Dire caponata fa pensare subito a due cose: Sicilia e melanzane. Se questo piatto, annoverato ormai tra le specialità della cucina italiana, è indissolubilmente legato alla terra sicula, un’altra certezza riguarda l’ingrediente che lo caratterizza. La melanzana, del resto, è uno degli ortaggi più tipici della regione, come testimoniano altre specialità iconiche del mangiare siciliano, quali la pasta alla norma o la parmigiana di melanzane – la cui tradizione accomuna gran parte dell’Italia meridionale. Ma se vi dicessimo che in origine l’ingrediente principe della caponata, da cui deriva persino il nome, non era affatto la melanzana? Curiosi di saperne di più? Vi invitiamo allora a leggere il seguito, dove vi porteremo a scoprire la storia della caponata siciliana e come è arrivata a essere il piatto che conosciamo oggi, con tutte le sue varianti provinciali e una ricetta per cimentarvi nel preparare la vostra versione casalinga.
[elementor-template id='142071']In principio (forse) fu il “pesce capone”
Le origini della caponata siciliana sono nebulose già a partire dal nome. Secondo alcune fonti, infatti, caponata rimanda a “caupona”, termine con cui ai tempi dell’Antica Roma ci si riferiva alle osterie-alberghi dov’erano soliti trovare ristoro i marinai. La caponata ricorderebbe quindi i pasti poveri che si consumavano abitualmente e che erano preparati con quanto offriva la stagione: perlopiù ortaggi conditi in olio e aceto da accompagnare con una fetta di pane e un bicchiere di vino.
Un’altra ipotesi porta invece al “pesce capone”, espressione dialettale con cui ci si riferisce alla lampuga. Una pietanza protagonista sulle tavole dell’aristocrazia locale ai tempi della dominazione spagnola in Sicilia era infatti costituita da un misto di pesce, tra cui appunto la lampuga, condito con una salsa agrodolce. I ceti meno abbienti avrebbero quindi tratto ispirazione da questo piatto sostituendo però il pesce, che non potevano permettersi, con le melanzane. Una storia che, tanto per restare in Sicilia, ricorda molto quella delle sarde a beccafico, con il pesce povero in quel caso a sostituire la più pregiata carne dei volatili (quali sono, appunto, i beccafichi). Ci sono però documentazioni storiche che contrastano con questa tesi, almeno per quanto riguarda l’origine del nome, e che portano altri studiosi a sostenere semplicemente che tutto derivi dalla radice greca “-cap”: un riferimento linguistico all’atto del tagliare, proprio come si tagliano gli ortaggi per questa preparazione. È certo invece che la caponata è entrata nell’uso popolare grazie alle melanzane, che ne sono diventate l’ingrediente principe. Insieme alla base agrodolce, unico elemento caratterizzante capace di mettere d’accordo tutte le diverse teorie sulle sue origini.
Le tante interpretazioni della caponata siciliana, specialità PAT
Melanzane dunque: prima tagliate a cubetti grossolani e irregolari, quindi fritte. Questa è la base, che viene poi amalgamata a una salsa di pomodoro, sedano, cipolla, capperi, olive, in alcuni casi anche basilico e frutta secca (pinoli e mandorle), con una marcata nota agrodolce ottenuta da una riduzione di aceto e zucchero. Si serve tipicamente come antipasto o come contorno, ma può diventare anche un interessante piatto unico vegetariano, specie se accompagnato con il pane, come si faceva una volta.
Fin qui tutto facile. Se non fosse che la diffusione capillare ne ha complicato la codifica in un’unica ricetta. Come tutte le preparazioni che passano attraverso la complessa rete di abitudini domestiche che da sempre caratterizza l’Italia, in ogni casa, prima ancora che in ogni paese e provincia, esistono interpretazioni diverse di questa specialità. Al punto che ne esistono oltre trenta versioni note. A partire da quella palermitana, forse la più conosciuta, in cui per la salsa si usa la passata di pomodoro e le olive devono essere denocciolate schiacciandole, in modo che siano intere. Nell’agrigentino ci sono i peperoni friggitelli a corroborare le melanzane, spesso le olive nere oltre a quelle verdi, le mandorle e una più marcata spinta agrodolce. A marcare la differenza, in questo senso, la presenza dell’uvetta sultanina, mentre il peperoncino aggiunge una nota piccante. Similmente a Trapani si usano molto le mandorle tostate e, fino a qualche anno fa, c’era ancora una forte tradizione legata alle tonnare, che storicamente abbondavano nel territorio e che si esprimeva nell’aggiunta delle parti meno pregiate del tonno. La versione messinese, a sua volta, prevede l’uso dei pomodori pelati, che la rendono meno sugosa: il pomodoro qui è più un ingrediente che si mischia agli altri e non l’elemento che avvolge e amalgama tutto. A questa classificazione piuttosto sommaria aggiungiamo anche varianti che prevedono l’uso dei carciofi e del succo di limone, con particolare riferimento al ciancianese (nella provincia di Agrigento), e la caponata di pesce spada. Nonostante a essersi affermata come specialità inclusa anche nel registro PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del MIPAAF sia quella a base di ortaggi, non è raro trovare ristoranti tipici che omaggiano l’antica versione di pesce.
