Giornale del cibo

Il basilico è cancerogeno? Ecco cosa dicono gli studi

 

 

Il pesto alla genovese è uno dei piatti tipici italiani più amati all’estero, ma anche in tutto il Belpaese. Tuttavia, una ricerca risalente ai primi anni 2000, diventata di dominio pubblico successivamente poiché citata durante alcuni eventi e conferenze stampa, sembra suggerire che il basilico possa essere cancerogeno. Una notizia che ha scatenato una bufera e allarmismo tra i consumatori. Il basilico, però, non è stato inserito nella lista ufficiale dell’IARC dei cibi potenzialmente cancerogeni e i ricercatori stessi predicano prudenza, poiché la maggior parte degli studi a proposito della cancerogenicità del pesto sono stati effettuati sui topi. Inoltre, si pone l’attenzione sul fatto che vi è una grande differenza tra la quantità di basilico che potrebbe avere un’influenza negativa sull’organismo e quella normalmente consumata.

Per approfondire ulteriormente la vicenda, abbiamo contattato il dietista Francesco Arcidiacono e Giorgio Donegani, tecnologo alimentare, Consigliere e Past President di Food Education Italy.

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Basilico cancerogeno? Focus sul metileugenolo

La “scoperta” della potenziale cancerogenicità del basilico è avvenuta per caso nel 1999, quando al Centro di biotecnologie di Genova, era in corso una ricerca per svelare i segreti che rendono il pesto DOC così buono. L’indagine rivelò che nella ricetta originale si trovava una concentrazione di metileugenolo 600 volte superiore ai limiti considerati sicuri.

Questa sostanza, naturalmente presente negli oli essenziali e, appunto, nel basilico) è stata poi identificata come tossica per l’uomo l’anno successivo, nel 2001, da un report del Comitato scientifico della Commissione Europea.

La potenziale cancerogenicità è confermata anche uno studio successivo, ma è fondamentale osservare come si tratti di ricerche effettuate su una coorte di topi a cui è stata somministrata una dose di metileugenolo quotidiana 150 volte maggiore rispetto a quella assunta da una qualsiasi persona che mangi pesto anche due volte al giorno.

Altra nota interessante riguarda il fatto che il metileugenolo è presente in maggior quantità nelle piante più giovani, quelle che vengono effettivamente utilizzate per preparare il pesto alla genovese, ma non necessariamente quelle che si utilizzano per condire pizze, paste o insalate.

pesto di basilico metileugenolo
5ph/shutterstock.com

Metileugenolo nel basilico: dobbiamo preoccuparci?

Alla luce di questi dati, sorge spontanea la domanda a proposito della sicurezza o meno del consumo di basilico e pesto. Arcidiacono rassicura: “moltissime piante contengono naturalmente delle sostanze che servono a difenderle e che possono essere potenzialmente tossiche per l’uomo. Pensiamo, per esempio, alla presunta cancerogenicità delle tisane al finocchio per via della presenza di estragolo nei semi: ipotesi già smentita scientificamente.”

L’intervistato spiega come esista una differenza sostanziale tra l’analisi delle caratteristiche di una molecola singola, come il metileugenolo o l’estragolo, e l’alimento nel suo complesso. È il caso, in positivo, del caffè: “si è osservato come abbia delle proprietà protettive per il fegato, ma una volta analizzate tutte le molecole che lo compongono non è stato possibile isolare quella che ha questo effetto benefico. Di fatto il caffè ha una proprietà, sebbene non si possa dire lo stesso di nessuna delle sue molecole prese singolarmente.”

Un altro aspetto che secondo il dietista dovrebbe rassicurarci, è il fatto che, in generale, quando si fa riferimento a proprietà oppure controindicazioni di un determinato alimento, le quantità fanno la differenza. “In questo caso, gli studi dimostrano che il metileugenolo contenuto nel basilico è cancerogeno in dosi molto maggiori rispetto a quelle che possiamo trovare in un piatto di pasta al pesto, men che meno in una caprese condita con il basilico o in una tradizionale pizza margherita.”

sirtravelalot/shutterstock.com

Consumare il basilico in sicurezza…

Il pesto è salvo, dunque. “Non riscontro – spiega Arcidiacono – nessuna controindicazione al consumo di basilico dal punto di vista del rischio di sviluppare un cancro. Piuttosto suggerisco di non abusare del pesto. Più che altro perché, in virtù anche degli altri ingredienti classici, non si tratta di un condimento light e adatto a chi vuole seguire un regime alimentare ipocalorico o è interessato a perdere peso.”

…ma attenzione ai cibi cancerogeni!

“Mi sembra molto più rilevante – conclude l’intervistato – porre l’attenzione su tutti quegli alimenti la cui cancerogenicità è stata provata e confermata.” Esiste, infatti, una lista compilata e aggiornata dall’International Agency for Research on Cancer (IARC) che suddivide in quattro categorie, sulla base del rischio, gli agenti cancerogeni.

Nella lista troviamo, per esempio, i nitriti e i nitrati impiegati per la conservazioni dei salumi per esempio. È sconsigliato, inoltre, il consumo di birra, vino e superalcolici a cui viene associato un maggior rischio di sviluppare tumori del cavo orale.

Anche a proposito degli alimenti contenuti delle liste IARC, è fondamentale prestare attenzione ai dettagli relativi alle quantità e alla frequenza di consumo. Il semplice inserimento di una sostanza in questo elenco, infatti, non significa che quel cibo debba essere completamente bandito dalle tavole, ma andrebbe per esempio ridotto entro soglie più sicure. “È qui, piuttosto che sul pesto, che punterei la mia attenzione”, conclude Arcidiacono.

Natasha Breen/shutterstock.com

Il parere del tecnologo alimentare

Giorgio Donegani, interpellato da Il Giornale del Cibo riassume così la questione, rassicurando gli animi: “Si può consumare il basilico in sicurezza: esattamente come si può continuare ad assaporare le bevande alcoliche, nonostante sia provato il legame tra un loro consumo eccessivo e la comparsa di cancro, e si può continuare a gustare i salumi e il pesce sotto sale, anch’essi inseriti dallo IARC nel primo gruppo tra gli alimenti cancerogeni da moderare. Lo diceva Paracelso: è la dose a fare il veleno, e quando parliamo di pesto le dosi che potrebbero comportare un potenziale rischio sono praticamente irraggiungibili con un consumo normale. Ma c’è di più: conoscendo la potenziale tossicità dell’eugenolo, le aziende produttrici di pesto tendono oggi a usare le foglie delle piante più grandi che non ne contengono se non minime tracce e che, peraltro, sono convenienti anche sul piano dei costi.”

Avevate già seguito la polemica a proposito del pesto?

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