La temperatura che assicura la maggior efficienza e produttività è 13°C e, nei prossimi anni, il riscaldamento globale farà sì che l’Italia e più in generale il Sud del mondo lo saranno sempre di meno. È uno dei tanti effetti del cambiamento climatico che, in questo caso, arriva direttamente sulle nostre tavole, come sottolineano le anticipazioni del Rapporto Coop sui consumi degli italiani aggiornati proprio al 2019. Cambieranno gli alimenti che troveremo sugli scaffali dei supermercati, ma anche le coltivazioni autoctone. Basti pensare che, secondo Coldiretti, negli ultimi cinque anni sono aumentate del 60% le aree coltivabili di Calabria e Sicilia dedicate ad alberi da frutto tropicali. Mangeremo, dunque, Papaya a chilometro zero? E quali sono, invece, i cibi che troveremo sempre meno?
Cibo e cambiamento climatico: i dati del Rapporto Coop
Come abbiamo accennato anche in altri articoli, è ormai riconosciuto come il legame tra cibo e cambiamento climatico sia forte e radicato e sia di duplice natura. Agricoltura e allevamento sono responsabili del 35% delle emissioni di anidride carbonica a livello globale e consumano il 70% dell’acqua disponibile sul pianeta. L’agroalimentare incrementa l’inquinamento, uno dei fattori che accelerano e provocano il riscaldamento globale, ma è anche un settore produttivo che risente profondamente delle conseguenze del climate change.
Ciò che sottolineano gli esperti è che, già oggi, è possibile osservare quali sono alcuni di questi effetti a partire, come anticipato, dalla desertificazione e riduzione delle superfici coltivabili e, di fatto, un progressivo cambiamento anche nella dieta. Inoltre, come riporta il Rapporto Coop, gli alimenti saranno anche meno nutrienti: è stato calcolato che la concentrazione di CO2 nell’atmosfera comporterà una perdita del 10% dell’apporto proteico degli alimenti.
Mango a km 0 e niente vino
In Italia, complessivamente, il giro d’affari dell’agricoltura ha subito un calo pari a 14 miliardi di euro proprio a causa dei cambiamenti climatici. Coldiretti aggiunge che un albero da frutto su tre è sparito, nonostante il passaggio a specie più adatte al clima in mutamento, come mango, papaya, avocado e banana.
Se questi cibi sembrano essere più adatti e resistenti per il clima in mutamento del Belpaese, ce ne sono altri per cui è inospitale. Gli esempi sono molti, a partire dal miele, che risente di una crisi che prosegue ormai da alcuni anni, fino ad arrivare all’olio d’oliva italiano, indebolito sia dai cambiamenti climatici che dalle malattie. Il Rapporto Coop, però, sottolinea che crollerà la disponibilità anche di altri alimenti molto diffusi, come birra (-16%, secondo lo studio “Decreses in global beer supply due to extreme drought and hear” pubblicato su Nature Plants), vino (-50% in 50 anni, secondo il World Economic Forum), riso (-10% in 10 anni secondo l’IPCC), caffè (-25% entro il 2050 sempre secondo le stime del World Economic Forum) e pesce (per cui l’IPCC stima un calo di 1,5 tonnellate all’aumento di 1,5°C di temperatura).
La spesa degli italiani sta già cambiando, lo confermano i dati della società di ricerca Iri riportati nel Rapporto Coop. La carne in scatola, i gelati e l’acqua sono, infatti, i prodotti più sensibili alle alterazioni climatiche. Ciò che osservano i ricercatori è come quest oscillazioni in alcuni casi prevedibili, ad esempio i gelati, si siano fatte più repentine e siano connesse in maniera diretta all’aumento e alla diminuzione delle temperature.
Generazione Greta: i giovani più disposti a cambiare abitudini
I cambiamenti dei consumi legati al cambiamento climatico non sono subiti, però, solamente dagli italiani che, invece, si dimostrano anche molto sensibili al tema della sostenibilità. Secondo una recente indagine condotta da Nielsen, la maggioranza assoluta dei cittadini ritiene importante il tema dell’impatto ambientale della propria dieta ed è sensibile a temi quali la lotta contro lo spreco alimentare, la ricerca di un packaging biodegradabile e compostabile, la scelta di alimenti biologici e l’importanza dell’etichetta trasparente. A quasi due anni dall’entrata in vigore della norma che ha introdotto i sacchetti biodegradabili a pagamento nei supermercati, l’attitudine dei consumatori appare fortemente mutata. Merito, secondo quanto riportato nel Rapporto Coop, dei più giovani, la “Generazione Greta” per cui la tutela dell’ambiente è una priorità quasi assoluta.
Sono giovani e giovanissimi e si dichiarano pronti ad attuare nel concreto azioni e pratiche più ecologiche a tutela dell’ambiente. L’82%, per esempio, si dichiara disponibile a ridurre al minimo gli sprechi di acqua, luce, plastica e cibo, mentre il 70% preferisce scegliere aziende di cui condivide i valori. Inoltre, secondo i dati del 2019 dell’Osservatorio GenZ di Nomisma, la percentuale di giovani tra i 14 e i 19 che fa la raccolta differenziata è pari all’85%. Si tratta di un atteggiamento trasversale che gli adolescenti portano anche a casa, provando a condizionare e modificare anche le abitudini familiari.
La spesa del futuro è, quindi, determinata non soltanto dalle scelte che il consumatore farà domani al supermercato, ma anche da quelle che compie oggi in casa. Il legame tra cibo e cambiamento climatico è così forte, anche in Italia, che le conseguenze sono concrete e quotidiane. Ne eravate a conoscenza?