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Gli aromi del vino: tutto quello che avreste sempre voluto sapere!

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Vi sarà sicuramente capitato di ascoltare un sommelier che, durante una degustazione, descrive gli aromi di un vino, menzionando frutti esotici, spezie sconosciute, verdure dell’orto e cuoio. Ma è veramente possibile che tutti questi profumi si trovino contemporaneamente dentro ad un calice? Come ci sono arrivati? Se siete curiosi di scoprirlo, continuate a leggere: siamo pronti a svelarvi tutto quello che avreste sempre voluto sapere (e non avete mai osato chiedere) sugli aromi del vino!

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Da dove vengono gli aromi del vino?

Se degustando un calice di vino percepiamo note di vaniglia e chiodi di garofano, potremmo forse pensare che siano state aggiunte spezie in qualche momento della lavorazione. Ma è davvero così?
No, perché nel vino non vengono mai aggiunti aromi, naturali o artificiali, a meno che non si tratti di un prodotto appartenente ad una ristretta categoria di vini speciali, chiamati per l’appunto “aromatizzati”, di cui fanno parte ad esempio il Barolo Chinato o il Vermouth, solitamente consumati come aperitivo o digestivo.

Ma tutti i vini hanno sentori ben definiti e riconoscibili, che si formano in un momento compreso tra l’inizio della crescita del grappolo d’uva sulla pianta, e l’istante in cui abbiamo stappato la bottiglia! In realtà, in vigna, in cantina e in bottiglia si sviluppano categorie di aromi molto diversi – ma ci arriviamo tra poco. 

Prima infatti dobbiamo chiarire cos’è un profumo, e come facciamo a percepirlo, dal momento che si tratta di qualcosa di invisibile, impalpabile ed evanescente.

Aromi e profumi sono originati da una serie di composti chimici chiamati “molecole odorose”, che l’essere umano è in grado di riconoscere, anche se ognuno di noi ha una sua soglia di percezione.

Le molecole odorose sono di tipologie diverse, e per quanto riguarda il vino le più importanti sono:

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Quando si formano gli aromi del vino?

Abbiamo accennato poco fa che le molecole odorose si sviluppano durante l’intero ciclo di vita di una bottiglia di vino, a seconda delle tecniche produttive e l’invecchiamento. Ma non basta: i profumi  finali dipendono anche dal vitigno, tanto che alcune varietà di uve vengono proprio definite “aromatiche”.

La classificazione più famosa suddivide gli aromi in primari, secondari e terziari, a seconda del momento in cui si sono formati.

Sembra complesso? Proviamo a fare chiarezza!

Aromi primari

Sono aromi che dipendono proprio dalla varietà di uva e dalla fermentazione: comprendono infatti le molecole odorose e i precursori aromatici, cioè molecole che liberano un determinato aroma solo a seguito di processi chimici, come la fermentazione alcolica.

Danno origine a sentori floreali (come gelsomino, rosa e viola), fruttati (come mela verde, pesca, limone), e vegetali (come peperone e foglia di pomodoro).

Alcuni vini varietali (ottenuti da un’unica varietà di uva) che presentano tipicamente aromi primari, e che vengono prodotti con tecniche volte ad enfatizzare e preservare proprio questi profumi delicati e volatili, sono il Moscato d’Asti, il Gewurztraminer dell’Alsazia o dell’ Alto Adige, i Riesling tedeschi, i Sauvignon Blanc del Friuli, il Prosecco.

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Aromi Secondari

Sono quelli che si sviluppano dopo la fermentazione, nella fase detta di “affinamento”,  grazie ad alcuni processi che gli enologi attuano proprio per arricchire il bouquet del vino, oltre che renderlo capace di conservarsi più a lungo in bottiglia.

Queste tecniche di affinamento sono particolarmente importanti per dare carattere ai vitigni neutri, che sono più carenti di aromi primari.

