Quando si parla di caciovallo, a chi non abita in Sicilia viene subito in mente un formaggio dalla forma a fiaschetto, lunga e arrotondata. Per chi, invece è siciliano viene in mente tuttaltro formaggio. Sì, perché in Sicilia, per antica abitudine, questo formaggio viene preparato in grosse forme squadrate e prende il nome diCaciocavallo Ragusano per delimitarne l’area geografica di produzione. i pascoli sono ricchi di essenze ed erbe aromatiche che danno al latte e, quindi, al formaggio un gusto unico.
Questo formaggio ha una tipica forma rettangolare, a parallelepipedo (altezza 13-15 cm e lunghezza 40-45 cm), pesa normalmente più di 10 chili. È conosciuto anche con il nome di “quattro facci”, per la somiglianza con un mattone. Ha un sapore intenso che deriva dalle caratteristiche specifiche della zona in cui è prodotto, in cui i pascoli sono ricchi di essenze ed erbe aromatiche che danno al latte e, quindi, al formaggio un profumo ed un gusto unici e straordinari.
Le mucche infatti, trovano nei pascoli una ricca varietà di erbe, tra cui trifoglio, cicoria e camomilla selvatiche. A queste si aggiungono quelle contenute nel fieno, che gli allevatori preparano con cura ed attenzione miscelando insieme erba medica, avena e orzo. Questo fieno, anche se viene essiccato, conserva intatti i principi attivi dell’erba fresca grazie a un particolare trattamento che trova radici antichissime e che prevedono tempi e ritmi ben precisi: la mietitura in un giorno preciso, un breve periodo di essiccamento al sole e poi la realizzazione delle balle da trasferire nei fienili.
Questo formaggio viene prodotto quasi esclusivamente nella provincia di Ragusa ed in parte di quella di Siracusa coincidente per lo più con il territorio dei comuni di Rosolini, Noto e Palazzolo Acreide, e solo ed esclusivamente con latte vaccino intero ottenuto solo da mucche di razza Modicana.
Il nome pare derivi dall’antica abitudine di appendere, per la stagionatura, le forme di formaggio a cavallo di un bastone posto in orizzontale. Storicamente è uno dei formaggi più antichi dell’isola.
Questo formaggio dal sapore amabile e peculiare è stato oggetto sin dal XIV secolo di un fiorente commercio oltre i confini del Regno di Sicilia. Già nel 1515 Carmelo Trasselli nell’opera Ferdinando il Cattolico e Carlo V racconta di una esenzione dai dazi anche per il caciocavallo ragusano, già oggetto di notevole commercio. Sempre il Trasselli in Note sui Ragusei in Sicilia cita documenti notarili relativi al commercio via nave del caciocavallo.
Nell’opera “Giornale del Viaggio in Sicilia” risalente al 1808, l’abate Paolo Balsamo sottolineava la bontà dei bestiami di Modica ed i prodotti di cacio e ricotta, superiori di cinquanta per cento ai comuni, e di venticinque per cento ai migliori di Sicilia. Ulteriori notizie storiche sul caciocavallo ragusano le troviamo nel 1856 nell’opera diFilippo Garofalo Discorsi sopra l’antica e moderna Ragusa, in cui sono citate la fama e la squisitezza dei caci e delle ricotte del Ragusano.
Ed ancora l’antropologo Antonino Uccello nella sua opera “Bovari, Pecorai, Curatoli – Cultura Casearia in Sicilia” enumera le diverse tecniche di caseificazione dilungandosi su quelle relative al caciocavallo, di cui descrive sia le proprietà organolettiche, sia i modi d’impiego. Numerose ed ulteriori informazioni su questo formaggio possono essere assunte consultando altre pubblicazioni che indicherò in calce a questo articolo.
Il Ragusano è un formaggio semiduro a pasta filata. Il sapore è aromatico, gradevole, fusibile in bocca, normalmente delicato e tendenzialmente dolce quando il formaggio è giovane, mentre – con il prolungamento della stagionatura – diventa leggermente piccante. È molto utilizzato nella preparazione dei piatti siciliani (ad esempio ilCaciocavallo all’argentiera, ndr). Le forme presentano una crosta esterna sottile, liscia, di marcato colore paglierino. La pasta è omogenea compatta con una lievissima occhiatura, di colore bianco o giallo paglierino più carico all’esterno e meno carico all’interno.
