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Le uova da allevamento all’aperto sono sicure?

Negli ultimi anni l’allevamento all’aperto è tornato in auge, soprattutto in seguito alla crescente sensibilizzazione verso il benessere degli animali, in genere trascurato dagli allevamenti intensivi in spazi ristretti. In seguito all’epidemia di influenza aviaria che ha portato all’abbattimento di migliaia di capi di pollame, però, il consenso verso questa forma di zootecnia, più simile alle condizioni naturali, sembra essersi attenuato. Come mai?
Dopo esserci occupati del recente caso delle uova contaminate da Fipronil, oggi  approfondiremo i vantaggi e i possibili rischi determinati dall’allevamento delle galline ovaiole all’aperto, considerando le ultime rettifiche apportate alla normativa europea che disciplina questa forma di zootecnia.

L’allevamento delle galline ovaiole all’aperto nella UE

Prima di entrare nel merito dei vantaggi e degli eventuali rischi dell’allevamento all’aperto delle galline ovaiole, è utile chiarirne gli aspetti fondamentali secondo le normative europee vigenti, ovvero il Regolamento 589 del 2008, recentemente modificato dal testo 2168 del 2017.

Secondo la legge comunitaria, sostanzialmente, le uova da allevamento all’aperto devono essere prodotte in aziende che durante il giorno consentano alle galline un accesso continuo a spazi esterni, muniti di aree con vegetazione per offrire riparo agli animali. La densità massima, inoltre, non deve mai superare il limite di una gallina per quattro metri quadri, mentre gli spazi esterni non devono estendersi oltre un raggio di 150 metri dall’apertura più vicina del fabbricato. Tuttavia, è consentita una distanza fino a 350 metri nel caso in cui sia presente un numero sufficiente di ripari – almeno quattro per ettaro – distribuiti omogeneamente sull’area all’aperto.

Il regolamento del 2008 prevedeva anche un periodo di deroga per vendere le uova prodotte in allevamenti di questo tipo, nei casi di limitato accesso delle galline all’esterno, in seguito all’applicazione di restrizioni a difesa della salute pubblica e degli animali stessi. Dopo i casi di influenza aviaria in Europa, la Commissione ha allungato questa deroga e tra poco vedremo i punti salienti delle ultime modifiche.

Gli ultimi provvedimenti

Rispondendo a un’interrogazione al Parlamento europeo, alla fine dello scorso novembre, la Commissione si è espressa contro la necessità di revocare l’autorizzazione del Fipronil come medicinale veterinario, pur manifestando la volontà di prevenirne l’uso illegale attraverso accertamenti negli Stati membri interessati. Anche perché, come abbiamo approfondito in un nostro articolo, nel novembre scorso, lo scandalo Fipronil ha causato un calo dell’approvvigionamento nella grande distribuzione.

Alla decisione sul discusso farmaco, si può idealmente collegare una riduzione dei tempi minimi per poter dichiarare in etichetta l’allevamento delle galline ovaiole all’aperto – stabilita dal Regolamento 2168 del 2017 – se i capi sono stati cresciuti in una zona soggetta a casi di influenza aviaria, e quindi sottoposta a limitazioni precauzionali del movimento all’esterno.

uova da allevamento a terra

In sostanza, la menzione “allevate all’aperto” riportata sulle confezioni di uova è permessa anche se le galline hanno razzolato per un periodo inferiore a 52 settimane nell’arco dell’anno. In base al regolamento del 2008, infatti, i produttori potevano dichiarare l’areale libero anche se gli animali non avevano accesso allo spazio aperto per un massimo di 12 settimane. Con questa variazione, invece, questo periodo può arrivare fino a 16 settimane.

La disposizione, approvata il 25 novembre scorso, sottende l’allerta per i rischi dovuti all’influenza aviaria, ma anche un collegamento fra questa epidemia e la vita degli animali fuori dagli spazi chiusi.

Allevamento all’aperto e influenza aviaria

Il cambiamento sui tempi massimi all’interno di spazi chiusi fa seguito alle preoccupazioni degli allevatori europei, in relazione alle possibili perdite economiche per l’allevamento delle galline ovaiole all’aperto. La riduzione del tempo outdoor, pertanto, ha lo scopo di limitare l’eventualità di contatto con uccelli selvatici migratori, riconosciuti come vettori della patologia. Questa scelta, apparentemente, stride con le norme Ue sulle uova allevate all’aperto, in base alle quali le galline dovrebbero avere accesso diurno continuo alle zone scoperte.

