È uno dei grandi dilemmi di questo secolo. Possiamo continuare a mangiare carne senza far soffrire gli animali e senza distruggere il nostro pianeta? Basterà seguire le indicazioni dell’OMS – ovvero moderarne il consumo – o sarà necessaria una rivoluzione, un’inversione di mentalità talmente dirompente da far sì che rinunciamo del tutto a una pratica che da millenni consideriamo naturale oltre che piacevole? C’è però chi sta già pensando a un’alternativa. C’è di mezzo lo sviluppo della tecnologia delle cellule staminali e c’è di mezzo anche uno dei fondatori di Google, che da più di un decennio finanzia un progetto per la produzione di carne in vitro.
Il primo hamburger sintetico cotto e mangiato
Mark Post, direttore del dipartimento di fisiologia dell’Università di Maastricht, nel 2013 presentò e fece assaggiare ad alcuni giornalisti riuniti a Londra il primo hamburger prodotto in laboratorio. Si trattava di un agglomerato di 20mila fibre muscolari cresciute per tre mesi in provetta e cucinate per l’occasione da Richard McGeown, uno chef della scuola di Gordon Ramsey. Del tutto simile all’hamburger a cui siamo abituati, la polpetta tecnologica di Post da 150 grammi era però costata qualcosa come 250mila euro.
Costi proibitivi, ma i finanziatori non mancano
Per le sue ricerche, Post ha potuto contare sul sostegno economico di Sergey Brin, fondatore insieme a Larry Page del motore di ricerca più famoso al mondo. Grazie al patrimonio accumulato con Google, Brin sta attualmente finanziando una serie di progetti che vanno dallo studio delle malattie degenerative fino, appunto, alla carne in vitro. È lui stesso a spiegare il motivo di questo interesse: “A volte arriva una nuova tecnologia che può trasformare il modo in cui vediamo il mondo. Il consumo attuale di carne non è sostenibile e di fronte a questa realtà vedo solo tre possibilità: diventare tutti vegetariani, ma non credo succederà, ignorare la questione e continuare a danneggiare l’ambiente, oppure trovare una soluzione completamente nuova”. E la nuova soluzione, secondo Brin, potrebbe arrivare proprio dai laboratori di Maastricht.
Post: fra 5 anni avremo carne sintetica nei supermercati
Con il debutto londinese Post ha dimostrato che produrre carne sintetica è possibile. La vera sfida semmai, oltre ad abbattere i costi di produzione, è renderla del tutto identica a quella naturale. L’hamburger pioniere è un agglomerato di fibre muscolari cresciute da cellule prelevate da una mucca viva. “Senza provocarle alcun dolore”, ci tiene a specificare Post. Ogni cellula viene poi isolata e messa a coltura per mesi in una soluzione di siero fetale bovino in modo che si moltiplichi fino a diventare una fibra muscolare biologicamente identica a quella dell’animale. La carne che mangiamo però non è composta solo di fibre. A darle gusto, colore e nutrienti, come ad esempio il ferro, ci sono anche grasso e sangue. Post è positivo e ritiene che nel giro di 5, massimo 10 anni troveremo carne sintetica del tutto identica a quella naturale sugli scaffali dei supermercati e ad un prezzo accessibile.
La percezione dei consumatori
L’ottimismo del professore dipende forse anche da una seconda tranche di finanziamenti messi a disposizione da Brin. La nuova iniezione di soldi servirà non solo a portare avanti la ricerca, ma anche ad ampliare l’equipe di Post. Oltre al team scientifico, sembra che presso la Mosa Meat, un’azienda spin-off dell’università di Maastricht fondata dallo stesso Post, sarà al lavoro anche una figura professionale che si occuperà di analizzare la percezione del pubblico. I commenti sui social seguiti alla conferenza stampa di Londra non sono stati infatti molto incoraggianti. L’appeal del “biologico” e del “naturale” è molto forte e non è detto che la leva della sostenibilità sia sufficiente a spingere i consumatori a cambiare le proprie abitudini.
(Im)possible food?
L’assaggio ufficiale a Londra è stato salutato come l’inizio di una rivoluzione alimentare: c’erano dunque tutti i presupposti per una fonte di proteine alternativa, molto più sostenibile per l’ambiente e del tutto cruelty free. Quasi del tutto, perché il siero fetale bovino necessario per la messa a coltura delle cellule viene prelevato da mucche che al momento della macellazione vengono trovate incinte. Sono allo studio anche liquidi di coltura di origine vegetale, ma per il momento quste procedure hanno costi esorbitanti. Ma che fine ha fatto da allora la carne sintetica? Non se n’è più parlato molto, ma dietro le quinte si continua a lavorare. E non solo in Olanda. Sono molte le aziende che se ne stanno occupando e i soldi messi in campo non sono pochi. Basti pensare a realtà come Beyond Meat, fondata nel 2009 da Bill Gates, o la Impossible Foods, che ha ricevuto – chi dice 180, chi dice 75 – milioni di dollari da investitori della Silicon Valley, e che per il suo non-burger sta cercando invece una strada completamente vegetale.
Insomma, i guru della tecnologia, che solo ieri hanno trasformato il nostro modo di comunicare, sono intenzionati a cambiare anche quello che metteremo nel piatto domani. Ma siamo davvero pronti ad accettare la nuova rivoluzione? Dovremo rivedere completamente il nostro concetto di proteine animali e cominciare a mangiare anche carne in vitro o insetti. Possiamo, d’altra parte, continuare ad ignorare l’impatto degli allevamenti intensivi sul pianeta ?