Tra i protagonisti della cucina regionale italiana, da Nord a Sud, c’è senza dubbio il baccalà. Si tratta di merluzzo nordico, appartenente alla specie Gadus macrocephalus o Gadus morhua, che si pesca nelle aree settentrionali dell’Oceano Atlantico e del Pacifico. I principali produttori sono, infatti, Islanda, Norvegia, Groenlandia e Isole Fær Øer, in cui da sempre elemento cardine dell’alimentazione. Oggi, tuttavia, l’Italia è il secondo paese al mondo per consumo di baccalà, preceduta in questo solo dal Portogallo, dove si dice che esista una diversa ricetta per ciascuno dei 365 giorni dell’anno. Ma come può un pesce della cultura nordica essere arrivato fino a noi, al punto di diventare la base di tante specialità nostrane? Scopriamolo in quest’articolo, insieme alle ricette tradizionali del baccalà.
Caratteristiche del baccalà: come si conserva e si prepara
Il baccalà si caratterizza per alcuni aspetti che lo rendono facilmente riconoscibile. A partire dal colore bianco perlaceo, dal lato privato della pelle. Un bianco troppo acceso potrebbe, tuttavia, essere indice della presenza di additivi chimici: sbiancanti e solfiti sono infatti ammessi entro un certo limite. Nelle versioni in vendita nella maggior parte dei supermercati se ne può verificare l’eventuale presenza in etichetta.
Ad ogni modo, elemento chiave della diffusione del baccalà in tante culture diverse da quella dei paesi dove ha origine è, senza dubbio, la conservazione. Per prepararlo, infatti, si priva il merluzzo della testa, lo si sfiletta e lo si sottopone quindi a salatura e stagionatura, processo che dura, in genere, almeno tre settimane, col baccalà che viene girato ogni pochi giorni affinché assorba il sale in maniera uniforme. Sono proprio quest’ultime fasi a renderlo un prodotto durevole nel tempo e in grado di poter essere facilmente esportato. Pur prosciugandosi molto, tuttavia, la polpa mantiene una percentuale di umidità intorno tra il 30% e il 35%, motivo per cui il baccalà va sempre conservato in frigorifero. Regola che vale tanto per la versione venduta sotto sale, sia per quella in ammollo. In quest’ultimo caso, il pesce è già stato dissalato ed è pronto al consumo. La più comune versione sotto sale, invece, va prima sottoposta ad ammollo per almeno due giorni, cambiando più volte l’acqua, per eliminare il sale in eccesso.
[elementor-template id='142071']La diffusione del baccalà in Italia
La diffusione del baccalà in Italia sembra essere avvenuta intorno al XV secolo ed è legata all’influenza della Chiesa Cattolica sulla cultura popolare. Essendo un alimento nutriente, altamente proteico, si è presto imposto come sostituto della carne, specie nei giorni di vigilia e nel periodo della Quaresima. Il basso costo, poi, ne ha decretato la fortuna anche tra le classi più povere. La straordinaria varietà di culture che ha da sempre caratterizzato il nostro paese ha dato luogo a diverse preparazioni, strettamente correlate alle materie prime locali. Ecco perché oggi il baccalà è protagonista dei piatti tradizionali della cucina italiana da Nord a Sud, con specialità che sono espressione della cultura del territorio.
Le ricette tradizionali del baccalà: 9 interpretazioni popolari italiane
Il baccalà si caratterizza per la sua polpa soda ed elastica, che non richiede cotture eccessive. In questo modo, si può apprezzare al meglio quella tipica tendenza a sfogliarsi sotto i denti, che viene esaltata dalle preparazioni in umido: in padella con un sugo a base di pomodori, olive e capperi o con un semplice soffritto di aglio, olio e peperoncino. O, ancora, è perfetto al vapore, ripassato poi in una crema a base di ceci. Ma in molte regioni, specie quelle del Sud Italia, è molto comune la versione pastellata o fritta. Al settentrione, invece, tra le più note c’è quella mantecata (con la polpa del baccalà che viene prima bollita e poi lavorata con olio, sale, aglio e limone sino a renderla un’emulsione cremosa), oltre all’abitudine di servirlo in umido accompagnato dalla polenta. Ogni territorio ha la sua ricetta, spesso legata alle sue tradizioni o ai prodotti che lo caratterizzano. Di seguito, andremo a vederne alcune delle più conosciute e apprezzate.
