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Il salmone fa male? Caratteristiche, allevamento e salubrità

Specialmente durante il periodo natalizio, il salmone è uno dei pesci più apprezzati e richiesti dal mercato ittico, che si rifornisce soprattutto grazie agli allevamenti. Da tempo, però, l’acquacoltura di questa specie è aspramente criticata, per il forte impatto ambientale e per i dubbi sulla salubrità delle carni.
Ci siamo già occupati della trota, sottolineando le peculiarità positive di questo pesce e delle produzioni italiane. Questa volta, invece, cercheremo di saperne di più sul salmone da allevamento, per capire se fa male alla salute e all’ambiente, in relazione alle modalità di itticoltura applicate su larga scala.

Salmone: caratteristiche e ciclo vitale

Prima di capire quali sono le criticità nell’allevamento del salmone, è interessante saperne di più su questo pesce, noto anche per la particolarità del suo ciclo vitale. Le specie maggiormente interessate dalla commercializzazione a scopo alimentare sono il salmone atlantico (Salmo salar) e il salmone rosso del Pacifico (Oncorhynchus nerka), anche se è il primo di questi dominare il mercato mondiale, a maggior ragione quello europeo. In natura, è presente in tutta la fascia centro-settentrionale dell’Oceano Atlantico, ma è stato introdotto anche in alcune aree dal clima simile in Sud America, Nuova Zelanda e Australia. Nel Mediterraneo, invece, è completamente assente.

salmone

Il salmone atlantico fa parte della famiglia dei salmonidi come la trota, dalla quale si distingue soprattutto per le dimensioni maggiori – fino a 1,5 metri e 50 chilogrammi – oltreché per la forma della testa e delle pinne. Questo pesce può vivere anche più di dieci anni, anche se gli esemplari selvaggi mediamente raggiungono età inferiori. Si tratta di una specie che allo stato selvatico affronta lunghe migrazioni, cambiando notevolmente di aspetto.

La riproduzione e la prima fase della crescita avvengono nelle acque fredde e più a monte dei fiumi, mentre lo stadio adulto e la maturità sessuale vengono raggiunti in mare. Il salmone atlantico, comunque, può vivere anche nei laghi dell’emisfero settentrionale, riproducendosi nei fiumi immissari. L’alimentazione, che si basa su crostacei, molluschi, vegetali e piccoli pesci, viene interrotta durante la fase di risalita delle acque dolci prima della riproduzione, che si compie in inverno, nello stesso luogo dove gli esemplari sono nati.

In natura, il ciclo vitale dei salmoni è minacciato dall’inquinamento e dalla costruzione di sbarramenti artificiali e dighe, che possono impedire la migrazione lungo il corso dei fiumi. Un ulteriore danno alle popolazioni è rappresentato dalle ibridazioni fra esemplari selvaggi e allevati, e fra specie autoctone e pesci alloctoni introdotti a scopo commerciale. Nel nostro approfondimento sulla trota, Giuliano Gandolfi ci ha parlato di questo aspetto, che mette a grave rischio la biodiversità, favorendo anche la diffusione di parassiti originariamente non presenti negli ecosistemi locali.

Salmone d’allevamento: peculiarità e mercato 

Il salmone è fra i pesci più pregiati e ricercati, per le sue carni molto gustose, morbide e dal tipico colore rosato. Il valore commerciale, pertanto, è molto elevato, con una commercializzazione che interessa gli esemplari selvaggi – più pregiati e costosi, pescati con reti da posta – e quelli allevati, che costituiscono la gran parte delle vendite e sono molto meno costosi. Negli ultimi anni la diffusione globale del sushi e del sashimi – preparazioni nelle quali il salmone è spesso protagonista – ha ulteriormente incrementato la richiesta di questa specie, che è anche la più utilizzata per l’affumicatura. Su scala globale, il salmone si proviene soprattutto da Norvegia, Scozia, Cile, Canada e Alaska. Il Salmo salar si pesca e si alleva soprattutto nei primi due Paesi citati, con la Norvegia che detiene il primato mondiale.

Per comprendere se l’allevamento del salmone comporta rischi per salute e ambiente, ne vanno approfondite le caratteristiche, spesso additate dalle recenti critiche. Questo tipo di acquacoltura si pratica da più di un secolo, ma è stata affinata negli anni Sessanta, per poi diffondersi in tutti i Paesi climaticamente idonei a ospitare il salmone atlantico.

Le uova vengono fatte schiudere in bacini di acqua fresca e, nel caso della tecnica off shore, dopo uno sviluppo di almeno un anno i giovani esemplari vengono trasferiti in mare all’interno di gabbie galleggianti, di forma circolare e dal diametro generalmente compreso fra i dieci e i trenta metri, per una profondità di dieci metri. La tecnica in shore, invece, prevede il trasferimento in vasche interrate, nei pressi delle coste.

I salmoni vengono nutriti con piccoli pesci, o più spesso con mangimi dedicati, in genere a base di farine animali e cereali, per 12-24 mesi, fino a portare a termine l’accrescimento e procedere con la pesca.

A seconda del tipo di commercializzazione, i salmoni possono essere eviscerati e surgelati, per favorire la conservazione nelle fasi di trasporto e scongiurare il rischio di infestazioni da anisakis. In linea di massima, gli esemplari che arrivano sui nostri banchi del pesce sono decongelati, quindi vanno consumati al più presto e non possono essere rimessi in freezer.

Allevato Vs Selvaggio

Come si accennava, il salmone selvaggio è più pregiato e costoso rispetto agli esemplari d’allevamento, che hanno carni più grasse, uniformi e dal sapore standardizzato a prescindere dalle dimensioni, a causa dell’alimentazione monitorata. Anche iI colore rosato dei filetti, così apprezzato, viene ottenuto con formulazioni specifiche dei mangimi, mentre in natura dipende dalla dieta ricca di crostacei. Nel nostro approfondimento sulla trota, il dottor Gandolfi ci ha spiegato il caso analogo che riguarda la cosiddetta trota salmonata.

Fra le specie selvagge, il salmone reale (Oncorhynchus tshawytscha), tipico del Pacifico settentrionale e pescato in Alaska, è il più quotato, grazie al gusto eccellente e alla taglia superiore. Il mercato dei salmoni selvatici, inevitabilmente, segue la stagionalità della pesca, che si pratica fra maggio e ottobre. Negli altri mesi, con il calo della disponibilità, i prezzi aumentano, e si ricorre maggiormente ai pesci allevati. Come abbiamo visto in un nostro precedente approfondimento, anche il mercato del tonno rosso segue questa logica.

Il salmone fa male?

Prima di tutto, va considerato il contenuto nutrizionale delle carni di questa specie.

Profilo nutrizionale

Ecco cosa contengono 100 grammi di salmone crudo; fra parentesi, invece, è specificato il profilo nutrizionale indicativo dopo la cottura.

Oltre ai dati qui presentati, va specificato che i grassi del salmone sono prevalentemente polinsaturi, con alte percentuali di omega 3, mentre è notevole anche il contenuto di vitamine del gruppo B, come quello di provitamina A e minerali.

Critiche e dubbi

Considerando i valori appena riportati, sembrerebbe immotivato affermare che questo pesce fa male. Tuttavia, gli aspetti presi in esame dalle critiche riguardano l’allevamento del salmone e prescindono dal suo profilo nutrizionale. Anche Slow Food si è espressa negativamente in questo senso e, in sintesi, ecco perché alcune considerazioni meritano di essere valutate attentamente.

  1. Da tempo si parla della possibile presenza di PCB (policlorobifenili) nelle carni dei salmoni allevati. Si tratta di sostanze chimiche cancerogene, la cui pericolosità dipende anche dal livello di accumulo nell’organismo. In merito a questi componenti, sembra che i salmoni del Pacifico siano meno contaminati, tuttavia gli studi non sono concordi e ci sono pubblicazioni che tendono a rassicurare su questo aspetto, come nel caso di due ricerche pubblicate su Health e su Science News.
  2. Parallelamente, anche i mangimi con farine ottenute da scarti di carni animali sono accusati di contenere PCB, oltreché di peggiorare le proprietà nutrizionali del salmone, impoverendone il prezioso profilo lipidico.
  3. Il terzo filone di critiche, ultimamente passato in secondo piano rispetto ai punti precedenti, riguarda i salmoni geneticamente modificati per favorirne l’accrescimento. Su questo aspetto, però, sono state costruite fin troppe teorie fantascientifiche in attesa di dati certi, e ad ogni modo la presenza di OGM nei cibi deve essere sempre segnalata in etichetta.
  4. Il salmone fa male all’ambiente? L’allevamento comporterebbe un impatto notevole, superiore a quello di altri tipi di acquacoltura, a partire dai consumi alimentari dei salmoni in relazione al loro accrescimento. La produzione di scarti e rifiuti organici sarebbe altrettanto gravosa, tale da spingere a un utilizzo consistente di antibiotici e farmaci per evitare la diffusione di parassiti e malattie. In un nostro approfondimento di siamo occupati del cosiddetto ‘mal di sushi’.

Salmone: sì o no?

In Italia le polemiche sul salmone si sono riaccese in seguito a una puntata di Indovina chi viene a cena del 27 marzo 2017, su Rai 3, che evidenziava le problematiche appena citate. Non si sono fatte attendere le repliche del Norwegian Seafood Council, che ha contestando l’approccio dell’inchiesta – ritenuto insensatamente allarmistico e senza reali basi scientifiche – sottolineando alcuni aspetti importanti. Eccoli in sintesi.

  1. Il Comitato scientifico norvegese per la Sicurezza alimentare (VKM) nel suo rapporto del dicembre 2014 ha confermato che i benefici sulla salute umana relativi al consumo di pesce superano nettamente i potenziali rischi derivanti dalla eventuale presenza di sostanze inquinanti.
  2. Il salmone allevato, in questo senso, sarebbe avvantaggiato, in quanto alimentato con mangime controllato scrupolosamente, sotto la supervisione dell’Istituto di Ricerca norvegese sulla Nutrizione (NIFES). Le ricerche dimostrerebbero che i contaminanti nel salmone allevato sono ampiamente al di sotto dei limiti stabiliti sia in Norvegia sia nell’Unione europea, nonché inferiori rispetto agli esemplari selvaggi. In sostanza, il salmone non fa male ed è attestato come un pesce sicuro e sano.
  3. In merito al benessere degli esemplari, la normativa norvegese prevede che una singola rete off shore contenga almeno il 97,5% di acqua, rispetto a un massimo del 2,5% di pesce, per consentire ai salmoni le migliori condizioni di crescita e benessere. Pertanto, si nega l’impostazione intensiva della quale spesso si parla. L’Autorità norvegese supervisiona l’industria durante le sue attività, affermando che la quasi totalità degli allevamenti mostrano uno stato ambientale buono o ottimale. Negli ultimi anni, inoltre, le quantità di sostanze chimiche impiegate per contrastare i parassiti si sarebbero quasi dimezzate.

Scegliamolo di qualità

Come abbiamo visto, non c’è totale concordanza fra i pareri scientifici sull’allevamento del salmone. Molte delle critiche presentate non sono prive di fondamento, anche se l’eccessivo allarmismo di un’informazione poco approfondita non ha giovato alla conoscenza dei consumatori. Anche al netto degli attestati di sicurezza norvegesi – comprensibilmente un po’ di parte – resta il tema dell’impatto ambientale degli allevamenti di questo pesce, tendenzialmente superiore a quello di altre specie allevate localmente, e non meno valide sia dal punto di vista gastronomico sia in chiave salutistica, come ad esempio la trota. Nel nostro articolo sul pesce povero, inoltre, abbiamo trattato le tante specie meno conosciute e comunque ottime in cucina, nonché molto più economiche.

Il gusto del salmone, tuttavia, resta impareggiabile, e obiettivamente l’allevamento ha reso più accessibile un prodotto che un tempo era considerato di lusso, offrendo una buona alternativa a un prezzo inferiore. Pur considerando questo vantaggio, quando si decide di concedersi il piacere di mangiare il salmone è buona norma scegliere esemplari di alta qualità, sicuri e provenienti da pesca sostenibile, oppure allevati con le massime garanzie, meglio se in regime biologico.

Leggere attentamente le etichette, informandosi sulle origini del prodotto ittico, resta una linea guida imprescindibile. In questo senso, gli standard di controllo italiani ed europei sono un riferimento di cui fidarsi. Per concludere, il salmone non va temuto, ma va consumato con consapevolezza e senza eccessi dettati dalle abitudini o, ancor peggio, dalle mode.

Dopo questo approfondimento dedicato a chi teme che il salmone da allevamento faccia male, può essere interessante leggere i nostri articoli sul pangasio inquinato e sul gambero killer della Louisiana.

Fonti:
Specie ittiche d’acqua dolce
Health
Science News
Slow Food
Valori nutrizionali degli alimenti
Indovina chi viene a cena
Norwegian Seafood Council
Villa Seafood
Loch Duart

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