Fin dall’antichità il cinghiale è fra le prede più ambite dai cacciatori, mentre oggi l’eccessiva presenza di questo animale – talvolta anche a ridosso delle città – costituisce un problema ambientale, sanitario e di sicurezza stradale. In questo periodo la caccia è aperta in molte regioni italiane, e di conseguenza aumentano le occasioni per portare in tavola gli esemplari selvatici di questo suino, anche se gran parte della domanda è soddisfatta dall’allevamento. Ma la carne di cinghiale può essere pericolosa? Dopo aver approfondito il caso della nutria, una specie invasiva che secondo alcuni dovrebbe essere mangiata, stavolta ci occuperemo di questo animale e dei rischi legati al consumo alimentare, riportando anche alcune notizie sulle sue caratteristiche e sulla diffusione, che in molti territori è difficilmente controllabile.
[elementor-template id='142071']Il cinghiale in Italia: origini e diffusione
Originario di una vastissima area che comprendeva l’Eurasia e il Nord Africa, il cinghiale (Sus scrofa) si è in seguito diffuso ed è stato introdotto in gran parte del globo. Nel secolo scorso, specialmente in Europa, si registra un netto calo degli esemplari, che invece aumentano in maniera consistente dopo la Seconda guerra mondiale, a causa dello spopolamento e dell’abbandono delle aree rurali, condizioni favorevoli per il ritorno di questi animali. In Italia, ai giorni nostri, il cinghiale è diffuso nelle zone boschive alpine e appenniniche, ma anche nelle isole.
Soprattutto nel Nord Italia, la presenza è in gran parte dovuta a immissioni a scopo venatorio di esemplari di grande taglia, originari dell’Est europeo. Pur con casistiche diverse, del resto, in tutto il mondo quella del cinghiale è stata una storia di ibridazioni, con maiali domestici e specie non autoctone, che hanno generato esemplari con caratteristiche miste e dimensioni maggiori. I verri adulti, infatti, possono superare i due quintali di peso, mentre l’aspettativa di vita, per tutte le sottospecie, raggiunge i 25 anni. Una vicenda per certi versi simile è quella della trota, la cui popolazione selvatica, nel nostro territorio, spesso discende da incroci con specie alloctone.
I cinghiali – onnivori, voraci, resistenti e adattabili – si attivano nelle ore serali, con le femmine e i cuccioli che vivono in gruppo, mentre i maschi hanno abitudini più solitarie. Le caratteristiche appena citate e l’eccessiva diffusione hanno portato a inserire questa specie nella lista delle cento più invasive e dannose del mondo.
Perché è diventato invasivo?
Come per tutti gli esseri viventi, è chiaramente sbagliato ritenere questo animale nocivo a priori. Dove è autoctona e numericamente controllata, questa specie esercita un’azione positiva, smuovendo e aerando lo strato superficiale dei terreni boschivi, limitando la presenza di insetti e favorendo l’interramento dei semi. Quando però a una contrazione degli habitat naturali si associa una sovrappopolazione – dovuta principalmente alle immissioni – e l’assenza di predatori naturali come i lupi, si verificano concentrazioni che possono danneggiare i boschi, gli altri animali e le aree coltivate. Secondo una stima indicativa dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra), in Italia sono presenti circa un milione di esemplari.
Nelle aree urbanizzate confinanti con ambienti rurali o selvatici, i cinghiali possono spingersi alla ricerca di cibo. Si servono del loro olfatto molto sviluppato e non di rado mirano alle discariche e ai punti dove possono trovare immondizia e scarti alimentari, provocando rischi per la circolazione stradale, dovuti all’attraversamento improvviso delle carreggiate. Recentemente in Italia si sono verificati diversi casi di sconfinamenti notturni nelle periferie cittadine, specialmente sul finire dell’estate, quando le risorse idriche e alimentari nei boschi sono più scarse. Quando accompagnano i piccoli, inoltre, le scrofe possono essere più pericolose e caricare qualunque presenza riconosciuta come minaccia, inclusa quella umana. In linea di massima, se capita di avvistare dei cinghiali è sempre meglio allontanarsi e non cercare di avvicinarli o offrire del cibo.
Caccia al cinghiale e contenimento
Il rapporto fra la caccia e la presenza dei cinghiali è ambivalente e in parte contraddittorio. Da un lato, nelle aree più densamente popolate, si organizzano periodicamente battute per diminuire rapidamente il numero dei capi, ma è vero che proprio l’allevamento di esemplari da immettere sul territorio per la caccia è stato determinante nel rendere questa specie invasiva. La caccia, quindi, ha spinto la richiesta di questi animali, oggi difficilmente controllabili, con piani che prevedono abbattimenti, catture, sterilizzazioni e inserimenti di lupi, peraltro non sempre ben gestiti. Per proteggere le coltivazioni, invece, il metodo più efficace è l’installazione di recinzioni elettrificate. L’eccessiva presenza di questi suini selvatici, ad ogni modo, va considerata complessivamente, valutando gli impatti economici ed ecologici.
Carne di cinghiale: può essere nociva?
