Boom ristorativo a Bologna: come valorizzare la città senza svenderla?

Boom d ristoranti a Bologna

L’Emilia, si sa, è una delle patrie italiane del buon cibo. In particolare, Bologna è conosciuta, tra le altre cose, per essere “la grassa”. Pare davvero così, se consideriamo che negli ultimi cinque anni i ristoranti in città hanno registrato un + 31,9%, tanto che qualcuno parla già di invasione del cibo, in riferimento al boom di ristoranti a Bologna.

Questa è la fotografia consegnata dai dati statistici della Camera di Commercio locale, che risolleva un dibattito attivo in città. Infatti, sono molti coloro che apprezzano la promozione turistica, che vede Bologna seconda per crescita (escluse le grandi mete turistiche come Venezia o Firenze), dopo Verona, con 664.000 presenze nel 2016, di cui quasi la metà straniera. Tuttavia, l’eccedenza di proposta gastronomica in centro è innegabile e rischia di sfuggire di mano, impoverendo il grande patrimonio culturale che la città può offrire, non solo a livello culinario.

Qual è la situazione, tra il fascino di Bologna che ha stregato anche The Guardian e The New York Times, le nuove aperture di ristoranti e le iniziative annunciate dal Comune per limitare gli investimenti di bassa qualità?

Vediamolo insieme.

Boom di ristoranti a Bologna: quantità o qualità?

Ristoranti di Bologna

I dati elaborati dalla Camera di Commercio di Bologna parlano di un settore ristorativo in grande crescita, di pari passo con quello turistico. Oltre al boom dei ristoranti a Bologna, l’aumento riguarda anche le caffetterie e i mercati alimentari. Ma si può trovare di tutto in città, dalla pizza gourmet ai ristoranti dove mangiare vegano.

L’imminente apertura il 15 novembre del più grande parco agroalimentare al mondo, ovvero FICO, contribuirà inoltre a rafforzare Bologna come capitale del cibo, attirando visitatori da tutto il mondo e rappresentando, come tutto il settore, una grande opportunità economica ed occupazionale.

Bene, ma non benissimo, perché in molti si chiedono che fine farà, di questo passo, l’identità della città e qual è il destino delle sue botteghe, della sua cultura, dal momento che nel centro storico c’è un ristorante (o locale) ogni 37 abitanti.

Città globali tra opportunità e danno

Tortellino Bologna

Chi frequenta città come Firenze, Venezia o Roma, per citarne alcune, sa bene che il rischio è quello di una spersonalizzazione totale del centro, a misura di turista, standardizzato e asettico, anche nelle (troppe) proposte gastronomiche.

A Bologna basta fare un giro in via Orefici o via Clavature nel weekend per rendersi conto che la paura che la quantità della proposta turistica possa prendere il sopravvento sulla qualità è più che fondata, dal momento che ormai può capitare, come avviene a Roma, che i camerieri nei tanti dehors si improvvisino anche “acchiappaturisti”, appostandosi sul marciapiede ed invitandoti ad entrare nel locale, per una cena o un aperitivo.

Tuttavia, pur con la necessità di combattere questi fastidiosi eccessi, l’apertura al turismo, con tutto ciò che questo comporta, misura la vivacità, la capacità di stare al passo con i tempi e il grado di accoglienza di una città e della sua comunità, le quali, a mio avviso, dovrebbero abbandonare l’atteggiamento nostalgico e smetterla di guardarsi l’ombelico, anche quando questo ha la magnifica forma di un tortellino.

Se gestito in maniera intelligente, questo “boom ristorativo” a Bologna può quindi rappresentare una forma di valorizzazione della città e del suo patrimonio. Che non è solo gastronomico.

Il Comune corre ai ripari e punta sulla qualità

Botteghe storiche Bologna
Riconoscimento editoriale: javarman / Shutterstock.com

Come avviene a Firenze, ad esempio, dove da qualche anno il Sindaco Nardella (con delega alla cultura) ha deciso di cambiare passo, puntando sul turismo di qualità, diversificando l’offerta e contrastando l’esperienza “mordi e fuggi”, anche nel cibo, così nella città felsinea l’amministrazione comunale ha aperto una riflessione sugli effetti che il boom dei ristoranti a Bologna e un’offerta a volte standardizzata ed eccessivamente “centrocentrica” possono procurare in termini di qualità. Per questo sono state avviate delle misure correttive, che mirano soprattutto a valutare con maggior rigore le concessioni date per l’apertura di nuove attività ristorative.

