I cambiamenti climatici e la crescita della popolazione mondiale mettono a dura prova i sistemi produttivi tradizionali estensivi. La ricerca di alternative ha portato, negli ultimi tempi, a un grande sviluppo delle colture fuori suolo: idroponica e acquaponica, infatti, offrono un contributo fondamentale alla sfida per nutrire il pianeta. Un recente studio di Porsche Consulting ha analizzato alcune delle innovazioni più tecnologiche che stanno rivoluzionando l’industria agraria, come l’agricoltura verticale, una particolare tipologia di coltivazione, utilizzata sia in idroponica che in acquaponica. Vediamo allora quali sono i dati emersi dalla ricerca e cosa si intende per vertical farming.
Agricoltura verticale: innovazioni e vantaggi
L’impronta idrica dei cibi che mangiamo indica la quantità di acqua necessaria per produrli: si tratta di numeri allarmanti, di cui spesso il consumatore non ha idea, e che cambiano a seconda del tipo di produzione. A livello globale, l’agricoltura è responsabile del 65% dei consumi di acqua e il nostro Paese fa registrare dati decisamente preoccupanti, perché la percentuale è superiore del 25% a quella degli altri stati europei. Nel 2050, inoltre, secondo la FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) la popolazione mondiale supererà i 10 miliardi: sarebbero così necessarie le risorse di due pianeti per rispondere ai bisogni di così tante persone, a meno che non ci sia una radicale inversione di rotta.
La ricerca “Future Farming” ha preso in considerazione le nuove tecnologie applicate all’agricoltura per analizzarne i vantaggi sul piano della sicurezza, della quantità e della qualità delle produzioni. Ciò che emerge è che l’impiego di queste metodologie ridurrebbe del 95% il suolo necessario e del 70% l’acqua, incrementando i ricavi dell’80%. Tra le innovazioni c’è anche l’agricoltura verticale o vertical farming. Come abbiamo già accennato, si tratta di coltivazioni fuori suolo in serre, chiuse, che si sviluppano in altezza su più livelli, climatizzate e automatizzate, in riferimento a grandi impianti. Questi sistemi sono più produttivi del 75% rispetto all’agricoltura tradizionale in campo e consumano pochissima acqua, circa il 95% in meno. Le vertical farm, inoltre, non hanno vincoli geografici, poiché possono trovare posto anche nelle aree urbane e offrire prodotti freschi e a km 0.
Secondo Josef Nierling, Amministratore Delegato Porsche Consulting, “il vertical farming cambierà radicalmente anche le tradizionali relazioni tra cliente e fornitore lungo tutta la filiera agroalimentare. I produttori di macchinari agricoli – continua Nierling – dovranno reinventare il portfolio dei loro prodotti per poter sostenere gli agricoltori ‘verticali’, mentre questi ultimi diventano davvero produttori a chilometro zero, eliminando l’elevato numero di passaggi presenti lungo il canale distributivo e diventando essi stessi dei punti vendita ortofrutticoli”.
Vertical farm: da Dubai all’Italia
Il progetto più grande di agricoltura verticale è quello di Dubai, attualmente in costruzione, con una dimensione di 13.000 metri quadrati; in Russia sta nascendo una rete di aziende agricole verticali all’interno di aree urbane, che dovrebbe raggiungere una produzione orticola di circa 1 milione di kg all’anno. Anche l’Italia, infine, avrà le sue vertical farm, a Milano. Su piccola scala, però, le vertical farm sono già molto diffuse per la coltivazione di prodotti come le fragole o le piante aromatiche, sia nel nostro Paese che all’estero.
Le applicazioni di questa tecnologia riguardano anche il settore aerospaziale: l’ipotesi è di poter coltivare addirittura sul suolo lunare. Al di là di questa prospettiva sebbene per molti non così lontana e irrealistica, i vantaggi dell’agricoltura verticale sono tangibili e rispondono all’ormai crescente bisogno di sostenibilità in ambito produttivo.
Conoscevate le Vertical farm? Ne avete già sentito parlare?