La biodiversità agricola va difesa e tramandata, per il suo valore ambientale, culturale, economico e gastronomico. Si tratta di un concetto sempre più condiviso, ma che solo da pochi anni ha trovato spazio nel dibattito pubblico. Proteggere il patrimonio di colture e varietà che il sapere umano ha utilizzato e plasmato nei secoli, del resto, chiama le generazioni a una responsabilità storica, la cui urgenza è apparsa più chiara dopo decenni di omologazione, favorita dall’industrializzazione dell’agricoltura. Ma come si salva la biodiversità agricola e cosa possiamo fare nel concreto? Dopo gli approfondimenti dedicati ai frutti dimenticati, questa volta abbiamo intervistato Pietro Segatta, presidente dei Cercatori di semi, un’associazione senza scopo di lucro che recupera e diffonde sementi di varietà rare e antiche.
Biodiversità agricola: la storia dei Cercatori di semi
Riscoprire le colture del passato, a partire da quelle italiane e a rischio di estinzione, per diffonderle e ritrovarne i gusti e le caratteristiche. I Cercatori di semi sono una realtà recente, una non profit nata alle porte di Roma dall’unione di un piccolo gruppo appassionati di botanica, attenti alla sostenibilità, all’alimentazione sana e alle varietà antiche, soprattutto di ortaggi, e reduci da esperienze all’estero in Paesi in via di sviluppo. “In quelle aree del mondo, sono evidenti le difficoltà di un’agricoltura dominata dal latifondismo e da varietà commerciali, che di fatto obbligano all’uso di prodotti e trattamenti legati alle aziende che brevettano le sementi”, sottolinea Pietro Segatta.
Questo modello ha generato danni su larga scala, oltre a causare difficoltà di sostentamento ai coltivatori primari, che restano forzosamente legati al latifondismo e spesso non hanno le risorse per acquistare i fitofarmaci previsti da questo sistema.
Anche gli orti di casa possono rivelarsi preziose miniere di biodiversità agricola, un’importante eredità da conservare. Come abbiamo visto nei nostri approfondimenti sulla frutta dimenticata che non si trova in commercio, le varietà locali e di antica tradizione sono sempre meno coltivate, mentre le buone tecniche per produrre e conservare le sementi vanno perdendosi. L’impegno dei Cercatori di semi, quindi, è finalizzato a contrastare l’appiattimento di gusti, forme e colori che l’agricoltura industrializzata da anni sta generando.
Attività e progetti dei Cercatori
L’associazione romana produce, conserva e distribuisce sementi di orticole antiche raccolte e riscoperte, talvolta casualmente o con il contributo di volontari e cittadini. “Offriamo gratuitamente i semi di varietà tradizionali italiane, mentre per autofinanziarci vendiamo sul nostro sito quelle antiche provenienti da tutto il mondo, e spesso si tratta di piante dalle peculiarità uniche”. Prima di essere distribuite, le sementi devono avere una genetica stabile, e per questo vengono accuratamente testate.
“Nella nostra tenuta di 15 ettari curiamo orti, viti e un uliveto, tutto con metodi naturali, con impatto nullo o addirittura positivo – dal 2020 otterremo anche la certificazione biologica – utilizzando la rotazione delle colture. I terreni incolti, invece, sono destinati a pascolo per bovini ed equini che salviamo dall’abbandono e dagli allevamenti clandestini”.
Con il progetto Melissa, ispirato da una ricerca dell’Università di Pisa, l’associazione ha l’obiettivo di aiutare le api, con la coltivazione e la diffusione di piante che le sostengono, come la Vedovina maggiore (Cephalaria trannsylvanica).
I Cercatori di semi si occupano anche di divulgazione delle tecniche di produzione e conservazione in proprio delle sementi, anche allo scopo di coinvolgere gli appassionati nella coltivazione delle varietà da recuperare, nel contesto di un’agricoltura sostenibile. A queste attività, come vedremo meglio fra poco, si affiancano anche collaborazioni con associazioni e scuole.
La creazione di una banca del seme indipendente
In pochi anni, l’associazione è riuscita a costituire una banca del seme del tutto indipendente, che nel 2020 arriverà a contare 500 varietà stabili e sicure. Il contributo di sementi recuperate dai fondatori ha formato una base iniziale, alla quale hanno fatto seguito importazioni dall’estero, anche grazie alle forniture di associazioni europee e statunitensi, le seconde per antiche varietà coltivate dagli indigeni amerindi. Questa prima raccolta è stata poi arricchita da un’attività di ricerca sul territorio italiano, svolta dagli associati, che frequentano le manifestazioni di settore e contattano chi coltivava le piante.
Come afferma Segatta, “è fondamentale evitare le ibridazioni e mantenere intatte le caratteristiche salienti delle varietà, anche se è abbastanza comune il verificarsi di queste condizioni nei campi”. Anche per correggere contaminazioni simili, i Cercatori di semi testano le sementi prima della distribuzione, verificando la stabilità genetica oltre all’assenza di fitopatologie e parassiti. Solo le pianti più conformi alla varietà per caratteristiche morfologiche e biologiche vengono selezionate. Se tutti i requisiti vengono rispettati, l’anno successivo si eseguono prove di germinazione – la cui percentuale minima non deve scendere sotto l’85% – e si avvia la distribuzione.
