Gli aromi alimentari sono probabilmente gli additivi più diffusi tra i cibi industriali. Il loro utilizzo è disciplinato dalla legge, anche se le diciture generiche con le quali sono identificati fra gli ingredienti dei prodotti non sempre aiutano la comprensione da parte dei consumatori. Dopo esserci occupati della presenza e della nocività dei solfiti e dei nitriti, questa volta ci concentreremo sugli aromi alimentari, cercando di capire perché così spesso sono aggiunti ai cibi e quanto possono essere dannosi alla salute.
Aromi alimentari: cosa sono?
Gli aromi alimentari sono sostanze aggiunte soprattutto ai cibi industriali, per migliorarli o arricchirli sotto il profilo del gusto e dell’olfatto. Spesso si ricorre a queste sostanze per recuperare sapori degradati nel corso della produzione, oppure per prevenirne la perdita, che può verificarsi durante una lunga conservazione. L’utilizzo meno appropriato, almeno nell’ottica del consumatore, è invece quello che mira a cambiare o correggere drasticamente il gusto degli alimenti.
Gli aromi non hanno proprietà nutritive, ma possono rendere appetibile e piacevole un prodotto che di base sarebbe poco invitante o quasi insapore. Queste sostanze, tuttavia, non possono sostituire completamente sul piano organolettico gli ingredienti naturali. Nell’aranciata, ad esempio, l’impiego di aromi non può rimpiazzare del tutto il succo di arancia, che seppur in quantità ridotta, deve essere presente per la riconoscibilità sensoriale del prodotto.
Creare gli aromi
Gli aromi originari degli alimenti sono molto complessi, sul piano molecolare ancor più che sotto il profilo organolettico. Non a caso, sono centinaia le molecole che intervengono nelle definizioni aromatiche. L’industria degli aromi artificiali ricostruisce sinteticamente alcune delle molecole più “rappresentative” dal punto di vista sensoriale rispetto ai singoli alimenti, spesso combinando sostanze che hanno ben poco a che fare con i prodotti originari. Da queste difficili operazioni, curate da aromatieri esperti, dipende l’efficacia finale della sostanza formulata.
Aromi artificiali e aromi naturali
A prescindere dalla definizione legale riportata in etichetta – che tratteremo fra poco – queste sostanze si possono distinguere in tre tipologie.
- Aromi naturali. Si estraggono unicamente da materie prime naturali (frutti, fiori, radici, foglie, ecc.), che però possono apparentemente non avere nulla a che fare con il prodotto finito. Sono i più costosi e in genere i meno utilizzati, anche a causa della maggiore deteriorabilità rispetto agli aromi artificiali. Come vedremo in seguito, però, anche su questa tipologia di aromi pesano dubbi e critiche.
- Aromi artificiali. Si ottengono con processi chimici di sintesi e contengono alte percentuali di alcol; hanno un gusto molto più forte e greve rispetto agli aromi naturali e natural-identici. Fra questi, possiamo menzionare l’etilvanillina.
- Aromi artificiali natural-identici. Pur essendo aromi di origine artificiale, dal punto di vista sensoriale sono quasi uguali agli omologhi naturali, mentre sul piano chimico sono identici alle corrispettive molecole naturali. Sono preferiti dall’industria alimentare per la loro capacità di replicare i gusti naturali, per i costi ridotti e per la conservabilità. Fa parte di questa tipologia anche la vanillina. Si tratta di una sostanza molto diffusa nei dolciumi e nei gelati; rispetto all’etilvanillina è meno potente ma sul piano organolettico è molto più riconducibile al gusto della vaniglia naturale. Fino al 2003 gli aromi natural-identici potevano essere etichettati come naturali, ma le successive disposizioni li hanno classificati in base alla loro origine sintetica.
Gli appellativi e la disciplina europea
Nel corso degli anni, la disciplina sugli aromi alimentari ha subito modifiche e aggiornamenti. A livello europeo, il Regolamento 872 del 2012 e il 1334 del 2008 sono le disposizioni vigenti di riferimento. Nelle liste degli ingredienti dei prodotti contenenti aromi, possiamo notare che la voce relativa alla presenza di queste sostanze è sempre fra le ultime. Essendo estremamente concentrate, infatti, bastano quantità ridotte per esaltare il gusto di un alimento. Nei prodotti che li contengono, tuttavia, il loro ruolo resta decisivo per migliorare o costituire il gusto.
Sulle etichette possiamo trovare queste tre voci:
- “Aromi”. Quando l’etichetta non ha altre specifiche si tratta sempre di aromi artificiali, siano essi sintetici o natural-identici.
- “Aromi naturali”. Nel caso in cui gli aromi siano di origine naturale, la voce sarà sempre specificata.
- “Aroma naturale di …”. Questo tipo di dicitura, seguita da un materia prima naturale, ad esempio la menta, significa che almeno il 95% dell’aroma è effettivamente ricavato da quell’alimento.
Diversamente rispetto agli altri additivi, che devono essere identificati precisamente, per gli aromi alimentari sono sufficienti queste tre classificazioni generali. Per questo motivo, le etichette dei prodotti dicono ben poco riguardo alle sostanze eventualmente contenute.
Gli aromi alimentari fanno male?
