di Alex Castelli.
Il caffè è un rito, un mito, una consuetudine, uno stile di vita. Soprattutto per noi italiani è un immancabile compagno di risveglio, ma non solo. Il caffè è gustato al bar o in casa, nel coffee-break al lavoro o alle macchinette self-service, ma è anche rappresentato, immaginato e raccontato in tutti i modi in pubblicità, telefilm, commedie e racconti. Fa parte ormai della nostra identità, soprattutto nella sua versione espresso. Ma forse non conosciamo abbastanza le origini di questa eccitante bevanda.
Il seme è prodotto da un arbusto della famiglia delle Rubiacee, laCoffea. Per la produzione di caffè si coltivano soprattutto due specie: l’Arabica e la Canephora (Robusta). Le specie coltivate in realtà sono circa 60, ma oltre all’Arabica e la Robusta vengono commercializzati solo i chicchi di altre due specie, la Liberica e la Excelsa.
L’Arabica è la varietà più pregiata e diffusa al mondo. Per farsi un’idea, basta pensare che i ¾ della produzione mondiale di caffè sono di Arabica.
La Robusta è chiamata così per la sua capacità di resistere al caldo e ai parassiti. Cresce bene, infatti, nei bassopiani tropicali anche ad altitudini basse, intorno ai 300 metri. L’Arabica, invece, è più sensibile al caldo e all’umido, e cresce ad altitudini superiori ai 900 metri. Le sue origini sono rintracciabili nelle regioni montuose dell’Etiopia. La qualità aumenta con la quota di coltivazione: più è alta, migliori qualità organolettiche avrà il chicco tostato. Le piante di Arabica prosperano in terreni ricchi di minerali, meglio se di origine vulcanica. Il clima ideale è quello con una temperatura media di 20°C.
Si possono distinguere i caffè di Coffea Arabica da quelli diCoffea Robusta valutandone le qualità. I primi sono profumati, dolci e leggermente acidi. Se fatti bene, hanno una crema nocciola e una gradevole punta di amaro. I secondi invece sono poco profumati e più amari, con crema marrone tendente al grigio. La quantità di caffeina è maggiore nella varietà Robusta (1,6-2,5% contro lo 0,9-1,3% dell’Arabica), la cui produzione si concentra in Asia (Vietnam e Indonesia, soprattutto). Il chicco di Arabica è allungato, di colore giallo-verdino nei caffè naturali e verde-blu nei lavati; quello di Robusta è tondo, giallo bronzo nei naturali e verde nei lavati.
La differenza fra i caffè naturali e i lavati consiste nel procedimento di separazione dei chicchi dalla polpa della drupa, il frutto che li contiene. È rosso, lucido e carnoso, molto simile a una ciliegia. Ogni drupa contiene un nocciolo formato da due metà, i veri e propri chicchi. La separazione può avvenire a secco, e si ottengono i caffè naturali, o in umido, e si ottengono i caffè lavati.
Nel primo caso le drupe vengono essiccate al sole per 15-20 giorni, poi separate dai semi con dei setacci appositi. Nel secondo invece viene usata l’acqua, spruzzata ad alta pressione per eliminare i residui di polpa dopo un trattamento grossolano iniziale di separazione. I caffè naturali sono più corposi e per questo preferiti per l’espresso, anche se esteticamente meno belli dei lavati.
L’Arabica è prodotta soprattutto in Brasile, primo produttore al mondo con più di un terzo della produzione totale: 5 miliardi di piante, 35-45 milioni di sacchi all’anno, il 10% del PIL e il 20% delle esportazioni, 5 milioni di persone impiegate, 300.000 produttori. A seguire, i principali produttori di Arabica sono la Colombia e il Guatemala. I paesi africani, come il Kenia o l’Etiopia, hanno invece una produzione di Arabica in quantità modeste, ma che spicca per l’ottima qualità.