresso. Questo proprio per il loro grande costo ambientale. Vediamo insieme quali sono.

Caffè

Sergio J Lievano/shutterstock.com

Il caffè, spiega il WWF, è seconda solo all’acqua nella classifica delle bevande più consumate al mondo e la domanda continuerà a crescere. Per questo è stato stimato che, entro il 2050, ci sarà bisogno di dedicare al caffè una superficie di cui il 60%, oggi, è coperta da foreste. Si tratta, anche in questo caso, di migliaia di ettari di un habitat fondamentale per il pianeta che dovranno essere riconvertiti in terreni coltivabili entro i prossimi 30 anni.

Soia 

Altrettanto preoccupante è la situazione della coltivazione della soia, utilizzata per produrre mangimi per gli allevamenti in tutto il mondo. Come ci raccontava anche il giornalista Stefano Liberti presentando il documentario “Soyalism”, la filiera della soia ha un impatto devastante sui territori e sulle comunità: la terra così coltivata trasforma la campagna in un’industria dove non c’è bisogno di manodopera e dove ogni forma di biodiversità viene schiacciata. Inoltre, il WWF denuncia come un quinto della soia importata nell’Unione Europea dal Brasile è legata a fenomeni di deforestazione illegale.

Carne bovina

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“L’allevamento del bestiame è il maggiore driver di deforestazione in America latina e in Amazzonia” si legge nel rapporto che riporta alcune stime che suggeriscono come addirittura l’80% della deforestazione in Amazzonia derivi da questo settore, direttamente o indirettamente. Di fatto, “la deforestazione causata dall’allevamento del bestiame è maggiore della deforestazione causata da olio di palma e soia insieme.” Da qui l’appello alla riduzione dei consumi di carne, saliti progressivamente negli ultimi decenni fino a metterne a rischio la sostenibilità ambientale.

In che modo in Italia “si mangiano” le foreste?

Il legame tra produzioni alimentari e deforestazione agisce su scala globale, ma il WWF nel rapporto evidenzia i legami tra quanto accade nell’Unione Europea e in Italia e la distruzione degli habitat forestali altrove. Secondo i dati della Commissione europea, il 36% delle colture e dei prodotti di origine animale associati deforestazione nei paesi di origine è destinato al mercato europeo e l’Italia, tradizionalmente, importa grandi quantità di legname, carni, soia, olio di palma, caffè, cacao, cuoio e altri prodotti a rischio deforestazione.

L’Europa è il maggiore mercato del caffè al mondo, perché qui è concentrato il 33% del consumo globale. E se è vero che il consumo pro capite è più alto nei paesi scandinavi, l’Italia è il secondo maggiore importatore con 604.000 tonnellate all’anno, soprattutto da Brasile (fortemente e profondamente interessato dal fenomeno della deforestazione), Vietnam, Honduras, Colombia e Uganda.

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Per quando riguarda la soia, invece, l’EU Market Observatory stima che la domanda di soia europea dipenda al 95% dalle importazioni e solo per il 5% da prodotti coltivati all’interno dell’Unione. Un dato che pone l’UE al secondo posto nella classifica degli importatori di soia al mondo. Il cereale viene utilizzato prevalentemente per la produzione di mangimi per gli allevamenti intensivi di pollame, suini e bovini. Secondo le stime di Etifor, riportate dal WWF, le importazioni italiane di soia hanno provocato una deforestazione di circa 16.000 ha/anno. Altrettanto significative, sempre a proposito dell’Italia, anche le cifre che valutano l’impatto del consumo di carne:  va da 11.153 ha/anno circa (ipotesi di massimo) a circa 5.900 ha/anno (ipotesi di minimo).

Questa la situazione su scala globale ma che coinvolge ciascuno e che, secondo il WWF, richiede un’azione veloce e decisa. L’appello è rivolto non soltanto ai consumatori, ma anche alle istituzioni. La Commissione Europea, in particolare, sta vagliando una legge sui prodotti legati alla deforestazione, un’iniziativa che prevede anche la consultazione pubblica a cui ciascuno può partecipare attraverso la campagna WWF #Together4forests.

 

Conoscevate già queste conseguenze della deforestazione?

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