Gli ebrei osservanti si attengono a una serie di regole sul cibo e sulla sua preparazione, dettate dalla loro religione: il precetto più noto vieta il consumo di carne e latticini nello stesso pasto, ma non è l’unico. Per saperne di più abbiamo intervistato Rav Alberto Sermoneta, Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Bologna, che ci ha spiegato da dove hanno origine queste indicazioni alimentari e quali sono i cibi kosher o kasher, in un piccolo ma significativo viaggio storico-culturale.
La Kasherut: la norma ebraica sul cibo
I precetti che riguardano il cibo rientrano nella Casherut, che è basata sulla Torah, il più alto riferimento della religione ebraica. La parola Kasher (o Kosher) vuol dire ‘idoneo’: questo termine riguarda generalmente il cibo, ma “non è usato solo per l’alimentazione, kasher può essere qualunque cosa adatta al suo uso – spiega il Rabbino. – Nel libro del Levitico c’è scritto ‘Siate distinti perché santo sono io, il Signore vostro Dio’. Ma cosa significa distinto? La parola ebraica corrispondente è Kadosh e indica tutto ciò che è riferito a Dio, ma nella tradizione ebraica, Kadosh è anche quello che ‘si distingue attraverso il suo comportamento’. L’uomo ha il dovere di distinguersi dagli animali e l’alimentazione è una delle cose che ci rende simili a loro, per cui dobbiamo mangiare secondo alcuni precetti e in questo il popolo ebraico deve rappresentare un esempio per gli altri”.
Il Rabbino continua dicendo che “il Talmud (uno dei testi sacri dell’ebraismo, ndr) afferma che fino a quando c’era il tempio di Gerusalemme, il suo altare era il mezzo di espiazione delle colpe, sul quale si facevano i sacrifici animali. Oggi, che non esiste più, è la tavola il mezzo di espiazione. Il momento del pasto ci ricorda che tutto quello che mangiamo e beviamo lo dobbiamo a Dio, per cui le benedizioni che recitiamo prima di mangiare non sono rivolte al cibo, ma a Dio. Sulla tavola a ogni pasto deve essere sempre presente il sale, che un tempo era cosparso sull’altare dove venivano fatti i sacrifici. Il sale è simbolo dell’abbondanza, ma anche del rigore, perché brucia, e averlo sulla tavola ci ricorda che se ci sfamiamo, lo dobbiamo a Dio, al fatto che non è rigoroso con noi, ma misericordioso: per questo motivo, quando ci sediamo, prendiamo un pezzo di pane e lo intingiamo nel sale, prima di recitare una benedizione. I termini lechem, pane, e melach, sale, sono composti dalle stesse lettere: il primo è il simbolo della bontà e misericordia divina, il secondo della rigidità e della giustizia.
Cibi Kosher: le regole della Kasherut ebraica
Come abbiamo già ricordato, per gli ebrei osservanti è fondamentale che l’atto del cibarsi avvenga in modo ragionato, non meccanico: “i più grandi commentatori del testo biblico – spiega l’intervistato – sottolineano come i momenti in cui dobbiamo distinguerci dagli animali sono fondamentalmente due, l’alimentazione e la sessualità, che ha una finalità sacra, cioè della procreazione”. Prima di parlare dei cibi ammessi e di quelli proibiti, vediamo allora quali sono le regole generali che riguardano la tavola e il cibo:
- carne e latticini non possono essere consumati nello stesso pasto, né cucinati o lavorati insieme; per questo motivo, le famiglie possiedono in genere set di pentole e servizi di piatti diversi per i due tipi di alimenti.
- Carne e pesce possono essere consumati nello stesso pasto, ma prima di passare dall’uno all’altro bisogna sciacquarsi la bocca con un po’ di vino.
- Per cucinare cibo Kasher non si possono usare utensili utilizzati per cibo non Kasher.
Gli animali permessi e quelli proibiti
Secondo la Kasherut, gli ebrei osservanti possono mangiare:
- gli animali ruminanti che hanno lo zoccolo spaccato in due parti. La mucca, il vitello, la pecora, la capra sono ammessi; il coniglio, il maiale, il cammello o il cavallo sono vietati, così come i rettili e gli insetti.
