di Alex Castelli.
La canocchia è un crostaceo lungo da 20 a 25 centimetri, di colore chiaro madreperlaceo con sfumature rosa o viola, il cui nome scientifico è Squilla mantis. L’ultimo segmento del suo corpo si chiama tecnicamente telson e ha bordi pungenti e dentellati, con due macchie nerastre che sembrano occhi. Sul torace ha due appendici con spine aguzze che usa per acchiappare le sue prede. Malgrado abbiano una funzione simile alle chele di altri crostacei, però, in realtà sono solo false chele. La loro somiglianza con gli arti della mantide religiosa, il noto insetto cacciatore, è la motivazione del nome scientifico “mantis”.
Abitudini e mercato
La canocchia vive sui fondali sabbiosi e fangosi costieri dei nostri mari, da 10 a 150 metri di profondità. È un animale solitario con abitudini notturne: di giorno vive in gallerie che scava nella sabbia, di notte esce per mangiare o riprodursi. Viene pescata con reti a strascico soprattutto in inverno, quando le sue carni sono più consistenti. Il motivo di questo aumento invernale è la presenza delle uova, che ne raddoppiano la parte commestibile. Essendo molto resistente anche al di fuori dell’acqua, se è fresca è facile che sia ancora viva quando la acquistate.
In cucina
La cicala è usata molto per le zuppe, tipo il cacciucco, ma la sua carne è buona anche solo bollita, privata della corazza e insaporita in una salsina di olio, limone, prezzemolo tritato e pepe. L’unico inconveniente è l’apertura, perché la corazza è molto spinosa. Per non farsi male il metodo migliore è usare una forbice per tagliare via le sporgenze laterali del guscio e poi tagliare i due margini laterali della coda. A quel punto, aperto delicatamente a libro il guscio, si può estrarre la polpa.
Nomi dialettali
canocia in Veneto e Friuli Venezia Giulia, cicala in Toscana, sparnocchio in Campania, caraviedde in Puglia, astrea in Sicilia, cicala di mare nel Lazio, balestrin o sigà de maa in Liguria, cannocia o cannocchia nelle Marche, càmbara de fangu o solegianu de mari in Sardegna.