Il settore agroalimentare non si è mai fermato in questo 2020 fortemente segnato dall’emergenza Coronavirus, ma non significa che la pandemia non abbia un impatto anche sul settore primario, lungo tutta la Penisola. Al contrario, come denuncia la Cia-Agricoltori Italiani, con la vendemmia alle porte restano ancora molti i nodi da sciogliere a proposito della reperibilità di manodopera per la raccolta dell’uva (e non soltanto). Sin dall’inizio del lockdown, infatti, le associazioni e reti di categoria hanno richiamato l’attenzione sul fatto che il blocco degli spostamenti delle persone generasse una mancanza di lavoratori stagionali che, ormai storicamente, confluiscono in varie zone d’Italia nel momento in cui c’è bisogno. Per conoscere meglio le priorità e le possibili conseguenze della crisi abbiamo intervistato il responsabile lavoro dell’organizzazione, Danilo De Lellis che dichiara: “Chiediamo maggiore attenzione sul settore agricolo e l’ascolto delle concrete esigenze delle aziende del settore.”
Verso la vendemmia 2020 senza lavoratori: la denuncia della Cia-Agricoltori Italiani
La Cia-Agricoltori Italiani, acronimo per Confederazione italiana coltivatori, è una delle principali associazioni di categoria del settore agricolo e conta circa 900.000 iscritti. Fattasi portavoce delle loro esigenze, denuncia come, ad oggi, continui a mancare manodopera nei campi e il settore si trovi ancora in una condizione di difficoltà. In particolare, preoccupano le misure che prevedono la quarantena obbligatoria in isolamento per i lavoratori e le lavoratrici che arriverebbero in Italia da alcuni paesi dell’Europa dell’Est.
“Quantificare i bisogni delle aziende agricole in Italia non è facile, ma dalla nostra esperienza osserviamo la necessità di semplificare gli strumenti per l’assunzione dei lavoratori e delle lavoratrici stagionali”, a cui aggiunge l’esempio di quanto promosso nella Provincia Autonoma di Trento. “Grazie a un accordo tra l’ente, la Asl e le organizzazioni datoriali, è stato approvato un protocollo (poi impugnato dal Ministero della Sanità, ndr) che prevedesse la ‘quarantena obbligatoria attiva’.” La soluzione proposta per permettere ai braccianti di origine rumena e bulgara di lavorare nella raccolta delle mele è stata quella di stabilire accordi per far arrivare le persone sul luogo di lavoro e lì soggiornare con strutture, alloggi e mense separate, effettuare la raccolta in piccoli gruppi che rispettassero il distanziamento sociale senza entrare in contatto né con il resto dei dipendenti né con il contesto esterno.
Non si tratta di un modello replicabile altrove, poiché presenta numerosi limiti di tipo logistico e pratico, tuttavia De Lellis lo porta ad esempio della necessità di trovare una strategia per permettere alle aziende di assumere manodopera in maniera più snella. “Nel frattempo le persone hanno lavorato così e la raccolta delle mele è stata portata a termine” aggiunge il referente della Cia.
Il flop della regolarizzazione: poche le domande per l’emersione del lavoro nero in agricoltura
Una delle azioni messe in campo dal Governo per rispondere alla carenza di manodopera nel settore agricolo è la cosiddetta sanatoria di regolarizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici di origine straniera inclusa nel DL Rilancio dello scorso 14 maggio. Questa norma prevedeva la possibilità di sanare la posizione dei lavoratori e delle lavoratrici in nero, e di regolarizzare la condizioni delle persone di origine straniera senza permesso di soggiorno o con permesso di soggiorno scaduto che lavorano in Italia in tre settori: agricoltura, assistenza alla persona e lavoro domestico.
Secondo le stime della Ministra Teresa Bellanova, la platea di potenziali beneficiari della norma era di circa 600.000 persone, di cui la maggioranza sono proprio braccianti. Tuttavia, a conclusione della finestra temporale per la presentazione delle domande, il Viminale riporta che sono state presentate 207.000 istanze, di cui 176.000 relative all’emersione del lavoro domestico e solo 30.000 per il lavoro subordinato in ambito agricolo. De Lellis commenta i dati parlando di un vero e proprio flop: “dalla nostra esperienza, aggiungo che circa il 50% delle domande per il settore agricolo riguardano persone, soprattutto richiedenti asilo, con già un contratto di lavoro regolare, ma con il problema del titolo di soggiorno per effetto dei decreto Salvini su immigrazione e sicurezza.”
Il responsabile lavoro della Cia aggiunge che “il caporalato esiste ed è una piaga bruttissima del settore, i ghetti e le baraccopoli sono ancora piene e la sanatoria non ha dato i frutti auspicati anche perché non prevedeva misure di contorno.”
Carenza di manodopera, ma non soltanto
La mancanza di manodopera in agricoltura, dunque, resta un tema caldo. “In questo momento, cogliamo segnali preoccupanti soprattutto in Veneto e Piemonte, dove sono numerosi gli stagionali dell’Est Europa per cui sussiste l’obbligo di isolamento per 14 giorni prima di iniziare a lavorare. Ma a cascata si aggiungeranno anche altri territori a partire dalla Puglia per le olive, oltre alla vendemmia anche in Toscana, Campania, Puglia stessa, eccetera.” Dal punto di vista di De Lellis, la mancanza di manodopera non è un problema meramente quantitativo, ma piuttosto una carenza di misure concrete per far fronte alle criticità emerse con particolare forza quest’anno.
De Lellis aggiunge: “il problema sanitario fa sì che i lavoratori di origine straniera – sia comunitari che extracomunitari – non possano venire in Italia. Non c’è un decreto flussi che, gli anni scorsi, garantiva un canale di accesso per parte dei braccianti, e non tutti presenti sul territorio grazie lo scorso anno hanno avuto la possibilità di accedere a una proroga fino al 31 dicembre.” Tra le richieste rivolte al Governo da parte della Cia-Agricoltori Italiani, c’è infatti quella di una proroga al 31 dicembre 2020 di tutti i permessi di soggiorno stagionali, “assicurando ai tanti lavoratori extracomunitari presenti sul territorio italiano di continuare a svolgere l’attività nelle aziende agricole nel rispetto della legalità.”
[elementor-template id='142071']Per le aziende agricole la priorità è la flessibilità
Alla vigilia della vendemmia, Cia-Agricoltori italiani richiede nuovamente uno snellimento dell’attuale impianto del lavoro accessorio poiché l’obiettivo, condiviso con gli iscritti, è sviluppare un modello di reperimento della manodopera, di qualsiasi nazionalità, più agile e snello. Uno degli strumenti realizzati proprio in questi mesi è la piattaforma Restoincampo, tuttavia De Lellis pone l’accento sugli strumenti concreti per agevolare le assunzioni. “Pensiamo, per esempio, a strumenti come potevano essere i voucher cartacei, particolarmente utili per fronteggiare situazioni emergenziali. Il lavoro in agricoltura richiede per sua natura flessibilità e per cui non chiediamo di tornare indietro, ma di rendere più smart e agile l’attuale sistema di regolamentazione del lavoro agricolo, dimostrando di ascoltare davvero le priorità delle aziende del settore.”