Assai apprezzato in ambito gastronomico, per il consumo alimentare il cinghiale viene cacciato e allevato, con questa seconda opzione a soddisfare la maggior parte della richiesta. L’abbondanza di esemplari selvatici e l’attività venatoria, tuttavia, portano sulle tavole di tanti italiani la carne di questo animale, che però è stata messa in relazione con la diffusione di alcune malattie e intossicazioni. Questa specie, infatti, sul piano sanitario è considerata particolarmente problematica per il possibile contatto con gli animali domestici e per la ricettività di infezioni pericolose. In sintesi, ecco cosa può trasmettere il cinghiale selvatico e il consumo imprudente della sua carne.
- Le zoonosi sono patologie trasmissibili dagli animali selvatici a quelli domestici e all’essere umano, e nel caso del cinghiale ci si riferisce alla brucellosi, che colpisce soprattutto gli animali domestici, alla tubercolosi e alla trichinellosi. Quest’ultima si contrae mangiando carni crude o poco cotte. Il cinghiale, come la volpe, può essere soggetto all’infezione da Trichinella spiralis a causa della sua occasionale abitudine di nutrirsi di carcasse, che a loro volta possono essere infestate. La presenza di questi parassiti alimentari, fortunatamente, sembra essere in progressivo calo, ma l’attenzione e la prevenzione non devono abbassare la guardia.
- Il cinghiale può veicolare patologie altamente contagiose per gli animali, come la peste suina classica, oggi assente in Italia, e quella africana, endemica in Sardegna. Si tratta di malattie in grado di compromettere rapidamente interi allevamenti, con gravi conseguenze economiche.
- Questo animale, inoltre, può contribuire a diffondere patologie pericolose per le stesse specie selvatiche, come la malattia di Aujeszky, presente in Italia e particolarmente nefasta per i grandi predatori, come i lupi e i cinghiali, ma anche per i maiali da allevamento estensivo (all’aperto).
- Come tutta la selvaggina e come nel caso del gambero killer, per l’essere umano la carne di cinghiale può essere pericolosa anche a causa delle contaminazioni dovute all’inquinamento ambientale. Nel marzo 2013 nella Valsesia, in Piemonte, su 27 cinghiali abbattuti si accertò la presenza di Cesio 137, un elemento radioattivo e tossico, con valori dieci volte al di sopra dei limiti di legge. Il Ministero della Salute avviò indagini che fecero emergere altri casi anche nella vicina Val Vigezzo. In Giappone, invece, questi animali sono stati vettori dell’epatite E, dovuta al consumo di carni infette crude o poco cotte.
Alla luce di tutti i possibili rischi, quello più concreto che interessa il consumo alimentare è la trichinellosi. Secondo le normative vigenti, non a caso, la carne di cinghiale deve essere sottoposta a esame trichinoscopico dall’azienda sanitaria locale, e solo dopo un responso negativo dell’esame può essere commercializzata e mangiata. Questa prassi, però, non sempre viene seguita, specialmente quando gli animali sono cacciati e abbattuti di frodo, per il piccolo consumo familiare. Per acquistare prodotti a base di cinghiale, quindi, è importante rivolgersi a commercianti e produttori di fiducia, per avere le indispensabili garanzie sanitarie. Il rischio di entrare in contatto con la Trichinella spiralis, infatti, è piuttosto elevato per le selvaggine non sottoposte al controllo.
Carne di cinghiale: caratteristiche e proprietà
A tavola il cinghiale è apprezzato da sempre per il suo gusto, che unisce le peculiarità della carne suina a quelle della cacciagione. Inoltre, la varietà dell’alimentazione di questi animali – siano essi selvatici o allevati allo stato brado e semibrado – può conferire caratteristiche diverse sul piano organolettico. Protagonista di tante ricette, essendo fibrosa e più magra rispetto a quella di maiale, la carne di cinghiale è più adatta alle cotture prolungate, come gli umidi, i sughi e gli stufati, ma sono ottimi anche i salumi e gli insaccati tradizionali.
Sul piano nutrizionale, questa carne è una buona fonte proteica, generalmente priva di controindicazioni, se gli animali hanno vissuto e si sono alimentati in condizioni ottimali. La quantità di grassi è piuttosto bassa, mentre il contenuto di minerali risulta notevole. Ecco cosa contengono, indicativamente, 100 grammi di cinghiale.
- Calorie: 120 kcal
- Proteine: 21,5 g
- Grassi: 3,3 g
- Colesterolo: 85 mg
- Potassio: 318 mg
- Fosforo: 202 mg
- Magnesio: 23 mg
- Ferro: 3,4 mg
- Calcio: 5 mg
- Sodio: 51 mg
- Vitamina B3: 6,3 mg
- Vitamina B2: 0,4 mg
- Vitamina B1: 0,2 mg
- Vitamina E: 0,2 mg
Vi capita di mangiare carne di cinghiale?
Fonti:
Arcangelo, M. U., Ricette di cinghiale, Slow Food Monteregio
Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra)
Asl Regione Piemonte
Invasive Species Specialist Group, International Union for Conservation of Nature
D.G.R.M. 2/9/99, Esame carne di cinghiale
Regolamento (CE) 2075/2005
La Stampa