In particolare, l’assessore Matteo Lepore, con delega per la promozione della città, ha promesso limiti negli investimenti di bassa qualità e una maggiore attenzione all’offerta culturale e artistica cittadine: “vogliamo continuare a essere una città turistica senza svendere la qualità del nostro sviluppo” ha dichiarato recentemente al Corriere di Bologna, annunciando anche nuove iniziative per sostenere le botteghe storiche e artigianali, coinvolgendo non solo il centro, ma anche i quartieri.

Intanto, il 31 ottobre è stata presentata “Promenade a Bologna”, una pubblicazione, tradotta anche in inglese, per conoscere le bellezze della città, che sarà stampata in più di un milione di copie e distribuita in tutta Italia.

Vediamo cosa accadrà nei prossimi mesi; nel frattempo all’estero si sono già accorti di Bologna (soprattutto per il cibo, ma non solo).

The Guardian inserisce Bologna tra le capitali culturali

Bologna capitale culturale

Il quotidiano britannico The Guardian lo scorso 21 ottobre ha dedicato a Bologna un grande reportage, realizzando una guida per le vacanze con consigli su cosa fare e vedere. A parte l’imperdonabile dimenticanza della Fondazione MAST, il meraviglioso centro polifunzionale di arti, sperimentazione e tecnologia, l’articolo ricorda bene che Bologna è ottimo cibo, ma anche capitale culturale vivace e ricca di storia.  

Non è la prima volta che il capoluogo emiliano finisce sotto i riflettori, spesso diffidenti, della stampa internazionale. Nel 2015, infatti, fu The New York Times ad accorgersi di noi, proponendo una guida pratica su cosa fare 36 ore a Bologna. Sembra infatti che negli Stati Uniti le Due Torri spopolino e così il prestigioso quotidiano ha ricordato che Bologna è la sua antica Università, le lasagne e i tortellini (sempre apprezzati!), ma è anche la sua Cineteca, tra le più antiche e famose d’Europa, è la sua vita notturna e le grandi firme dell’alta moda.

Il centro di Bologna riserva delle sorprese

Bologna cibo tipico

È vero, tra il boom dei ristoranti a Bologna, gelaterie, pasticcerie e take away, il rischio è quello di diventare davvero la “città dei taglieri”. Tuttavia, nell’ampia e sovraffollata offerta del centro storico resistono realtà di qualità, moderne, ma non globalizzate, che rendono piacevole una passeggiata: dalle boutique di abbigliamento, all’arredo di interni, passando per piccole e deliziose gallerie d’arte e splendidi atelier di allestimento floreale. E anche il cibo, pur con alcune vie inevitabilmente turistiche dove l’unica offerta è rappresentata da taglieri di salumi (di media qualità), può riservare qualche sorpresa.

È il caso di osterie caratteristiche come quella del Sole, o di “Vâgh íñ ufézzí“ (che era l’antico modo di dire dei nonni bolognesi per indicare quando andavano in osteria e non volevano essere disturbati), ma vale anche per Signorvino, ad esempio. In questo caso, non si tratta certo di una proposta tipica, dal momento che è un franchising creato dal gruppo Calzedonia, ma l’idea è intelligente e vincente poiché non ha voluto approfittare, pur potendo, della splendida location su Piazza Maggiore per creare un locale anonimo e costoso, “spenna-turisti”: qui tutti possono gustare ottimi vini nazionali e un buon menù, vario e curato, da comporre in base alle proprie esigenze di gusto e di portafoglio. E per questo anche i bolognesi lo premiano, frequentandolo.

Mortadella Bologna

Insomma, a suon di #nonsolocibo (hashtag che a livello locale circola nell’ultimo periodo in riferimento al boom di ristoranti a Bologna) la situazione sembra ancora recuperabile e la speranza è che la città possa vincere la sfida di essere globale, senza perdere la propria identità locale. Di cui il cibo fa parte a pieno titolo, bisogna dirlo senza snobismo, del resto non è un caso che in molte parti d’Italia e del mondo la mortadella venga chiamata “la Bologna”, no?

Esperienze come FICO, ma anche realtà più piccole, ci ricordano che agricoltura e cibo sono cultura e sono eccellenze cui la storia di Bologna è intrinsicamente legata.
Cibo che in questa città è protagonista sempre, tra pizzerie, mondanità e progetti solidali, come nel caso delle Cucine Popolari, virtuosa realtà di mense sociali che vedono il coinvolgimento di aziende, associazioni di categoria, fondazioni private e cittadini per offrire pasti a persone in difficoltà.

E dal momento che parliamo di boom di ristoranti a Bologna, vogliamo chiudere consigliandovi 9 tra i migliori indirizzi dove gustare le lasagne…quelle vere!

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