Giornale del cibo

La Carta di Milano sarà la vera eredità morale di Expo?

“Noi donne e uomini, cittadini di questo pianeta, sottoscriviamo questo documento, denominato Carta di Milano, per assumerci impegni precisi in relazione al diritto al cibo che riteniamo debba essere considerato un diritto umano fondamentale”.
Così inizia il testo, tradotto in 19 lingue, che è stato definito l’eredità morale di Expo, consegnato alcuni giorni fa al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. La Carta di Milano è una sorta di protocollo dedicato al diritto al cibo e vuole esprimere la proposta dell’Italia alla comunità mondiale sui temi dell’Expo. Ma che cos’è esattamente e perché sta suscitando reazioni contrastanti anche fra chi ha contribuito alla sua stesura?

 

Nutrire il Pianeta

Com’è nata la Carta di Milano?

Il documento è frutto di più di due anni di lavoro e la sua elaborazione, redatta sulla base del Protocollo Milano, messo a punto nel 2012 dalla Fondazione Barilla Center for Food and Nutrition, ha coinvolto istituzioni, imprese, sindacati, fondazioni culturali e associazioni italiane e internazionali quali il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; l’Organizzazione delle Nazioni Unite nella fattispecie delle sue agenzie speciali dedicate al cibo e all’agricoltura (FAO) e alla sanità mondiale (OMS); la Banca mondiale e la Commissione europea; Illy Caffè, Barilla e il Gruppo San Pellegrino; la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e molti altri protagonisti di Expo, quali Women for Expo e Fondazione Triulza.

Alcuni dei temi contenuti  nel documento sono stati elaborati durante Le idee di Expo verso la Carta di Milano, i 42 tavoli di lavoro tematici tenutisi il 7 febbraio scorso all’Hangar Bicocca, che hanno visto il confronto di esperti, ricercatori, docenti universitari, giornalisti, imprenditori di diverse provenienze e competenze. I rapporti dettagliati di questi incontri fungono ora da corredo alla Carta e sono scaricabili dal sito carta.milano.it, per chi volesse approfondire e farsi un’idea di quante e quali tematiche sono state affrontate nei mesi precedenti ad Expo.  

 

I punti fondamentali della Carta

La Carta di Milano vera e propria è la sintesi finale di tutti i contributi messi in campo, e si concentra sostanzialmente sui temi del diritto al cibo, della lotta allo spreco e della sostenibilità ambientale.

Il documento è una dichiarazione di intenti, una specie di promessa che ogni firmatario si impegna a mantenere, un appello alle responsabilità che ciascuno è chiamato ad assumere in tema di nutrizione e ambiente che si basa su alcuni semplici premesse: tutti hanno il diritto di accedere a una quantità sufficiente di cibo sicuro e a fonti di energia pulita, il cibo ha un valore sociale e culturale e non deve mai essere usato come strumento di pressione politica, i beni del pianeta vanno gestiti in modo equo, gli investimenti sulle risorse naturali – dal suolo all’acqua – devono garantire e preservare le popolazioni locali, l’attività agricola deve salvaguardare la biodiversità.

Chiunque sottoscriva il documento dichiara inaccettabili alcune realtà che riguardano la situazione attuale del nostro Pianeta: che vi siano, ad esempio, diseguaglianze di opportunità fra i diversi popoli della Terra, che non sia ancora pienamente riconosciuto il ruolo fondamentale delle donne nella produzione agricola, che ogni anno 1,3 tonnellate di produzioni destinate al consumo alimentare vengano sprecate e che 5 milioni di ettari di foresta scompaiano, che le risorse del mare siano sfruttate in modo eccessivo, che 800 milioni di persone soffrano di fame cronica e che oltre due miliardi di persone siano malnutrite e, infine, che la piaga della malnutrizione coinvolga ancora scandalosamente 160 milioni di bambini.

 

A chi è rivolta e cosa chiede la Carta ai firmatari?