Identificare e classificare il grado di nocività degli aromi alimentari è assai più complicato rispetto a quanto avviene per gli altri additivi. Le sostanze in questione – circa tremila – sono distinte, studiate e valutate per gruppi, secondo il tipo di struttura chimica. Per questi motivi, come a causa delle combinazioni fra diversi aromi, non è facile stabilire e definire precisamente quanto un determinato aroma sia nocivo. Da anni l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) sta svolgendo ricerche e valutazioni, tuttora in corso, per i numerosi gruppi di queste sostanze, raccogliendo dati e risultati in un grande database dedicato.
Gli esami sulle singole sostanze, invece, sono effettuati per rispondere a specifiche richieste della Commissione europea e di organi competenti. Le valutazioni dell’EFSA si concentrano soprattutto sulla potenziale genotossicità delle sostanze, ovvero sulla capacità di alterare e danneggiare l’informazione genetica delle cellule, che può causare tumori. Questi studi hanno permesso di identificare sostanze da bandire e altre sulle quali indagare ulteriormente. Alla ricerca sulla nocività degli aromi alimentari ha contribuito anche lo studio FACET (Flavourings, Additives and food Contact materials Exposure Task), coordinato dal professor Gibney dell’Università di Dublino.
Il caso degli aromi di affumicatura
Negli ultimi anni a richiamare l’attenzione delle ricerche sono stati gli aromi artificiali di affumicatura, sospettati di essere i più nocivi. Nel 2007 l’aroma denominato “prodotto primario FF-B” è stato ritirato dal mercato per accertata genotossicità, mentre sono in corso accertamenti sulla nocività dello “Zesti Smoke Code 10”.
Quelli naturali sono meglio di quelli artificiali?
Generalmente, gli aromi naturali ispirano più fiducia rispetto agli aromi artificiali. Anche se questo orientamento è sostanzialmente condivisibile, recentemente sui procedimenti di estrazione degli aromi naturali sono state sollevate alcune critiche. Fra i metodi estrattivi si annoverano tecniche fisiche, come ad esempio lo spremimento, ma anche procedimenti enzimatici e microbiologici. A suscitare più dubbi, sul piano della salute, sono però i metodi estrattivi che impiegano solventi chimici.
Secondo un rapporto dell’Environmental Working Group, un ente di controllo statunitense, gli aromi classificati come naturali contengono conservanti, solventi e altri additivi, che però non sono menzionati quando si riporta la presenza di queste sostanze in etichetta. Valutando la composizione e il potenziale contenuto di additivi, sono da preferire gli aromi naturali di origine precisa (classificati con la dicitura “aroma naturale di…”), meglio se biologici. Questa tipologia, però, a causa dei costi è di gran lunga la meno utilizzata dall’industria alimentare.
Sostanze nocive anche nelle spezie e nelle erbe…
Dopo aver sottolineato le criticità dovute a sostanze sintetiche e a procedimenti chimici, bisogna aggiungere una precisazione importante. Anche alcuni ingredienti naturali, come le spezie e le erbe aromatiche, possono celare sostanze nocive e tossiche. Fra queste, ne elenchiamo alcune, riportando l’alimento nelle quali sono contenute.
- Estragolo, nel dragoncello, nel basilico, nei semi di finocchio e di anice
- Mitileugenolo, nel basilico
- Cumarina, nella cannella
- Acido cianidrico, nella mandorla amara
- Mentofurano, nella menta
- Miristicina e apiolo, nel prezzemolo
Può far riflettere il fatto che l’aggiunta negli alimenti di queste sostanze aromatizzanti naturali sia vietata dai regolamenti europei. Senza inutili allarmismi, in genere è bene non eccedere anche nell’uso di spezie ed erbe aromatiche, specialmente nell’alimentazione dei bambini e delle donne incinte o in allattamento.
Aromi alimentari: cosa fare?
L’indicazione di massima, anche al netto dei futuri risultati delle ricerche, è quella di limitare il più possibile il consumo di alimenti contenenti aromi, a maggior ragione se di origine artificiale. Da preferire sono i cibi freschi o comunque senza aromi aggiunti. Oltre alla potenziale insalubrità di queste sostanze, bisogna tener presente che un cibo per il quale è stata necessaria l’aggiunta di queste sostanze non può essere ritenuto un prodotto di alta qualità. Come si ricordava, infatti, l’utilizzo degli aromi è sempre una sorta di ripiego per migliorare l’appetibilità.
Va detto, però, che anche per gli aromi vale il principio della quantità: è sempre la dose a fare il veleno. Un’attenzione in più nell’evitare cibi contenenti aromi si dovrebbe riservare per l’alimentazione dei bambini e delle donne incinte o in allattamento. Per i più piccoli, propensi a consumare dolciumi e bibite, contenere l’ingestione di aromi alimentari può non essere facile. I cibi fisiologicamente esenti da questi additivi sono pochissimi, specialmente fra i prodotti lavorati. Bisogna ricordare, infine, che gli aromi sono contenuti non solo negli alimenti. Anche i cosmetici, i prodotti per la pulizia e i tabacchi sono fonte di esposizione.
Dopo questo approfondimento sugli aromi alimentari, può essere interessante leggere le nostre precedenti pubblicazioni sulla nocività di determinate sostanze contenute nei cibi, come i nitriti, i solfiti, l’acrilammide e il biossido di titanio.
Fonti:
EFSA – Autorità europea per la sicurezza alimentare
Regolamento CE 1334/2008
Regolamento CE 872/2012
Environmental Working Group
FACET – Flavourings, Additives and food Contact materials Exposure Task