Baccalà alla vicentina e alla veneziana: si dice baccalà, ma baccalà non è
Iniziamo il nostro viaggio tra le ricette tradizionali del baccalà dal settentrione e lo facciamo concedendoci una deroga. Già, perché se non possiamo fare a meno di citare due grandi classici come il baccalà mantecato alla veneziana e il baccalà alla vicentina, in nome del quale esiste addirittura l’omonima confraternita. Va però detto che, a contrariamente a quanto il nome suggerisce, si tratta di specialità in cui la materia prima non è il baccalà, ma lo stoccafisso. Di base, si tratta sempre di merluzzo nordico, ma lo stoccafisso, diversamente dal baccalà, non è sottoposto a salagione, viene semplicemente lasciato essiccare.
Per il baccalà alla vicentina si procede con una prima rosolatura dei tranci di stoccafisso infarinati in un soffritto a base di olio, cipolle, sarde e prezzemolo. Poi, si aggiungono latte, Grana Padano grattugiato, sale e pepe, si ricopre tutto con olio e si lascia cuocere a fuoco dolce all’interno di un tegame (tradizionalmente di terracotta) per almeno 4 ore, mescolando di tanto in tanto. Il piatto si presenterà come una sorta di spezzatino morbido e saporito, con un generoso sughetto, solitamente servito insieme alla polenta.
Il baccalà alla veneziana è, invece, una sorta di emulsione. La polpa del pesce viene prima ammorbidita facendola bollire con acqua, latte e sale, poi la si riduce in pezzettini e si passa lavorarla energicamente con un cucchiaio di legno, aggiungendo olio, aglio, sale e pepe, fino a renderla una specie di crema, al palato morbida, avvolgente e dal gusto intenso. Anche in questo caso, è tipico l’abbinamento con la polenta, ma l’emulsione ottenuta ben si presta anche a essere servita su crostini di pane o bruschette, come si trattasse di un condimento.
Una preparazione simile è presente anche nella cultura gastronomica ligure. Si tratta del baccalà alla brandacujun, dove la mantecatura viene fatta a caldo con un trito che, oltre a patate, aglio, olio e prezzemolo, prevede l’aggiunta di sapori tipici del territorio, come i pinoli, le olive taggiasche e una spruzzata di limone a completare tutto.
Baccalà in agrodolce alla ligure
Sempre in Liguria, è diffusa una preparazione in cui il baccalà viene prima fritto e poi insaporito in una preparazione agrodolce. Dopo aver infarinato e immerso in olio bollente i pezzi di baccalà, li si lascia scolare e asciugare su carta assorbente. La cottura viene completata in una riduzione a base di aglio, salvia, vino bianco, aceto e zucchero. In questo modo, il sapore deciso del baccalà è avvolto da una patina dolce, come una sorta di caramellatura, con la crosticina dorata esterna che assorbe appieno i profumi e gli aromi della salsa.
Baccalà alla bolognese
Il gusto delle semplicità: così possiamo sintetizzare la versione del baccalà alla bolognese. I tranci vengono in questo caso fatti cuocere in padella con un soffritto a base d’olio, burro, aglio e prezzemolo, da completare alla fine con un po’ di succo di limone. Qui, non essendo il baccalà sottoposto a infarinatura, se ne apprezza appieno la consistenza soda e la piacevole tendenza a sfogliarsi sotto i denti.
