“La mano del cuoco, forse, nel nostro gioco metaforico, può essere paragonata a quella di un drammaturgo, che durante la stesura di un testo dosa le sue ispirazioni prima di servirlo al pubblico. Come un cuoco, può creare quasi dal nulla una ricetta o elaborarne una dai sapori tradizionali per appagare chi lo avrà scelto, chi avrà scelto il suo piatto o il ristorante per cui lavora. Raramente un cuoco cucina solo per se stesso e così è, o dovrebbe essere, il risultato del lavoro di un drammaturgo.”
Così Antonio Latella, direttore del Festival Internazionale del teatro della Biennale di Venezia, spiega al numeroso, giovane e appassionato pubblico della biennale teatro 2019 il motivo per cui l’esito finale del lavoro svolto nei workshop della Biennale College – la scuola di formazione teatrale che ha pochi pari nel mondo e che alla fine della rassegna presenta una maratona teatrale di quattro ore – quest’anno è stata dedicata al tema della ricetta, “in molte delle sue possibili declinazioni.”
Biennale Teatro 2019: come portare in scena una ricetta
Ho visto queste performance di giovani attori (ne ho contati centocinquanta, che si sono alternati in sei spettacoli) e non mi sono mai annoiato. Guidati da registi e musicisti come Monica Capuani, Michele di Stefano, Thom Luz, Susie Dee, Julian Hetzel e Franco Visioli hanno ripercorso con grande valentìa i contenuti e le forme espressive che avevano caratterizzato l’intera attività della Biennale Teatro 2019.
Vedere una ricetta, in queste performance, non è stato, ammetto, facile. Mi sono sforzato, guardando bene tra i movimenti, i balli e i canti ma l’ermetismo e il simbolismo del teatro contemporaneo sono a volte insondabili. C’era una grande caffettiera parlante in scena, e a un tratto ho pensato che si stesse rappresentando la ricetta del tiramisù: ma senz’altro è stata la mia voglia di significati (o di dolci) a vederla. Sono a dieta, vedo tiramisù dappertutto.
Ma sto esagerando: gli spettacoli sono di alto livello e coinvolgenti. Chi ama il teatro non può mancare alla prossima biennale. La manifestazione, tra l’altro, si svolge nelle arene dell’Arsenale, uno dei posti secondo me più belli al mondo.
Prima della maratona dei giovani della biennale college c’erano state le due settimane di rassegna. Difficile consigliarvi un pezzo, anche perché non sono certo quanti di quelli programmati qui saranno nella prossima stagione nei teatri stabili. Di uno, però, sono certo, ed è uno spettacolo che se sarà nel cartellone del teatro della vostra città non potrete mancare. Si tratta di All inclusive, di Julian Hetzel. Un pezzo di bravura, divertente dall’inizio alla fine, ma capace anche di scuotere la nostra coscienza. Una canzonatura e una critica dell’Arte quando essa si fa merce, e quando riesce a trasformare in merce anche le sofferenze della guerra, qui quella siriana. “All Inclusive contrappone arte e guerra, turisti e profughi, realtà e immaginazione, in un viaggio attraverso lo spazio di una esposizione temporanea. Il pubblico è invitato a osservare una visita condotta all’interno di un museo dove la realtà reagisce. A volte si deve saltare dritti nel fango per sporcarsi le mani….”