Rispetto alle precedenti disposizioni e a queste misure di contrasto all’aviaria, quindi, le uova così prodotte avrebbero dovuto essere vendute come provenienti da galline allevate al chiuso, con evidenti perdite economiche per gli allevatori. La deroga in questione, inoltre, si applica sugli allevamenti e non sulle intere regioni, per consentire alle aziende che hanno introdotto nuovi esemplari durante la restrizione di usufruire interamente del vantaggio.

La vaccinazione del pollame non basta

Come riporta l’Unione nazionale delle filiere agroalimentari di carni e uova (Unaitalia), sembra che nemmeno la vaccinazione dei capi sia sufficiente per arginare l’aviaria, che muta e si sviluppa con diversi ceppi del virus, aspetto sottolineato dal Ministro dello Sviluppo nazionale di Singapore Koh Poh Koon. Nel frattempo le ricerche per contrastare l’AVA continuano, per definire protocolli efficaci e dall’impatto limitato.

L’allevamento delle galline ovaiole

Prima di considerarne i vantaggi e gli eventuali rischi, è bene definire meglio le caratteristiche dell’allevamento delle galline ovaiole all’aperto, confrontandole con quelle delle altre forme di zootecnia, sulle quali spesso i consumatori non hanno le idee molto chiare. Se si parla di allevamento dei polli da carne, invece, possiamo consigliare il nostro approfondimento incentrato sulle criticità relative all’approccio intensivo.

Allevamento a terra convenzionale

Si tratta del sistema che in gran parte ha sostituito l’allevamento in gabbia, la forma meno naturale e più inaccettabile per il benessere degli animali. Sappiamo che quando si acquistano le uova al supermercato questa modalità di allevamento è sempre specificata in etichetta, anche per mostrare la maggiore genuinità del prodotto.

Con questo sistema, le galline sono tenute all’interno di edifici a piano unico o a piani multipli, con accesso a piattaforme situate a diverse altezze. Secondo quanto stabilito dall’Unione europea, la densità di allevamento non deve superare i nove esemplari per ogni metro quadrato di spazio utilizzabile.

Le galline dispongono di spazi in comune e possono muoversi liberamente, pur sempre nei limiti dettati dalla densità. Devono anche essere forniti loro posatoi, lettiere al suolo e nidi con un superficie grattabile. Rispetto alle gabbie, chiaramente, questo sistema migliora la vita delle galline, che possono avere una maggiore libertà di movimento e comportamenti più simili a quelli naturali, anche se permangono alcune criticità dovute all’affollamento, agli spazi chiusi e all’illuminazione artificiale.

Dal 2012 stop alle vecchie gabbie

In Europa, il divieto di utilizzare gabbie di vecchia concezione è stabilito dalla Direttiva 1999/74/CE, in base alla quale dal primo gennaio 2012 le gabbie dove vengono tenute le galline ovaiole devono comunque garantire uno spazio di almeno 750 centimetri quadrati, un nido, una lettiera, posatoi e dispositivi per accorciare le unghie. Anche in mancanza di allevamento a terra o all’aperto, quindi, si è cercato di soddisfare i bisogni biologici e comportamentali minimi di questi animali. Nonostante il lungo periodo di transizione prima dell’entrata in vigore di queste disposizioni – quasi tredici anni – l’avicoltura europea ha tardato nell’adeguarsi pienamente alla direttiva.

Outdoor convenzionale e biologico

Entrambe le soluzioni consentono alle galline l’accesso all’esterno almeno durante il giorno, con un minimo di quattro metri quadri disponibili per ogni capo nel caso dell’allevamento convenzionale. L’allevamento all’aperto biologico, invece, nella fase indoor prevede che la densità non superi i sei esemplari per metro quadro, con un tetto di tremila animali per allevamento, mentre lo spazio all’esterno sale a dieci metri quadrati per capo, anche per rispettare un limite più restrittivo sullo sversamento di nitrati, sostanze contenute nelle deiezioni dei volatili. Inoltre, non viene spuntato il becco, pratica adottata negli allevamenti al chiuso per evitare che gli animali si feriscano, durante i possibili scontri dovuti agli spazi ristretti.

Allevamento amatoriale e vendita diretta

Bisogna precisare che finora abbiamo trattato aspetti relativi soprattutto all’allevamento industriale o su larga scala, ma è utile soffermarsi anche sulle produzioni da allevamento all’aperto di piccole dimensioni, che grazie alla diffusione dei mercati contadini sta riscontrando sempre di più il gradimento dei consumatori.

Negli allevamenti non professionali – che di per sé non sono necessariamente una garanzia di qualità – in genere il pollame vive pascolando liberamente, con la possibilità di comportarsi nel modo più naturale.