Baccalà alla livornese
Spostandosi più a sud, sul versante tirrenico, si approda a Livorno, una delle più antiche città portuali italiane. E proprio in virtù di questo, fu una delle prime a toccare con mano un prodotto d’importazione direttamente proveniente dai freddi mari del Nord Europa. Al punto da farlo proprio, con una preparazione che è divenuta tra le più tipiche: il baccalà alla livornese! Per prima cosa, bisogna procedere riducendo il pesce in tranci. Dopo essere stati infarinati e saltati qualche minuto in padella con un filo d’olio, vanno a completare la loro cottura in un sughetto di pomodoro, con una base di soffritto d’aglio e cipolle. Al sughetto si aggiungono anche le patate tagliate a cubetti e, in genere, una spolverata di prezzemolo. Il baccalà alla livornese è dunque una versione in umido, con la polpa tenera, che si taglia facile e s’impregna della gustosa salsa in cui viene cotta.
Baccalà alla romana
Tipico piatto della vigilia di Natale, il baccalà alla romana si prepara al forno, coi tranci di pesce che vengono disposti su un letto di patate e cipolle condite a crudo con olio, sale e pepe e quindi ricoperto da una salsa di pomodoro, olive, pinoli e uvetta. La cottura avviene in forno, con gli ingredienti che quindi tendono a compattarsi, come una sorta di lasagnetta. Risultato: un delizioso contrasto di gusti, dove alla sapidità del baccalà e delle olive fa da contraltare la dolcezza dell’uva passa, con la nota tostata dei pinoli a completare tutto.
Baccalà alla napoletana
Nella versione tradizionale napoletana, il baccalà viene innanzitutto ridotto in tranci, infarinato e fritto. Dopodiché si cuoce in una teglia da forno con un sugo di pomodoro, preparato su una base di soffritto d’aglio, olio e peperoncino, cui si aggiungono olive, capperi e origano. Un piatto indubbiamente goloso, con la croccantezza del fritto intrisa della sapidità sughetto che l’avvolge.
Baccalà all’aviglianese
Ci spostiamo nell’entroterra lucano, nell’area collinare che si estende a nord della città di Potenza fino ai piedi del Vulture. Da qui, ha origine una delle preparazioni del baccalà che sa sintetizzare in un solo piatto il meglio del territorio. Stiamo parlando del baccalà all’aviglianese (dalla cittadina di Avigliano, dove annualmente, in agosto, si tiene la relativa sagra), che si prepara con uno dei prodotti più rappresentativi della Basilicata, il peperone di Senise IGP. Si tratta di una varietà di peperone dolce, che trova proprio nell’area dell’omonima località lucana l’habitat ideale per crescere e, soprattutto, per seccare. Il processo di essiccazione – coi peperoni legati a formare le tipiche collane dette serte – è favorito proprio dalle condizioni climatiche di quest’area, solcata dai fiumi Sinni e Agri, che fa parte del Parco Nazionale del Pollino.
Il baccalà all’aviglianese è semplicemente bollito e insaporito con i peperoni cruschi, fatti cioè rosolare in padella con aglio e olio. In questo modo, oltre ad assumere la tipica croccantezza e a impreziosirsi del sapore del soffritto di base, vanno a contrastare con la loro dolcezza la sapidità del pesce. Ne risulta un riuscitissimo matrimonio di gusto e di consistenze, a dimostrazione di come il baccalà abbia saputo fare breccia anche in aree ben lontane dal mare, integrandosi perfettamente con la cultura contadina, fatta di sapori rustici e ingredienti poveri.
Baccalà alla messinese
Concludiamo con la tappa più a Sud del nostro viaggio: la Sicilia, dov’è noto il baccalà alla messinese. Anche in questo caso, l’ingrediente di base è tradizionalmente lo stoccafisso, ma è ormai nell’uso comune prepararlo anche col baccalà, dal sapore tendenzialmente più delicato. Il baccalà alla messinese si presenta in umido, portato a cottura in padella con un corposo sughetto di pomodoro, cipolle, sedano, olive e capperi, cui si aggiungono poi le patate. Una specialità in cui la tenerezza del merluzzo viene letteralmente abbracciata da profumi e sapori tipicamente mediterranei.
Siamo arrivati alla fine, cari lettori: salpiamo dalla nave di questo ideale viaggio sulle rotte del baccalà, che dai mari del Nord ha saputo far breccia nel cuore della cultura gastronomica italiana, fino a diventarne un protagonista indiscusso. Tra le tante versioni che abbiamo visto, qual è la vostra preferita?