Le più importanti sono:

Alcuni vini che hanno forti componenti secondarie sono i Borgogna bianchi (e tutti i grandi vini ricchi e complessi a base di Chardonnay, o altri vitigni bianchi neutri), i vini rossi in stile bordolese, ovvero a base di Cabernet Sauvignon e Merlot (ad esempio la zona di Bolgheri), e in generale tutti i rossi pensati per una lunga vita in bottiglia.

Aromi Terziari

Sono prodotti durante la fase di invecchiamento vero e proprio: grazie a processi ossidativi o riduttivi, infatti, gli aromi terziari si producono una volta che il vino è in bottiglia. Si tratta di essenza classificate come: 

Questi aromi sono particolarmente presenti nei grandi rossi con almeno una decina d’anni di invecchiamento in bottiglia alle spalle, come i grandi Barolo, Barbaresco, Amarone, Brunello.

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Gli aromi dell’uva: vitigni aromatici, semiaromatici e neutri

Non tutte le varietà di uva hanno aromi primari intensi e ben riconoscibili: si tratta dei “vitigni neutri”, famiglia di cui fanno parte come Chardonnay, Falanghina, Trebbiano, Nebbiolo, Pinot Nero, e molti altri. E’ proprio per questi vitigni che diventano particolarmente importanti gli aromi primari e terziari, e non è un caso infatti se tra i vini bianchi affinati in legno e sui lieviti troviamo così spesso degli Chardonnay, capaci di invecchiare a lungo in bottiglia.

Altri vitigni invece hanno profumi pronunciati e immediatamente riconoscibili: sono i “vitigni aromatici”. In questo caso, negli acini sono già presenti gli stessi profumi che ritroviamo nel vino finito; ad esempio, sia assaggiando un chicco di uva Moscato, che annusando e degustando un bicchiere di moscato, possiamo sentire uva fresca, fiori d’arancio, rosa.

I più importanti vitigni aromatici, oltre al Moscato, sono: Gewurztraminer, Malvasia, Brachetto.

Esistono poi varietà che hanno aromi abbastanza riconoscibili, ma non intensi e caratterizzanti come nelle precedenti: sono i “vitigni semiaromatici”, come Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon, Glera, Riesling.

Questi sentori caratteristici del vitigno vengono definiti “aromi varietali”.

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Come imparare a riconoscere i profumi del vino?

Partiamo dalla premessa che chiunque può imparare a riconoscere gli aromi del vino: il più delle volte si tratta solo di fare molta pratica! Al di là delle predisposizioni individuali, è utile allenarsi ad annusare e notare tutto ciò che mangiamo e beviamo, dal caffè, al cioccolato, ai cibi speziati, alle erbe aromatiche in giardino… insomma, tutti quegli odori “insospettabili” che però ci aiutano ad allenare l’olfatto.

Un buon esercizio, poi, è sforzarsi di annotare, anche solo sul cellulare, le note odorose che riusciamo ad individuare in un particolare vino, associando possibilmente una foto dell’etichetta per stimolare anche la memoria visiva: in questo modo, impareremo pian piano a ricordare quali caratteristiche contraddistinguono certi stili o certe varietà.

Suggeriamo inoltre di partecipare a serate di degustazione in cui vengono comparati vini simili, ad esempio provenienti dallo stesso vitigno o territorio, in modo da allenarsi a riconoscerli e memorizzarne il profilo aromatico.

Ci teniamo a rassicurarvi: non dovete diventare dei sommelier professionisti! L’ importante, infatti, non è scovare decine e decine di odori all’interno di un calice, ma coglierne i principali, riconoscendo a quale categoria o famiglia aromatica appartengono, in modo da vivere un’esperienza sensoriale appagante e coinvolgente, consentendoci inoltre di valutare la qualità e lo stile.

Ebbene, siamo riusciti a fare un po’ di chiarezza nel vasto mondo dei profumi del vino? Se avete ancora dubbi o curiosità, scriveteci nei commenti, non vediamo l’ora di sapere quali sono i vostri aromi preferiti!


Immagine in evidenza di: TSViPhoto/shutterstock.com

 

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