Secondo il Decreto ministeriale 11/12/2009 un pollaio da non più di cinquanta galline ovaiole è esonerato dagli obblighi sulle norme di commercializzazione delle uova, che in questo caso non deve sottostare alle modalità di timbratura, classificazione per categoria, qualità e peso, confezionamento e stoccaggio previsto per le uova industriali. Se il nome e l’indirizzo del produttore vengono indicati nel punto vendita o comunicati all’acquirente, insieme alla data di deposizione, le uova non devono essere marchiate con il codice di origine.

Le imprese non professionali entro le cinquanta galline, inoltre, sono le uniche che possono effettuare la vendita diretta della uova al consumatore finale, senza dover sottostare alle regole previste per le normali attività commerciali. Secondo il D.Lgs. 228/2001, questa tipologia di commercializzazione si può svolgere:

  1. in forma itinerante o mediante commercio elettronico;
  2. all’interno dell’azienda agricola o su aree private;
  3. su aree pubbliche o in aree aperte al pubblico;
  4. nei mercati contadini.

Se invece il pollaio è costituito da un numero di esemplari compreso fra 51 e 250, pur non essendo necessario classificare le uova per categoria, qualità e peso, vanno segnalati il codice aziendale e la tipologia di allevamento (0 = biologico, 1 = all’aperto, 2 = a terra, 3 = in gabbia) tramite timbro sul guscio, da effettuarsi presso il produttore, nel primo punto di imballaggio

Per i pollai che contano più di 251 ovaiole, invece, è necessario classificare le uova per categoria di qualità e peso, e le aziende devono dotarsi di un centro di imballaggio riconosciuto a norma del Regolamento CE 853/2004, che fissa norme specifiche in tema di igiene per gli alimenti di origine animale. Per saperne di più su questi aspetti, possiamo consigliere il nostro approfondimento sulla tracciabilità delle uova.

Pro e contro dell’allevamento all’aperto

In sintesi, ecco quali sono le conseguenze dell’allevamento delle galline ovaiole all’aperto sul piano pratico.

Meno stress per gli animali

Confinare il pollame in spazi troppo ristretti aumenta i rischi collegati al sovraffollamento, come l’aumento dell’aggressività e della litigiosità degli animali, che possono provocarsi ferite facilitando la diffusione di infezioni. L’allevamento all’aperto, viceversa, diminuisce drasticamente queste eventualità, migliorando il benessere e la salute generale delle galline, che crescono più robuste e resistenti, sia alle avversità climatiche che alle malattie. Come è facile capire, inoltre, anche l’aria e la luce naturale giovano agli animali, ai quali vengono forniti siepi e alberi per avere aree naturali di riparo, per proteggersi dai predatori e dalle avversità climatiche.

Un’alimentazione migliore

La possibilità di pascolare e becchettare all’aperto rende la nutrizione del pollame più ricca e completa, eliminando anche i rischi di zuffe al momento del pasto, causate dalle gerarchie e dall’affollamento tipici degli allevamenti intensivi al chiuso.

Parassiti e predatori

Inevitabilmente, il tempo trascorso all’aperto espone maggiormente il pollame agli attacchi di cani, rapaci, volpi e altri predatori. Inoltre, anche se la salute dei capi potrà migliorare, l’allevamento all’aperto favorirà il contatto con uccelli selvatici, magari attirati dalle mangiatoie, possibili vettori di malattie e parassiti. Nelle zone con casi di influenza aviaria, gli escrementi degli animali selvatici malati possono facilitare il contagio delle galline allevate.

Di questi aspetti, e di molte altre tematiche legate al mondo del food, si è discusso all’ultima edizione del Festival del giornalismo alimentare, approfondendo il quadro delle politiche alimentari per il 2018, anno del cibo italiano.
In merito ai rischi dovuti all’aviaria e più in generale legati all’igiene, infine, il sistema dei controlli e le indicazioni ministeriali offrono garanzie sufficienti per sentirsi sicuri ed evitare un allarmismo insensato.

Dopo questo approfondimento sull’allevamento delle galline ovaiole all’aperto, può essere interessante leggere il nostro articolo sulla salubrità delle uova.

 

Fonti:
ANSA
Compassion in World Farming – Ciwf
Regolamento UE 589/2008
Regolamento UE 2168/2017
Direttiva 1999/74/CE
Decreto ministeriale 11/12/2009
D.Lgs. n. 228 18/5/2001
D.Lgs. n. 267 29/97/2003
Regolamento CE 1234/2007
Regolamento CE 853/2004
Ministero della Salute
Unione nazionale delle filiere agroalimentari di carni e uova – Unaitalia
The Poultry Site
Terra è vita
Novital

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