Quando si parla di agricoltura del futuro, anche le colture fuori suolo rappresentano un’opzione con vantaggi notevoli, che permette di ottimizzare spazi e risorse. Difficile immaginare, tuttavia, che sotto la superficie dell’acqua sia possibile far crescere le piante, per di più con benefici non trascurabili dal punto di vista ecologico e agronomico. Nel 2012, il progetto italiano Nemo’s Garden ha brevettato questa forma di coltivazione così particolare e innovativa, attirando un’attenzione trasversale da tutto il mondo. Com’è stata concepita e come funziona l’idroponica subacquea? Perché può essere utile? Per saperne di più abbiamo intervistato Gianni Fontanesi, coordinatore di questa iniziativa nata sulle coste della Liguria.
Agricoltura del futuro: cos’è l’idroponica subacquea?
Piante cresciute sott’acqua, strano immaginarlo, ma da alcuni anni accade davvero. Questa possibilità apparentemente bizzarra è realtà grazie a Ocean Reef’s, una realtà genovese con sedi anche in California specializzata in tecnologia subacquea, dalle maschere alle strumentazioni aerospaziali. Per comprendere meglio questa tecnica, dopo aver approfondito l’agricoltura 4.0, è curioso sapere come l’idea di base sia stata inizialmente concepita. Gianni Fontanesi racconta che Sergio Gamberini, presidente dell’azienda, in un periodo di vacanza nel 2012 decise di provare a unire le sue due grandi passioni: la subacquea e la coltivazione. E così, con un’azione in bilico tra il pionieristico e lo stravagante, porta sotto la superficie del mare una sacca in pvc trasparente, ancorandola al fondo per ricavarne una grande bolla d’aria sommersa.
Il primo esperimento, di breve durata, voleva verificare la possibilità di coltivare il basilico, che in quell’anno aveva subito la siccità e le avversità meteorologiche. In pochi giorni le piantine sono germogliate, motivando l’intuizione di Gamberini, tanto che nel 2013 il progetto per questa forma di agricoltura del futuro è stato avviato, con l’utilizzo di tre biosfere gonfiabili in pvc – le strutture dove far crescere le piante – creando un primo impianto attivo da giugno a settembre.
[elementor-template id='142071']Crescita accelerata e differenze nella composizione chimica
Fin dalle prime analisi, i risultati sono stati sorprendenti. Il basilico non solo riusciva a crescere bene in un ambiente così diverso, ma lo faceva in tempi nettamente accelerati: bastavano 36-48 ore per far germogliare i semi, a fronte di periodo medio in superficie di 5-7 giorni. Ma i fatti da sottolineare non si fermano qui, perché i contenuti di oli essenziali delle piante risultano ripartiti in maniera differente rispetto alle colture tradizionali. Le analisi chimiche in laboratorio, infatti, dimostrano questa diversità in termini di composizione chimica, probabilmente dovuta all’adattamento forzato nell’ecosistema marino, un aspetto che suscita interesse soprattutto rispetto alle coltivazioni con proprietà salutistiche.
Come funziona l’idroponica subacquea di Nemo’s Garden?
A questo punto è naturale chiedersi in che modo e con quali strumenti sia possibile coltivare sott’acqua. Come precisa Gianni Fontanesi, “quello che è nato quasi per gioco, e inizialmente con tecnologie molto essenziali, con la nostra partecipazione a Expo 2015 ha attirato sempre più interesse, stimolandoci a investire più risorse, in termini di personale, strumenti, collaborazioni e finanze, fino ad arrivare a ciò di cui disponiamo adesso”. Da tempo sono in essere collaborazioni con l’Università di Pisa, per la scelta delle piante, le analisi chimiche e il supporto agronomico, e il progetto sostiene anche tirocini con la facoltà di Ingegneria di Genova. Inoltre, numerose sono le partnership, i contatti e gli interessamenti con varie realtà operanti in diversi ambiti e con personalità di primo piano, al fine di progredire la ricerca e aprire sbocchi commerciali per questa agricoltura del futuro.
L’impianto, o meglio l’habitat, attualmente è costituito da sei biosfere, cupole semisferiche di metacrilato (materiale plastico rigido e trasparente) ancorate con catene al fondo del mare presso Noli, in provincia di Savona, fra i 6 e i 10 metri di profondità, a 40 metri dalla riva. Ognuna di queste calotte – che misurano 2 metri di diametro per 1 metro d’altezza, per un volume di 2000 litri d’aria, corrispondente a 2 tonnellate di spinta verso l’alto – ospita mensole con sistemi idroponici verticali e orizzontali.