Il documento è rivolto a tutti: governi, istituzioni, imprese, cittadini. Alla società civile il protocollo chiede che vi sia maggiore consapevolezza e conoscenza del cibo e che ognuno contribuisca alla salvaguardia del Pianeta a partire da alcune buone pratiche del vivere quotidiano: consumando ad esempio solo la quantità di cibo sufficiente al fabbisogno, evitando lo spreco d’acqua, scegliendo gli alimenti in base al loro impatto sull’ambiente, divenendo parte attiva nella ricerca di soluzioni innovative attraverso il lavoro e la creatività, promuovendo l’educazione alimentare e ambientale e valorizzando le produzioni locali e le relazioni dirette tra produttori e consumatori. Ma la Carta si rivolge anche alle imprese, affinché applichino le normative internazionali, investano nella ricerca, contribuiscano agli obiettivi dello sviluppo sostenibile, promuovano la diversificazione delle produzioni agricole e la commercializzazione di alimenti sani e sicuri nel rispetto delle realtà locali.

 

Raccolta retorica di buoni propositi o strumento di operatività? Perché Caritas e Slow Food non hanno firmato

Un milione e mezzo di firme per la Carta di Milano sono la testimonianza della partecipazione attiva e consapevole delle persone a Expo. La Carta ha assolto al suo compito: riempire di significato e di responsabilità la piattaforma espositiva, provocare animate discussioni, impegnare cittadini, associazioni, imprese e istituzioni a riflettere sulla sfida della sicurezza alimentare più di quanto non abbia mai fatto una esposizione in tutta la sua lunga storia”: queste le parole del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina durante la cerimonia di chiusura dell’Esposizione. Ma nonostante i propositi virtuosi contenuti in essa, la Carta di Milano è ora al centro di un’ondata di polemiche.  

Da più parti ci si chiede quale possa essere il suo effettivo ruolo e se non sia destinata a disattendere gli obiettivi prefissati, trasformandosi in una inefficace e retorica raccolta di buoni propositi che non porterà a nessun risultato concreto.
L’associazione Costituzione Beni Comuni, protagonista in febbraio di un contro-convegno sulla Carta, aveva definito da subito una contraddizione la presenza di una multinazionale come Barilla fra i contributor. Caritas e Slow Food, che pur avevano partecipato ai tavoli di lavoro, hanno preso in seguito le distanze dal documento denunciando in esso l’assenza di obiettivi precisi.


 

Secondo i suoi detrattori, la Carta avrebbe omesso tematiche cruciali come quelle legate ai semi, all’acqua e ai cambiamenti climatici, e non ci sarebbe in essa alcun riferimento ad alcuni temi attualmente al centro del dibattito culturale e scientifico mondiale, come  gli OGM, le speculazioni finanziarie sulle materie prime e il land grabbing, l’accaparramento di terreni agricoli in paesi in via di sviluppo a danno delle popolazioni locali. Forse parlare di certi argomenti avrebbe potuto infastidire alcune grandi presenze di Expo, come la Cina, che in Africa sta portando avanti delle importanti acquisizioni, o come le tanto contestate Coca Cola e McDonald’s, le quali molto probabilmente non gradiscono gli approfondimenti in tema di malnutrizione e obesità.

Novembre sarà un mese cruciale per capire cosa ne sarà di Expo. Mentre il sito di Rho-Pero entrerà in ibernazione da disallestimento fino a primavera, altrove molti progetti nati durante i sei mesi dell’Esposizione troveranno una naturale prosecuzione o una seconda vita. La Carta di Milano, che ha sicuramente il merito di mettere in discussione il sistema alimentare mondiale, potrebbe portare di fronte ad un consesso mondiale la proposta italiana, trasformandosi in uno strumento per guidare il dibattito che si svolgerà nei prossimi mesi. Ci auguriamo che non rimanga solo un insieme di vuoti slogan.

 

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