Giornale del cibo

5 motivi per cui essere vegetariani fa bene al pianeta

Quando si parla di alimentazione vegetariana spesso la prima associazione mentale che sento fare è quella relativa all’aspetto salutare di questa scelta, così come a quello animalista. Ma non sono solo l’amore per gli animali e per una dieta sana a spingere i vegetariani a compiere questo passo: un argomento ancora decisamente trascurato dai media, e di conseguenza dall’opinione comune, è invece l’impatto ambientale dell’industria dei cibi animali. L’argomento l’abbiamo già trattato nell’articolo in cui proponevamo la Dieta Mediterranea come modello di alimentazione sostenibile, e personalmente vi ho anche accennato qualcosa parlandovi dei film per aspiranti vegetariani e vegani. Una questione ampia e complessa, ma proverò a semplificarvela, riassumendovi il tutto in 5 buoni motivi per cui essere vegetariani fa bene al pianeta

Alimentazione Sostenibile: 5 buoni motivi per essere Vegetariani

1) Possiamo arginare la crescita della produzione della carne e l’impatto ambientale

Secondo le statistiche i livelli di produzione di carne sono destinati a passare dai 309 milioni di tonnellate nel 2013 a 465 milioni nel 2050, quando la popolazione mondiale avrà superato i 9 miliardi di abitanti. Abbiamo già assistito negli ultimi 50 anni a un impressionante aumento dei consumi, cresciuto di 5 volte rispetto a prima, a cui ha corrisposto un aumento del numero di animali allevati, un peggioramento qualitativo della carne e in generale dell’industrializzazione del settore dell’allevamento.

allevamenti

Le nostre scelte alimentari incidono drammaticamente sul pianeta: secondo una ricerca effettuata dall’ONU* l’allevamento di carne è responsabile per il 18 per cento di gas e 37 per cento di emissioni di metano: pensate che gli onnivori contribuisco alle emissioni di gas serra 7 volte più dei vegani. Inoltre allevare animali per fini alimentari è una delle tre attività che maggiormente contribuiscono ai più seri problemi ambientali mondiali. Vale la pena, quindi, soffermarsi a riflettere su quanto i prodotti animali e gli allevamenti intensivi in particolare, incidano drammaticamente sulle emissioni atmosferiche globali e sugli equilibri naturali e sulla biodiversità.

2) Possiamo favorire la diffusione di Allevamenti più Sostenibili

Si potrebbe pensare che i vegetariani sensibili alle tematiche ambientaliste nutrano utopisticamente la speranza di vivere, un giorno, in un mondo di vegetariani. Non è assolutamente così: quello che ci si augura, nella maggior parte dei casi, è soprattutto una maggiore consapevolezza delle caratteristiche e dell’impatto ambientale degli allevamenti intensivi e una riduzione se non addirittura una sparizione di questi. Il “vegetariano medio” conosce bene la differenza che c’è tra allevamento intensivo e allevamento a gestione familiare o sostenibile, ovvero biologici o all’aperto.


L’allevamento intensivo ricorre a tecniche industriali e scientifiche per ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo e utilizzando il minimo spazio, tipicamente con l’uso di appositi macchinari e farmaci veterinari. 
Restando focalizzati sull’aspetto ambientale va ricordato che gli allevamenti intensivi non solo richiedono un ampio e drammatico utilizzo di risorse naturali ma anche un impiego di sostanze chimiche di scarsa qualità e perciò altamente inquinanti

3) Possiamo salvare le foreste

Grazie ad una stima di Greenpeace scopriamo che a causa dell’allevamento di animali si perde in media un ettaro di foresta amazzonica ogni 8 secondi. La produzione di carne, insieme a quella di olio di palma, zucchero, caffè, soia, carta e altri prodotti, ha incrementato in maniera significativa la deforestazione. Negli ultimi 10 anni si sta cercando di far comprendere ai consumatori che il consumo della carne è appunto uno dei principali responsabili dell’abbattimento del 70% delle foreste, in particolare dell’Amazzonia, la più grande foresta pluviale del mondo.

4) Possiamo arginare il Consumo di risorse idriche

Gli allevamenti animali richiedono uno smodato e impressionante impiego di risorse idriche. Prima di tutto l’acqua è necessaria per abbeverare gli animali: pensate che una mucca da latte beve oltre 200 litri di acqua al giorno, un maiale 20 e una pecora 10. L’acqua è inoltre necessaria per la pulizia e la manutenzione degli allevamenti nonché per la coltivazione del foraggio e per il processo di macellazione.  

5) Meno allevamenti intensivi, meno sofferenza animale

L’aspetto animalista l’ho lasciato per ultimo, ma vorrei sottolineare che spesso è proprio dalla conoscenza degli allevamenti intensivi che può nascere una maggiore attenzione ambientalista e, come conseguenza ultima, una maggiore attenzione nella selezione e nel consumo di carne.
In questo recente video della CIWF Italia Onlus, l’unica associazione italiana no profit che si batte per la protezione e il benessere degli animali negli allevamenti intensivi, vengono denunciati i principali problemi degli allevamenti intensivi, con un occhio in particolare alla sofferenza animale:

Come affermato giustamente nel video “la verità fa vendere meno”: ma per informarsi sulla scomoda verità che ci viene nascosta abbiamo tante strade a disposizione: libri, internet, video, reportage…

Sono tante le associazioni animaliste che da anni si battono per far luce sulle condizioni critiche degli animali e sulle loro sofferenze: tra i casi di maltrattamento denunciati sono emerse pratiche quali amputazioni, mancanza di aria e luce, atrofia muscolare causata dalla mancanza di spazio e altre atroci pratiche ben peggiori.


In conclusione: diminuendo i consumi di carne e prestando maggiore attenzione alla qualità si potrà determinare un’inversione di marcia verso consumi più etici e sostenibili, tanto in termini di impatto ambientale quanto di benessere animale.
Voi che ne pensate?

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