Le biosfere sono aperte, come bicchieri rovesciati, e una volta inabissate vengono riempite d’aria con bombole da subacquea. La parte gassosa resta quindi imprigionata in questa sorta di bolla, mentre una griglia alla base della struttura consente all’operatore subacqueo di stare in piedi dentro le calotte.
Lo spazio interno ospita anche la tecnologia necessaria per monitorare gli esperimenti e rendere il tutto sicuro per gli operatori. “Alle centraline, di nostra produzione, sono collegati sensori che rilevano le concentrazioni di ossigeno e anidride carbonica, la luminosità, l’umidità e la temperatura. Inoltre, questi circuiti prevedono ventole per la circolazione dell’aria, illuminazione, connessioni wi-fi per restare in collegamento con la terraferma e condividere i dati anche, ai fini della sicurezza. Il tutto, quindi, resta collegato con la riva, dove è presente una torre di controllo, allacciata all’habitat marino con un sistema di cablaggio” precisa Fontanesi. L’energia per alimentare i sistemi è ricavata da pannelli solari, che al momento soddisfano circa l’80% dei consumi.
Dopo aver risciacquato la superficie interna dall’acqua salata, i semi vengono collocati sulle strutture, dotate di supporti inerti come la fibra di cocco o il grodan, che vengono poi irrorati con acqua dolce. Nel corso delle sperimentazioni sono state testate oltre 45 varietà di semi, sia commestibili che di uso cosmetico-farmaceutico.
Produzione di acqua dolce e stabilità climatica
Seguendo la spiegazione del coordinatore del progetto, il sistema delle biosfere ha impressionato lo staff di Ocean Reef’s soprattutto per la sua capacità di produrre naturalmente acqua dolce da quella salata del mare. La parte bassa della calotta, con un contatto diretto tra acqua e aria interna, induce un’evaporazione che condensa sotto forma di rugiada lungo le pareti. “Ci siamo sforzati per capire come raccogliere questa preziosa risorsa, fino a creare dei condensatori che raccolgono la rugiada in un unico punto. Dopo un’aggiunta di fertilizzanti, il liquido viene mandato in circolo per alimentare il sistema idroponico”.
Un altro aspetto importante consentito dall’ambiente marino e legato alla coltivazione è la termostabilità, perché la massa d’acqua funge da accumulatore d’energia e mitiga moltissimo le variazioni di temperatura. I forti sbalzi possono essere critici per le piante, ma questa costanza permette di fare a meno di impianti di riscaldamento durante l’inverno e di raffreddamento durante l’estate. “Nel periodo invernale, quando all’esterno si registrano zero gradi, l’acqua è a circa 12 gradi, e con la luce del giorno si raggiungono facilmente i 16”.
Alla profondità di esercizio delle biosfere, la pressione non rappresenta un problema, pur essendo circa il doppio di quella in superficie, con valori di 1,6-2 bar. Per ora non esiste una letteratura scientifica sulla crescita delle piante in ambienti di pressione, anche se è stato verificato che le piante sono stimolate da questo incremento, soprattutto rispetto alla crescita.
Oltre agli aspetti citati, le biosfere sono caratterizzate da un’umidità molto elevata, adatta per alcune coltivazioni, mentre la luminosità corrisponde al 15-30% di quella in superficie. “Nonostante si perda la frequenza cromatica del rosso, il mare filtra anche le frequenze dannose. Le piante non risentono di questa carenza di luce, che a questa profondità (6-10 metri, ndr) è più diffusa e chiaramente virata verso la tonalità blu. In base alle necessità agronomiche, si potrebbero comunque installare luci a led, soprattutto durante l’inverno, favorendo anche un aumento della temperature” aggiunge Fontanesi.
Idroponica subacquea: quali sono i vantaggi?
Come abbiamo già potuto intuire, i vantaggi dell’idroponica subacquea non sono pochi, e possono essere così sintetizzati.
- Limitato dispendio di energia, prossimo all’autosufficienza;
- assenza di parassiti, e quindi di agrofarmaci, grazie all’ambiente sottomarino;
- protezione totale dagli eventi meteorologici dannosi (grandine, gelo invernale, ecc.) e dalle frequenze di luce dannose;
- germogliazione e crescita più veloci.
