La produzione di alimenti ogm è vietata in Italia, ma secondo un recente rapporto del Ministero della Salute gli organismi geneticamente modificati – anche se in minima parte – sono contenuti in alcuni cibi che finiscono sulle nostre tavole, specialmente in quelli per neonati. Ci siamo già occupati di alimenti ogm, raccogliendo il parere di chi è contrario e di chi li difende. Stavolta approfondiremo questo caso recente che interessa la nutrizione dei più piccoli, con alcune informazioni per saperne di più.
Alimenti ogm: un documento ne attesta la presenza in Italia
Dal 2006 il Ministero della Salute, il Centro nazionale di referenza per la ricerca sugli ogm e l’Istituto superiore di Sanità elaborano un piano nazionale di controllo sulla presenza di organismi geneticamente modificati nei cibi che finiscono sulle tavole italiane. Il documento con i dati del 2015, pubblicato di recente, rende noto un quadro non pienamente rassicurante per chi diffida degli alimenti ogm, la cui produzione è peraltro vietata nel nostro Paese.
Dove sono gli ogm
Il 2% dei cibi analizzati contiene organismi geneticamente modificati, seppure in quantità molto ridotte. La percentuale aumenta al 10% dei campioni, se si considerano in particolare gli alimenti per neonati. I prodotti contenenti soia e cereali sono i più interessati dalla presenza di ogm. Nello specifico, il latte di soia, le gallette di riso e i prodotti da forno con farina di mais destinati ai più piccoli sono fra i cibi sui quali si punta l’indice. Il Ministero della Salute, tuttavia, non vuole creare eccessivi allarmismi, certificando in questi prodotti una presenza molto scarsa e non superiore allo 0,9% consentito di alimenti ogm.
Nel 2015 i campioni prelevati dall’indagine sono stati 804, dei quali 688 di produzione nazionale e 116 di importazione. Fra questi ultimi, sono state individuate quattro partite non conformi, provenienti dalla Cina, che presentavano fra gli ingredienti riso geneticamente modificato.
L’attività di indagine e verifica, di cui il documento citato è il prodotto finale, risulta molto utile per monitorare la presenza di alimenti ogm, in particolare di quelli provenienti dall’estero. Nel complesso, la situazione che emerge non appare emergenziale o fuori controllo. I prodotti che entrano nel mercato italiano per la stragrande maggioranza rispettano le norme di etichettatura, fornendo un’adeguata informazione a chi acquista.
Ogm: cosa sono?
L’ogm, organismo geneticamente modificato, è un animale o una pianta sul quale sono state apportate modifiche di ingegneria genetiche, siano esse aggiunte, modifiche o sottrazioni di tratti del DNA. Pertanto, si tratta di esseri viventi estranei al mondo naturale, ma “migliorati” artificialmente secondo le esigenze umane. In campo alimentare, si parla soprattutto di coltivazioni che rendono più efficienti ed economiche le produzioni di vegetali, sia destinati al consumo umano diretto che all’alimentazione del bestiame da allevamento.
Spesso ci si riferisce agli ogm anche con l’appellativo di organismi trasgenici, anche se i due termini non sono sinonimi. La trasgenesi, infatti, consiste nell’inserimento di geni provenienti da un organismo di specie diversa nel genoma dell’organismo che si vuole modificare.
Gli alimenti ogm più diffusi
Le coltivazioni modificate tramite ingegneria genetica più diffuse in ambito alimentare sono la soia, il mais, il riso e la colza. Le modifiche genetiche apportate alle piante hanno lo scopo di creare coltivazioni più resistenti ai virus, ai parassiti, alla carenza idrica e a determinati diserbanti, ma anche migliorate sul piano produttivo, sia quantitativo che nutrizionale.
Rischi e controversie sugli alimenti ogm
Le controversie sugli alimenti ogm sono molte, e ad oggi non ci sono dati certi e concordanti sugli eventuali danni dovuti al loro consumo.
Dal punto di vista ambientale, il rischio principale riguarda la biodiversità. Le piante ogm possono riprodursi e diffondersi nell’ambiente, rendendo difficile il controllo sulla loro dispersione nell’ecosistema. Questi organismi possono entrare in competizione con le specie autoctone, anche incrociandosi e contaminando il resto della flora. La resistenza degli ogm a specifici erbicidi, inoltre, è indicativa dell’uso massiccio di prodotti chimici in queste coltivazioni intensive, che poi vanno a inquinare i terreni e le falde acquifere.
Dove si coltivano gli ogm
Nel mondo sono poco meno di 180 milioni gli ettari di terreno destinati a coltivazioni ogm, con un trend in aumento negli ultimi anni.
I Paesi più coinvolti sono in primis gli Stati Uniti, dove gli ogm sono nettamente preponderanti sul totale del coltivato, mentre in secondo piano ci sono il Brasile, l’Argentina e il Canada. In Cina, India e in alcuni Stati africani la percentuale degli ogm sta aumentando sensibilmente.
La situazione europea non è chiara e univoca. Nel vecchio continente sono cinque gli Stati dove si coltivano ogm: il primo per quantità è la Spagna, seguita da Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania.
L’Italia, come detto, è fra i Paesi europei in cui la coltivazione di ogm è vietata, ma l’importazione è legale. Questa incoerenza fa sì che, ad esempio, molto del mangime di origine vegetale destinato agli allevamenti italiani contenga materie prime geneticamente modificate. Si tratta di mangimi per la gran parte importati da USA, Canada, Brasile e Argentina. Come abbiamo già avuto modo di approfondire, teoricamente non è da escludere che la Commissione europea avvii una procedura di infrazione, perché gli Stati nazionali non potrebbero vietare prodotti legalmente utilizzabili e commercializzabili nell’Unione.
Il Regolamento europeo sull’agricoltura biologica, invece, proibisce gli organismi geneticamente modificati e tutti gli alimenti la cui produzione implichi l’uso di materie prime ogm.
Potremo fare a meno degli alimenti ogm?
La ricerca sugli alimenti ogm nasce per aumentare la produttività e, di conseguenza, anche l’accessibilità del cibo. In un ottica di sistema e di lungo periodo, quindi, risulta difficile pensare di potervi rinunciare completamente, se si ha l’obiettivo di sfamare nel miglior modo possibile una popolazione mondiale in continua crescita. Negli ultimi anni si è assistito a una sorta di scontro ideologico fra un modello quantitativo – che vede al centro del suo piano il costante efficientamento economico delle colture, che non prescinde dagli ogm – e un modello qualitativo, dove la qualità dei prodotti e il rispetto degli ecosistemi si esprimono grazie all’agricoltura biologica e biodinamica. Questo dualismo finora ha potuto offrire, a grandi linee, un “menù di serie A” per i più ricchi e un “menù di serie B” per i più poveri, almeno per quelli che potevano permetterselo. Realisticamente, queste due visioni dovranno continuare a coesistere, possibilmente avvicinandosi, per poter offrire alimenti di qualità soddisfacente ma non troppo esclusivi, a una platea sempre più vasta.
E voi cosa ne pensate degli alimenti ogm?
Altre fonti:
ISAAA – Servizio internazionale per l’acquisizione delle applicazioni agri-biotech.
Ministero della Salute, Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione.