Per tradizione, l’Italia è da sempre legata al vino, considerato un vero e proprio “patrimonio culturale” che ci ha resi famosi in tutto il mondo. Eppure, negli ultimi quindici anni, la cultura birraria ha conosciuto anche nel nostro Paese una crescita notevole, che sembra destinata a non fermarsi. I consumatori sono diventati più attenti, competenti e curiosi, stimolando così il mercato a evolversi, offrendo nuovi gusti e ampliando la gamma di tipologie di birra. Ma non solo: fioccano da Nord a Sud le birrerie e birrifici artigianali, dalla Toscana al Trentino Alto-Adige, dall’Umbria al Veneto, e anche le realtà che cercano di innovare il settore avendo bene a mente la sostenibilità ambientale, come nel caso delle imprese che producono questa bevanda riutilizzando gli scarti del pane. Insomma, anche in Italia la birra si sta prendendo la sua rivincita, e tra i tanti progetti virtuosi ci siamo imbattuti in Yeastime – The Art of Fermentation, una startup tutta italiana che, attraverso l’uso di sensori e onde meccaniche, riduce il tempo, il consumo e i costi energetici del processo fermentativo della birra. Conosciamola meglio!
Re-immaginare la fermentazione: la start up innovativa Yeastime
Secondo l’Annual Report di AssoBirra 2022, la pubblicazione di riferimento per tutto ciò che nel nostro Paese gravita intorno alla filiera brassicola, tutte queste innovazioni hanno contribuito a “raffinare” il palato collettivo degli italiani, creando un circolo virtuoso. Grazie a questo processo, l’Italia ha raggiunto il primo posto per la reputazione della birra tra i 27 Paesi europei analizzati nella ricerca Beer Image Tracker, commissionata dai Brewers of Europe nel 2022, e sempre nel 2022 i consumi hanno sfiorato i 22,3 milioni di ettolitri, mentre la produzione ha superato i 18 milioni di ettolitri.
È all’interno di questo panorama che nasce Yeastime, start up che è stata tra i 12 superfinalisti delle Global Finals Creative Business Cup 2022 tenutesi a Copenaghen e la vincitrice nazionale della Creative Business Cup Italia 2022. L’anno scorso ha anche vinto il prestigioso Premio nazionale Prepararsi al Futuro al Festival nazionale dell’Economia civile a Firenze per sviluppare il progetto. La giuria ha premiato Yeastime perché “prova ad andare oltre i limiti ed esprime la capacità coniugare innovazione, ricerca e sostenibilità integrale”.
Sono cinque giovani ricercatori, ingegneri e biotecnologi – Pierfrancesco Mazzolini, Ulisse Castellano, Alessandro Contaldo, Luca Buccarello, Federico Ortenzi – che si sono uniti e hanno dato vita a questa realtà, collaborando con l’Accademia di Roma Tor Vergata e coinvolgendo un’altra decina di collaboratori tra fisici, ingegneri e informatici. L’idea nasce nel 2021: forse complice la pandemia che ha spinto molte persone a produrre la birra in casa, anche i cinque ricercatori hanno iniziato a studiare i processi di ottimizzazione per la fermentazione della birra. Avendo però, al tempo stesso, ben chiara una consapevolezza: all’aumento dei consumi di birra in Italia si affianca un aumento dell’impatto ambientale del settore. Come spiegano in un video, “a causa della crescente domanda di beni fermentati, i processi di produzione che sono basati su colture cellulari liquide sono sempre più difficili da ottimizzare, quindi l’unica soluzione per andare oggi ad aumentare la biomassa complessiva è quella di ampliare le strutture, con una conseguente esponenzializzazione dei costi e dell’impatto ambientale”. I ricercatori hanno così l’idea di una fermentazione 2.0, “ideata per portare al mondo più birra in meno tempo e con emissioni ridotte”. Ma come funziona?
[elementor-template id='142071']La tecnologia di Yeastime
Yeastime risolve questi problemi alla radice, andando a rendere più produttivi i bioreattori, implementando quelli esistenti con una tecnologia stimolante, dinamica e facilmente applicabile a diversi tipi di microrganismi target senza aumentare costi e carbon footprint.
Ma facciamo un passo indietro. Per prima cosa, grazie al loro background in biotecnologie, ingegneria e informatica, i cinque ricercatori e biotecnologi hanno studiato approfonditamente la bioacustica, una scienza interdisciplinare che sposa biologia e acustica. In particolare, come homebrewers, hanno iniziato ad indagare l’impatto che alcune onde acustiche possono avere su processi biologici, conducendo test sui processi di fermentazione. In breve tempo, dai primi test domestici sono passati a lavorare nei laboratori dell’Accademia di Tor Vergata, dove sono stati avviati progetti di dottorato. Altri finanziamenti, provenienti dall’Università di Roma3, li hanno introdotti al mondo dell’imprenditoria, permettendo loro di avviare la startup e di ottenere un brevetto.
Ma in cosa consiste la tecnologia di Yeastime? Grazie agli studi di bioacustica, sono riusciti a ottenere una stimolazione meccanica tramite onde sonore applicate ai processi di fermentazione basati su colture cellulari liquide. Questa stimolazione avviene attraverso un dispositivo consumer-friendly, che si collega ai fermentatori esistenti. Il device diffonde onde sonore all’interno del bioreattore, aumentando le capacità metaboliche dei microrganismi responsabili del processo di fermentazione durante la loro fase di catalisi. Il risultato è una diminuzione del 30% del tempo di produzione, dei costi energetici e dell’emissione di anidride carbonica, senza intaccare le caratteristiche chimico-fisiche della biomassa finale che garantiscono la qualità e la fruibilità del prodotto.
Per andare incontro alla crescente domanda, quindi, la start up propone una tecnologia che permetterebbe di efficientare gli impianti già esistenti, senza produrre nuovi materiali di consumo, senza variare la genetica del microrganismo e senza alterare il mezzo. Più guadagni, meno impatto ambientale: potrebbe essere questo il motto di Yeastime, che ha cuore l’impronta ecologica e ambientale del settore. Non a caso, sul sito della startup è presente un form che permette di ottenere un report con il risparmio economico, energetico ed ambientale a seconda dei litri di birra prodotti al mese.
Insomma, la speranza è che, per il prossimo futuro, sempre più aziende e imprese guardino all’aumento delle proprie produzioni con un occhio di riguardo alle emissioni e all’impatto che queste generano.
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