Secondo Fontanesi, Nemo’s Garden si può quindi sfruttare per molteplici applicazioni, e non unicamente come forma di agricoltura del futuro. Oltre a essere una serra subacquea, utile anche solo per la prima fase di vita delle piante, le biosfere possono essere impiegate come laboratori e osservatori della vita marina, una sorta di acquario al contrario. Da considerare, non ultimo, il potenziale di attrazione turistico-scientifica della struttura, che già richiama presenze sul territorio, con ripercussioni positive sulle attività locali.
Su richiesta e in presenza di un operatore, l’impianto è visitabile gratuitamente da chiunque.
Tornando alla funzione più strettamente agricola, è poi da valutare e approfondire la differenza di ripartizione chimica degli oli essenziali, sia in chiave nutrizionale che sensoriale. “Sarebbe molto interessante sapere se le proprietà salutistiche e farmaceutiche di certe piante possono essere esaltate da questa forma di coltivazione. Per ora si è notato che la carenza di luce stimola nelle piante una produzione maggiore di carotenoidi. Il potere aromatico, inoltre, è molto intenso, e quando le piante vengono riemerse il profumo è fortissimo, tanto da essere percepito da più di 40 metri di distanza” aggiunge Fontanesi.
Pensando all’applicazione pratica, inoltre, i vantaggi appaiono ancor più evidenti se si considerano le realtà ambientali e climatiche dove l’agricoltura tradizionale non può essere praticata, mentre l’idroponica subacquea può essere una soluzione, come le zone desertiche affacciate sul mare. Per l’intervistato “anche se il progetto è ancora una sperimentazione e al momento non viene commercializzato, il potenziale di utilizzo è davvero notevole”.
Produttività e sfide da affrontare
Alla luce delle peculiarità e dei possibili benefici dell’idroponica subacquea, resta da domandarsi se sul piano economico questo metodo possa davvero essere sostenibile e rientrare tra le tecniche dell’agricoltura del futuro. Essendo ancora allo stadio di ricerca, per ora non ci sono economie di scala ed è difficile fare valutazioni in questo senso. “Al momento una biosfera può contenere 100-120 piante, un numero ottimizzabile. Ma la nostra intenzione è prima di tutto quella di proporre una soluzione e una tecnologia in grado di affrontare i problemi del prossimo futuro. La popolazione aumenta e le terre coltivabili diminuiscono: è necessario trovare nuove soluzioni. Sappiamo che il mondo e le possibilità di coltivare saranno diverse, e pertanto occorre trovare nuovi metodi, alternativi o da mettere in parallelo con quelli già rodati. Il nostro progetto potrà essere solo la punta dell’iceberg, ma intanto sta sensibilizzando verso questi problemi, dimostrando che quella che fino a pochi anni fa poteva sembrare un’idea folle in realtà è realizzabile”.
Gli obiettivi e i prossimi passi di Nemo’s Garden
Fontanesi ricorda la partecipazione a Expo 2015, dove il progetto ha rappresentato l’Italia, augurandosi di poter presenziare anche all’edizione 2020 che avrà luogo a Dubai, in una zona desertica del mondo dove i pro dell’idroponica subacquea sono ancor più evidenti ai fini dello sviluppo agricolo.
“Questo progetto, innanzitutto, va visto in senso umano, ed è importante riuscire a venire a contatto con gli studenti e con chi crede nel futuro, un valore che supera il fine della ricerca”. Non da ultimo, va sottolineato che Nemo’s Garden sta operando e crescendo nell’ambito dell’open source. Come sottolinea il coordinatore, le visite da parte di troupe televisive da tutto il mondo sono continue, e sugli spazi web dell’iniziativa vengono condivisi l’avanzamento del progetto, i parametri tecnici e le immagini in tempo reale. “Siamo esperti di tecnologia subacquea, ma grazie alle collaborazioni riusciamo a estendere le competenze. Con questo approccio l’aiuto può arrivare da più parti, chiunque può contattarci e proporre consigli. Stiamo finanziando il progetto con parte dell’utile dell’azienda, e durante le manutenzioni ne approfittiamo per testare i nostri prodotti subacquei. Per sostenere questi costi e il sostegno della ricerca universitaria, quest’anno stiamo anche organizzando una piccola raccolta fondi. la nostra è un’iniziativa che tocca molti ambiti del sapere, crediamo che coinvolgere la collettività nel senso della condivisione possa ripagare i nostri sforzi e dare grandi risultati” conclude Fontanesi.
Parlando di agricoltura del futuro e dopo gli spunti sulla food innovation di Seeds&Chips 2019, avevate mai sentito parlare di idroponica subacquea? Vi sareste mai immaginati la possibilità di coltivare sotto la superficie del mare?