- i volatili da cortile, come le galline. Sono invece vietati i rapaci.
- i pesci che hanno sia pinne che squame; sono vietati l’anguilla, i frutti di mare, il caviale, i pesci gatto, la coda di rospo e altri ancora.
Si tratta, perlopiù, di animali dalle dimensioni discrete: “non c’è una spiegazione dei precetti nel testo della Torah, – spiega il Rabbino – ma una delle possibili interpretazioni è che, non essendo i padroni del mondo, dobbiamo avere massimo rispetto di ciò che ci circonda, mangiando solo gli animali più piccoli”.
La macellazione
Oltre a rispondere a requisiti fisici e fisiologici, gli animali destinati al consumo devono essere macellati secondo il rituale ebraico: dopo l’uccisione, l’animale deve essere attentamente esaminato per verificare che sia sano e non abbia difetti, che lo renderebbero impuro. La macellazione tradizionale ebraica, proprio come quella islamica, è molto diffusa in Italia. Nelle macellerie la si trova comunemente, tuttavia, spiega il Rabbino, “nel nostro Paese la grande distribuzione non è ancora organizzata su questo fronte, mentre all’estero sì, e nei supermercati è possibile trovare anche la carne fresca. A volte, in mancanza di prodotti che possano garantire la Kasherut, gli ebrei si orientano verso la dieta vegana: tutto ciò che ha il marchio vegan, infatti, può essere consumato.”
I requisiti per ottenere il marchio Kosher sono numerosi e i controlli rigorosi. Per questo motivo, lo standard qualitativo è molto alto, con un conseguente grado elevato di tutela del consumatore: ecco perché all’estero i prodotti Kosher vengono acquistati e consumati non solo dagli ebrei osservanti, ma anche da persone di altre religioni, che li ritengono salubri e sicuri.
Il divieto di consumare sangue
La Torah vieta il consumo di sangue. “Per mangiare un animale – spiega l’intervistato – dopo la macellazione bisogna prima eliminare tutto il sangue, che rappresenta l’anima, la vita, come è scritto nel Levitico”. Anche il sangue contenuto nelle uova non può essere consumato (l’uovo va gettato via, se ne contiene), mentre per i pesci questa regola non vale.
Il sangue non è l’unica parte del corpo che non può essere consumata: anche alcune parti di grasso addominale di bovini, ovini e caprini non sono ammesse, così come c’è divieto esplicito di mangiare il nervo sciatico.
La tradizione della Pesach: il divieto di consumare lievito
Le indicazioni religiose non prevedono il consumo di cibi particolari in determinati momenti dell’anno o in occasione di feste, ad eccezione della Pesach, la Pasqua ebraica. “Dai tempi della Torah, durante gli otto giorni della Pesach – spiega il Rabbino – è proibito mangiare cibi lievitati. Il precetto è dovuto al fatto che il lievito simboleggia un istinto violento, qualcosa che si gonfia ed esplode. Poiché questa festa è una celebrazione dell’impegno per la libertà, non può esserci traccia di violenza, per questo motivo già da un mese prima della Pesach nelle case si fanno delle pulizie particolari, riprese poi dalla tradizione cristiana, dove sono diventate le pulizie di Pasqua: lo scopo è eliminare ogni residuo e briciola di pane, tutto ciò che è lievitato. La sera della vigilia della festa, insieme ai bambini, si va alla ricerca del pane rimasto negli angoli più nascosti: è un momento propedeutico, in cui i più piccoli imparano a mettere in pratica i precetti della religione. Il mattino dopo si brucia simbolicamente tutto il pane trovato”.
Durante la Pesach, gli ebrei osservanti consumano soltanto matzah, pane non lievitato, basso e piatto, che è “il pane dell’umiltà, del povero. Libertà, infatti, non significa fare tutto ciò che si vuole, ma rispettare la volontà e il pensiero del prossimo: il pane non lievitato ricorda questo essere bassi, sottomessi, ben disposti ad ascoltare gli altri”, conclude il Rabbino.
Conoscevate le regole alimentari della religione ebraica?