Sono stati giorni difficili per i pescatori di alici di Menaica, in Cilento, così chiamate per la particolare rete utilizzata ancora solo a Marina di Pisciotta. La Guardia di Finanza, infatti, aveva minacciato di ritirare le reti della menaica perché considerate per legge alla stregua delle ferrettare, impiegate invece in maniera illegale. Per fortuna la questione si è risolta, anche perché si tratta di una pesca completamente differente, artigianale e sostenibile, oggi praticata ancora tradizionalmente solo da sette pescatori in un comune di 200 abitanti. In passato questa pesca si era diffusa anche in altri comuni cilentani, ma sempre a intermittenza, mentre invece solo a Pisciotta non è mai stata abbandonata nel corso degli anni.
In un mare sempre più sofferente a causa dell’eccessivo prelievo e sfruttamento, che non rispetta la stagionalità del pesce, quella della Menaica è una pesca controcorrente, perché rispettosa e compatibile con l’ambiente. Basti pensare che in una notte i grandi pescherecci catturano quello che un gozzo di questi prende in più di 10 anni di lavoro . Dunque questi pescatori hanno avuto le loro valide ragioni per stare sul piede di guerra.
Ecco perché oggi vogliamo raccontarvi la storia dei pescatori delle alici di menaica e perché fa la differenza. “Proprio in periodo di pesca, da aprile fino a giugno, si rischiava di non poter lavorare e di non portare sulle tavole il primo Presidio Slow Food della Campania”.
Alici di Menaica: la pesca che fa la differenza
Quella della menaica è una pesca antica, portata sulle coste cilentane dai greci e tramandata dalle generazioni di nonni e bisnonni degli attuali pescatori.
Questo tipo di pesca prende il nome dalla sua particolare rete a maglie piccole, che consente di trattenere solo le alici più grandi e adulte, lasciando libere quelle più piccole e più giovani, che così possono continuare a crescere. Per questo si tratta di una pesca sostenibile, che non provoca danni, anzi al massimo li subisce dalla grande pesca.
Il periodo di pesca delle alici di Menaica si estende tra aprile e giugno, quando i pesci iniziano a deporre le uova. Si parte all’imbrunire, verso le sette, quando il plancton sale e insieme anche tutte le alici. A differenza di altri tipi di pesca, le reti di Menaica non si possono mai abbandonare: bisogna vegliare fino all’una di notte, a volte accompagnati dalla luna, per poi essere presenti quando c’è da smagliare e decapitare le teste delle alici che restano impigliate nelle reti, facendo sì che così fuoriesca tutto il sangue. Questo permette anche di eliminare subito eventuali batteri, oltre che conferire a queste alici proprietà organolettiche uniche. Vediamo quali.
Che cosa distingue le alici di Menaica
Le alici di Menaica sono le uniche che si possono mangiare così come vengono pescate, anche senza abbattimento, solo con un pizzico di limone, sale, olio, aglio e prezzemolo.
In alternativa vanno lavorate immediatamente, senza l’utilizzo né del ghiaccio né di altri tipi di refrigerante per il trasporto, per poi iniziare la stagionatura nei magazzeni, locali freschi e umidi dove le alici trovano la temperatura giusta per maturare senza asciugare troppo, all’incirca per tre mesi.
Tutto questo processo fa sì che le alici di Menaica siano un prodotto pregiato, con proprietà che le altre acciughe non hanno, che riescono a mantenere anche dopo 15 mesi. Ad esempio sono dolci e senza alcun tipo di acidità; poi sono più grandi delle alici più comuni e hanno un colore argentato all’esterno con una carne chiara che tende al rosa all’interno; e infine si distinguono per un profumo intenso e delicato. Tutti motivi che le hanno rese il primo Presidio Slow Food della Campania.
Il Presidio Slow Food di Donatella Marino
Donatella Marino è una donna eccezionale. É sposata da 36 anni con Vittorio, pescatore di alici di Menaica, che fin dal primo sguardo pensò: “questa donna non me la farò scappare mai”. In seguito al matrimonio, si trasferirono per un periodo a Trento, ma dopo tre anni decisero di far ritorno nella loro terra, anche perchè su al Nord “non ci si parlava tra vicini sullo stesso pianerottolo”, impensabile per un cilentano. Fu così che tornati in patria aprirono una trattoria, ‘A Tartana, che tenne alta la fama della ristorazione locale per ben 17 anni. Il nome derivava da un’antica barca da trasporto, poi diventata da pesca, molto faticosa da utilizzare perché pesante, tanto che si usava dire “a tartana non la darei mai ai miei figli!”.
