di Martino Ragusa.
Moliterno, in provincia di Potenza, è un paese votato da sempre alla produzione dei formaggi. Pare che lo stesso nome derivi dal latinomulcternum che indicava il luogo di mungitura delle vacche. È anche conosciuto come luogo di stagionatura, tanto che fino alla metà del secolo scorso gli invecchiatori di formaggio usavano ritirare le forme di dieci giorni prodotte in pianura per portarle a dorso di mulo fino a Moliterno, dove erano affidate alle cure degli stagionatori moliternesi. Della loro abilità mi sono reso conto visitando il caseificio biologico di Maria Santoro. Il marito Vincenzo mi ha spiegato che i formaggi sono stagionati in cantine seminterrate con pavimenti in pietra e sempre composte da più locali, perché le forme fresche non sono mai messe negli stessi ambienti dove si trovano le forme più vecchie.
I locali sono sempre tre, uno per il formaggio fresco, uno per il semistagionato e uno per lo stagionato. In questo modo l’umidità delle forme fresche non interferisce con il processo di asciugatura delle altre forme.
Il Canestrato di Moliterno è prodotto con latte crudo di pecore lasciate allo stato brado o semibrado. La cagliata è ottenuta con caglio di capretto, è rotta con una spada di ciliegio e pressata con le mani per almeno mezz’ora nelle fascere di giunco che poi stamperanno sulla crosta il disegno caratteristico. La salatura si effettua a secco sulle forme continuativamente per 15-30 giorni. Le forme vengono fatte maturare per 15 giorni in ambiente fresco e poi lasciate stagionare per otto mesi come vi ho raccontato. La pasta è compatta e di colore tendente al paglierino. Il sapore è pieno, con una punta di piccante. È ottimo anche al forno con un filo di olio o di miele per chi ama il contrasto dolce-salato.