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Pausa pranzo fuori casa: troppe calorie nei piatti di ristoranti e fast food

 

 

Più di sei italiani su dieci pranzano fuori casa, durante la settimana e durante il weekend, almeno una o due volte al mese. Il 62,4% consuma anche la cena al ristorante con la stessa frequenza. Questo è quanto emerge dal Rapporto Annuale 2018 della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE) che sottolinea anche come nove italiani su dieci siano convinti che la loro salute sia strettamente connessa alla propria alimentazione e dichiarino di informarsi a proposito dell’origine e della qualità di quanto viene servito fuori casa.

Tuttavia tre recenti studi, realizzati all’estero, non riportano buone notizie: sembra, infatti, che i piatti di ristoranti e fast food presentino un profilo nutrizionale esageratamente calorico superando i limiti raccomandati per un pasto equilibrato. È vero che la quantità di calorie nel piatto e durante la giornata non è l’unico indicatore per stabilire se una dieta è sana oppure no, ma secondo i ricercatori è importante, almeno, essere consapevoli di quanto viene servito e chiamare in causa in ristoratori stessi, a cui viene richiesta una maggiore attenzione alla salute.

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Troppe calorie nei piatti di ristoranti e fast food: cosa dicono gli studi

È ormai opinione condivisa che seguire una dieta equilibrata sia fondamentale per la salute e, come confermano anche i recenti dati sulla malnutrizione infantile in Italia, abitudini alimentari scorrette, il consumo di cibi di dubbia qualità e l’eccesso calorico possono configurarsi a pieno titolo come fattori di rischio per lo sviluppo di sovrappeso e obesità. E la criticità di queste patologie è che possono portare, a loro volta, ad altre malattie come reflusso, problemi respiratori, difficoltà ortopediche e posturali, ma anche ipertensione e diabete.

La prevenzione passa, necessariamente, dalla tavola, ma non sempre è facile controllare ciò che si trova nel piatto. È vero soprattutto per tutti i lavoratori che trascorrono la pausa pranzo fuori casa e, quando non hanno l’opportunità di usufruire della mensa aziendale, si dividono tra la “schiscetta” portata da casa e bar, ristoranti e tavola calda. Proprio questa abitudine nasconde una nuova insidia, quella di trovare nel piatto, a pranzo come a cena, più calorie di quelle di cui ci sarebbe effettivamente bisogno.

Questo è quanto emerge da uno studio Tufts University di Boston su 111 ristoranti e fast food in India, Cina, Ghana, Brasile, Stati Uniti e Finlandia, confermato da quanto emerso da un altro articoli redatto dai ricercatori dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) di Atlanta che ha raccolto i dati negli Stati Uniti.

pausa pranzo fuori casa
baranq/shutterstock.com

Tutti i piatti superano le 600 calorie

II primo studio, pubblicato sul British Medical Journal, ha analizzato 223 piatti tipici di India, Cina, Ghana, Brasile, Stati Uniti e Finlandia che vengono abitualmente serviti da ristoranti, fast food e caffetterie. Si è scelto di misurarne la quota calorica e metterla a confronto con il numero di calorie consigliate per ogni pasto dal Servizio sanitario britannico, ovvero 600 Kcal, e con il fabbisogno medio giornaliero di un uomo adulto, ovvero 2100 Kcal. Il 94% dei piatti serviti nei ristoranti e il 72% di quelli proposti nei fast food supera abbondantemente la quota calorica di un pasto normale e, spesso, sfiora anche l’intero fabbisogno giornaliero.

Come sottolineano i ricercatori stessi, questo eccesso calorico non sarebbe un problema se fosse un’eccezione, ma i dati suggeriscono il contrario. Sia a livello globale che in Italia, sono molte le persone che scelgono o sono costrette a mangiare spesso fuori casa. Inoltre, come sottolinea Coldiretti, la tendenza comune è, una volta al ristorante, di scegliere il piatto più appetitoso e non necessariamente quello più salutare, anche per chi è più sensibile al tema.

Syda Productions/shutterstock.com

Meno alternative, più caloriche

È sempre dell’Università di Boston un altro studio i cui risultati sono stato pubblicati sul Journal of Academic Nutrition and Dietetics. In questo caso, sono state prese in esami le proposte dei soli fast food dal 1986 al 2016 negli Stati Uniti. In trent’anni, dunque, sono aumentate del 22% le alternative proposte ai clienti, ma le porzioni dei dolci sono 72 grammi più pesanti e, soprattutto, hanno 186 calorie in più.

Non è migliore la situazione degli antipasti e delle patatine fritte. Nel primo caso, la porzione ha 90 oggi calorie in più rispetto, nel secondo caso a crescere è anche il sale con un aumento del 12% delle quantità di sodio.

La criticità evidenziata non è soltanto l’aumento dell’apporto calorico di un pasto medio in un fast food, ma anche l’assenza di un corretto bilanciamento tra proteine, grassi, zuccheri e sale contenuti dai prodotti.

Mangiare fuori come fattore di rischio per l’obesità?

Il team di ricerca dell’area Prevenzione e controllo dell’obesità dei CDC ha analizzato, per una settimana, i pasti di 5.222 lavoratori statunitensi. I risultati, pubblicati in un articolo sul Journal of Academic Nutrition and Dietetics, sono preoccupanti perché il 23% degli intervistati ha mangiato fuori almeno una volta alla settimana e, in questa occasione da sola, ha ingerito in media 1.292 Kcal, ancora una volta ben oltre le 600 Kcal suggerite in media.

Non è solo la quota calorica a preoccupare, ma anche la tipologia di cibi che vengono mangiati in queste occasioni. I lavoratori statunitensi, infatti, al lavoro tendono a preferire alimenti ricchi di grassi saturi, zuccheri aggiunti e sale, tutti elementi che in eccesso possono provocare dei danni alla salute.

Per esempio, superare la quota di zuccheri aggiunti quotidiani consigliata dall’OMS (25 grammi per dì), incluso quello per dolcificare il caffè, per esempio, e quelli aggiunti durante la produzione industriale degli alimenti, può portare ad obesità, ipercolesterolemia, patologie cardiache e diabete.

Rawpixel.com/shutterstock.com

Cosa fa la ristorazione in Italia?

Entrambi gli studi chiamano in causa il mondo della ristorazione a cui viene chiesta una maggiore attenzione a quanto viene servito ai clienti, anche dal punto di vista delle calorie. Un appello che, in Italia, è già stato accolto da diversi locali che, principalmente, nelle grandi città, propongono piatti di cui è esplicitato il contenuto calorico e aiutano il consumatore  a scegliere in maniera più consapevole.

È così che, a Bologna, si può mangiare una Carbonara Evolution con le stesse calorie di un piatto di riso in bianco. A Roma, invece, è possibile fare una pausa pranzo a base di un Trancio di salmone al vapore con insalata di finocchi e tzatziki a sole 418 Kcal. Ancor più chiaro l’obiettivo di un ristorante torinese che propone piatti unici che, pane incluso, non superano mai le 500 calorie.

Sono sempre di più, quindi, i ristoranti che in maniera trasparente dichiarano al consumatore quello che mangia, sia in termini calorici che dal punto di vista dei macronutrienti. L’auspicio dei ricercatori è che questo trend si diffonda sempre di più, proprio perché una maggiore equilibrio dei pasti al ristorante, soprattutto per chi adotta questa opzione per la pausa pranzo dal lavoro, può essere un importante fattore per favorire la lotta globale contro l’obesità, non a caso definita come l’epidemia del millennio.

 

Avete mai fatto caso all’importo calorico di quanto consumate in pausa pranzo?

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