Quando nel 2000 Carlo Petrini andò a mangiare nel loro ristorante, disse: “ma perché queste alici così buone ve le mangiate solo voi?”. Da lì, tutto cambiò inaspettatamente: nel giro di pochissimo tempo, nel 2001, le alici di Menaica diventarono il primo Presidio Slow Food di tutta la regione Campania.
I figli e l’attività del laboratorio
Ad oggi sono ancora loro due i protagonisti indiscussi di tutto questo faticoso tramandare, traendo linfa vitale anche dai loro figli Marco e Serena, che fin da piccoli si sono mostrati subito adepti alla grande causa delle alici. Il tanto lavoro dedicato a questo prodotto li ha costretti negli anni a chiudere l’attività del ristorante, oggi sede del Presidio e del laboratorio. Nessuno meglio di loro, dall’alto dei loro anni nel settore, può consigliarvi ricette migliori a base di alici, come gli spaghetti o le frittelle. In alternativa, però, potete anche degustare la pizza con le alici di Menaica alla Pizzeria Da Zero, sia in Cilento sia da pochi giorni anche a Milano; oppure potete provare a realizzare a casa vostra uno dei piatti tradizionali di mare, direttamente dalla ricetta di Franca Feola: scopriamo insieme chi è e qual è la sua storia.
Franca Feola e la ricetta dell’acquasale alla cilentana con alici di Menaica
Franca Feola, proprietaria della Locanda delle Tre Sorelle di Casalvelino, la pesca ce l’ha nel sangue poiché figlia di un pescatore che l’ha sempre portata con lei in barca. Profonda conoscitrice di vini e dei preziosi abbinamenti con i suoi piatti, sulla sua tavola non mancano mai i pesci di quelle stesse coste dove andava a pescare da piccola e dove oggi ogni mattina va a vedere che cosa le hanno portato i suoi pescatori, vecchi amici del babbo, come Roberto di Cilento Mediterranea Sea&Food.
Grazie alla freschezza del suo pescato, i piatti poveri della tradizione cilentana acquistano in locanda una raffinatezza e un’eleganza indiscutibile, proprio come nel caso di questa ricetta, manifesto gastronomico della cucina locale. Si tratta di un piatto di una semplicità assoluta, fresco e ideale proprio nella stagione delle alici di menaica, con pochi ingredienti che ci ricordano la forza e la prepotenza dei sapori del mare e della terra del Cilento. Chi si trova lontano dal Cilento e dalla Locanda delle Tre Sorelle non ha nulla da temere: per la buona riuscita di questo piatto potete usare anche le alici fresche che trovate nella vostra pescheria di fiducia. L’accompagnamento ideale? Un bianco cilentano come un Pietraincatenata di Luigi Maffini.
Ingredienti
- 20 alici di Menaica fresche
- 200 g pane biscottato misto (tipo frisella integrale, o bianca e di mais)
- 150 g di pomodorini datterini
- 300 ml succo di limone
- 70 g melanzane sott’olio
- 70 g olive ammaccate (altro Presidio Slow Food del Cilento)
- 1 spicchio di aglio
- origano
- prezzemolo
- basilico
- olio extravergine di oliva
- sale.
Procedimento
- Pulire le alici, tagliare la testa e rimuovere le spine.
- Marinare leggermente nel limone le alici fresche insieme a un pizzico di sale e bagnare il pane biscottato misto con l’acqua, lasciando che resti croccante.
- Tagliare i pomodori in otto pezzi e unirli a olio, basilico, olive ammaccate, melanzane sott’olio, origano, sale e al pane.
- Mescolare bene il tutto e comporre il piatto con l’uso di un coppapasta, per poi porre sopra le alici asciugate dalla marinatura.
- Concludere con olio e prezzemolo.
In alternativa, puoi scoprire anche altri ristoranti dove mangiare pesce in Cilento, oppure provare le nostre ricette stagionali per realizzare cene di mare indimenticabili a casa tua, come ad esempio la versione ligure delle alici ripiene.