“A volte il processo dura 2-3 anni, mentre in altri casi ne basta uno. Se invece in tre anni di prove non si raggiungono i risultati sperati, significa che la genetica è troppo ibridata e in genere la varietà viene scartata” precisa Segatta. Inoltre, “può capitare di fare scoperte interessanti. Ad esempio, analizzando varietà in una fiera tra l’Abruzzo e il Lazio, abbiamo individuato un cocomero con una contaminazione verificatasi all’inizio del Novecento con varietà importate dal Sud-Ovest degli Stati Uniti e il Nord-Ovest del Messico”. Le varietà di cocomeri dalle diverse forme e colori disponibile sul sito dei Cercatori, peraltro, è davvero sorprendente.
“Da un paio di anni, inoltre, è sempre più frequente il contributo di tanti cittadini che ci inviano sementi raccolte un po’ ovunque. Anche in questi casi, seguiamo il nostro iter di prova”. Altrettanto utile è lo scambio di sementi con altre associazioni, anche se si tratta di una strada meno battuta dai Cercatori. Recentemente, però, “grazie a uno scambio abbiamo recuperato un tabacco che si coltivava in un’antica serra di Torino, in passato usata dai Savoia e in seguito dismessa,” aggiunge Segatta.
La banca dei Cercatori di semi, per alcune specie, effettua anche conservazioni a lunghissimo termine, che prevedono disidratazione, sottovuoto e una temperature di -20 gradi centigradi.
Piani didattici rivolti ai più piccoli
Altrettanto significative sono le attività dei Cercatori di semi a favore dei bambini delle scuole primarie. Come precisa Pietro Segatta, “sin dalla fondazione, svolgiamo incontri e laboratori nelle scuole limitrofe, offrendo gratuitamente materiale didattico. Al momento seguiamo circa mille bambini – numero che vogliamo aumentare – che si dimostrano molto recettivi. Nelle loro mani, del resto, è il futuro della sostenibilità”. Negli incontri vengono mostrate specie attrattive, facili da coltivare anche in vaso, che necessitano di poche cure e dalla germinazione veloce, scelte per spiegare l’importanza della biodiversità. “Ad esempio, mostriamo varietà di mais di diverse forme e colori, in larga parte sconosciute al grande pubblico. Gli animali che salviamo dagli allevamenti clandestini – asini, cavalli e capre – li destiniamo a fattorie didattiche dove si pratica la pet therapy. Due cavalli e due asinelli, invece, abitano stabilmente la nostra tenuta”.
Biodiversità agricola: perché dobbiamo preservarla?
Questo concetto, come si accennava, sta trovando sempre più spazio nel dibattito pubblico, soprattutto in relazione alla salvaguardia ambientale e all’alimentazione sana e consapevole. Come afferma Segatta, “la biodiversità agricola è importantissima, soprattutto in questa epoca caratterizzata da uniformazione e restrizione delle coltivazioni a livello commerciale, della quale chiunque può rendersi conto facendo la spesa”. Mantenerla, infatti, significa preservare un patrimonio di gusti, storia e natura, nell’ottica di un’agricoltura sostenibile, che si adatta alle diverse condizioni climatiche con varietà specifiche, rifiutando un modello generalizzato, votato a piegare il territorio alle esigenze produttive. La biodiversità agricola, inoltre, rappresenta anche l’eredità del lavoro e dell’impegno delle persone, di chi prima di noi ha curato e tramandato queste varietà.
In questa sfida, “anche le piccole aziende hanno un forte impatto verso l’equilibrio ecologico complessivo. La nostra attenzione, non a caso, si sta spostando verso queste realtà, con varietà sostenibili e resistenti, adatte anche al piccolo commercio” aggiunge Segatta. I Cercatori di semi stanno recuperando circa cento varietà antiche italiane – alcune provenienti da areali locali assai stretti – molte delle quali al momento sono in fase di prova.
Ma cosa si intende per varietà antiche?
Su questa definizione, non di rado, si tende a fare confusione. Come sottolinea il presidente di Cercatori di semi, “talvolta chi conosce poco il mondo agricolo per ‘antiche’ intende solo le varietà con diversi secoli di storia. L’appellativo più corretto, innanzitutto, sarebbe ‘tradizionali’, al quale corrispondono colture che possono avere 50-100 anni. In linea di massima, si tratta di piante non commerciali e adattate ai pedoclimi locali, selezionate per la loro resistenza o per la qualità produttiva che offrono”.
Ad ogni modo, esistono varietà tradizionali davvero antiche, come la pastinaca, ricca di fibre e dalle preziose caratteristiche nutrizionali, come abbiamo visto nel nostro approfondimento sulle radici commestibili. Inoltre, aggiunge Segatta, “delle varietà acefale delle crucifere – come il cavolo riccio o il cavolo nero toscano – abbiamo notizie da almeno un millennio”.
Grani antichi e aspetti commerciali
Rispetto alla recente rivalutazione dei grani antichi, invece, Segatta evidenzia che “un prodotto ormai noto e affermato come il Senatore Cappelli, ad esempio, è un marchio registrato, aspetto che deve fare riflettere sulle dinamiche commerciali vigenti”. I Cercatori di semi si sono avvicinati ai cereali solo nell’ultimo anno, scegliendo di concentrarsi sul farro monococco – coltura dalle antichissime origini, rustica e sostenibile, diversamente da molti cereali ‘moderni’ – senza richiedere finanziamenti pubblici ed evitando impegni o vincoli con aziende sementiere e amministrazioni politiche. Non siamo contro il miglioramento genetico e il progresso tecnologico, semplicemente ci impegniamo per un’agricoltura italiana e sostenibile” conclude Segatta.
Cosa ne pensate dell’importanza della biodiversità agricola e del mantenimento delle antiche varietà?