Si consiglia l’abbinamento a Vini corposi quali, per il prodotto meno stagionato, il Marsala, mentre per quello semi stagionato o stagionato si consigliano l’Etna Rosso, il Cerasuolo di Vittoria, il Nerello Mascalese.
Un ottimo modo di gustare questo formaggio è anche quello di abbinarlo al miele o alle marmellate ed accompagnando con del vino moscato o passito.
Le tecniche di produzione del Caciocavallo Ragusano
Le tecniche di produzione sono fissate nel disciplinare di produzione (Provvedimento 29 luglio 2003 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali). Il latte viene filtrato in un grande recipiente di legno, spesso rivestito all’interno in rame detto staccio. Qui viene aggiunta la pasta di caglio d’agnello o di capretto pesata mediante un contenitore di legno detto pisaquagghiu (pesa caglio). La cagliata sarà pronta dopo più di un’ora. Viene quindi rotta in granuli della dimensione di una lenticchia con un’asta di legno che termina a forma di disco detta iaruozzu.
Contemporaneamente, viene aggiunta acqua a 80°C, per una prima cottura; quindi, la cagliata viene depositata dentro canestri (detti vasceddi) da cui viene fatto uscire il siero. Di seguito, viene eseguita una seconda cottura della cagliata, sempre a 80°C, che termina dopo un paio d’ore, utilizzando la scotta, residuo della ricotta. Infine, la cagliata viene riposta nei canestri per completare il filtraggio del siero e qui viene lasciata riposare per venti ore così da far maturare il giusto grado di acidità e il sapore. Trascorso questo tempo la pasta densa viene tagliata a fette e posta nello staccio, un altro recipiente in legno o in rame su cui viene versata acqua calda che serve a far filare la pasta.
Vengono così create le forme di caciocavallo mediante un contenitore di legno dettomastredda aiutandosi con delle piccole assicelle di legno, dette muoliti, per dare la forma tipica al formaggio che viene poi marciata con una formella di legno in cui è inciso a sbalzo il nome del produttore o, comunque, un segno distintivo che serva ad identificarlo. Questa tavoletta è detta ‘nzinca che equivale a marchio. Le forme vengono quindi immerse in piccole vasche di acqua e di sale per la prima salatura. Possono restare in questo stato di salamoia da due o otto giorni, a seconda del peso delle forme.
Infine, vengono portati alla stagionatura detti maiazzè, locali freschi, umidi e ventilati a volte interrati. Possono essere anche cantine e grotte naturali con pareti geologicamente naturali dove i formaggi vengono appesi in coppia a cavallo di una trave di legno legati con funi di liama o corde zammarra (entrambe fibre naturali). Nei centri di stagionatura avviene la seconda salatura, che dura circa trenta giorni. Al termine di questa fase le forme vengono controllate periodicamente. Il Ragusano viene lasciato maturare per un periodo che va da quattro mesi ad un anno, in base al tipo di stagionatura desiderato.
Notizie e peculiarità storiche sulle tecniche di caseificazione sono rinvenibili nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 9 giugno 1995, n. 133
Pubblicazioni citate:
- TRASSELLI, Ferdinando il Cattolico e Carlo V – L’esperienza siciliana, vol. I, 1475-1525.
- TRASSELLI, Note sui Ragusei in Sicilia 1530, estratto da Economia e storia, rivista italiana di storia economica, 1965.
- BALSAMO, “Giornale del Viaggio fatto in Sicilia”, 1808, Ristampa anastatica a cura del Rotare Club di Ragusa, Giugno 1969.
- GAROFALO, Discorsi sopra l’antica e moderna Ragusa, Stabilimento Tipografico di Francesco Lao, Palermo, 1856.
- UCCELLO: Bovari, Pecorari, Curatoli Cultura Casearia in Sicilia, Stass Palermo, 1980.
- Altre Pubblicazioni non citate:
- ARAS, I formaggi tipici di Sicilia Palermo, 1986.
- VIZZARDI-MAFFEIS, Formaggi Italiani, Edizioni Agricole 1990.
- ISTITUTO NAZIONALE SOCIOLOGIA RURALE, Atlante dei prodotti tipici: I formaggi, Franco Angeli, 1990.
- CNR: I prodotti caseari del Mezzogiorno, 1992.
- MINISTERO AGRICOLTURA E FORESTE I formaggi DOC italiani edito da UNALAT in collaborazione con l’INSOR, Franco Angeli, 1992.
- Indagine conoscitiva sulla tecnologia di trasformazione casearia del formaggio Ragusano Monografia a cura di Progetto Ibleo, Ragusa, 1997.