Per dovere di cronaca, va precisato infine che esiste anche la caponata napoletana. Ma si tratta di tutt’altro tipo di preparazione, di fatto un’insalata fredda servita sulla tipica fresella. Una ricetta che ricorda più altri piatti freddi estivi come la panzanella toscana.
Caponata: la nostra ricetta
Nell’indistricabile galassia di ricette che compone l’universo della caponata siciliana, ci permettiamo, di seguito, di proporvi la nostra, che punta all’essenziale: solo melanzane e non peperoni, con l’accorgimento di utilizzare il concentrato di pomodoro. Il piatto acquisisce così una spinta di sapidità, lasciando però in evidenza i tanti ingredienti che lo compongono, di cui, in assenza del sugo, si riesce meglio a distinguere sapori e consistenze.
Ingredienti
- 3 melanzane ovali nere
- 200 g di olive verdi
- 100 g di capperi dissalati
- 3 gambi di sedano
- 2 cipolle
- 150 g di concentrato di pomodoro
- 100 g di zucchero semolato
- 1 bicchiere di aceto di vino bianco
- olio EVO q.b.
- sale q.b.
- acqua q.b.
- 6 fette di pane casereccio
Procedimento
- Dopo averle opportunamente mondate e pulite, tagliate le melanzane a tocchetti, friggetele in abbondante olio caldo e lasciatele a sgocciolare.
- Tagliate la cipolla a fette sottili e fatela appassire in padella con olio evo, poi lasciatela da parte.
- Tagliate a pezzetti i gambi di sedano e sbollentateli. Quando saranno cotti, scolateli e fateli rosolare nella padella dove avete precedentemente fatto appassire la cipolla.
- Dopo averle denocciolate schiacciandole, aggiungete le olive verdi intere e anche i capperi precedentemente dissalati.
- Concludete la preparazione aggiungendo il concentrato di pomodoro, lo zucchero, l’aceto e un bicchiere di acqua. Lasciate cuocere fino a che non si insaporisca il tutto (almeno 30 minuti).
- A questo punto aggiungete le melanzane fritte in precedenza, rimestate e spegnete il fuoco.
Una volta pronta, la caponata va lasciata raffreddare e servita a temperatura ambiente. Così gli ingredienti hanno tempo di armonizzarsi e il gusto si concentra facendosi più intenso. Questo aspetto ne rende ottimale il consumo anche il giorno dopo. Una volta raffreddata, si può infatti conservare in frigorifero per un paio di giorni.
Caponata: dove, come, quando?
Per gustare una buona caponata il suggerimento più ovvio è farlo direttamente nella sua patria, la Sicilia. L’ideale sarebbe un viaggio a tappe attraverso le varie realtà territoriali e paesaggistiche che la compongono, toccando quindi con mano le diverse interpretazioni di questo piatto. Trovarlo tra le proposte del menù è cosa abbastanza comune tanto nei ristoranti più raffinati quanto nelle osterie. Persino le gastronomie di paese o quelle dei supermercati ne preparano quotidianamente versioni da asporto. Dall’entroterra alla costa fino alle isole più remote: non esiste angolo della regione dove si corra il rischio di non trovare la caponata, come abbiamo visto parlando delle specialità di Pantelleria.
Ma un piatto così rappresentativo della tradizione siciliana può essere gustato anche lontano dalla sua terra d’origine, come ad esempio nei tanti locali di cucina regionale a Milano.
Va da sé che per la tipologia di ingredienti la caponata è un piatto tipicamente estivo. Nonostante sia ormai commercializzata in ogni momento dell’anno, la melanzana è un ortaggio tipico soprattutto dell’arco temporale da luglio a settembre. È in questo periodo che le varietà locali, tra cui la melanzana calice nero palermitana, la nera lunga e la violetta di Sicilia, danno il meglio.
E ora la palla passa a voi: vi siete ingolositi abbastanza da dirci qual è la vostra versione di caponata preferita?
Articolo scritto con il contributo della Redazione
Immagine in evidenza di: AS Foodstudio/shutterstock