Obiettivo 25%: il biologico cresce e riduce le emissioni

 

L’Unione Europea ha fissato l’obiettivo di estendere la coltivazione biologica fino al 25% dei terreni dedicati all’agricoltura entro il 2030. Una scelta dettata dalla necessità di arginare le conseguenze della crisi climatica e ridurre l’impatto inquinante del settore. Secondo il Rapporto Study on the environmental impacts of achieving 25% organic land by 2030 realizzato dai ricercatori Nicolas Lampkin e Katrin Padel,  presentato e diffuso da IFOAM OE (Federazione Internazionale Europea dei movimenti per l’agricoltura biologica), raggiungere questo obiettivo porterebbe alla mitigazione dei cambiamenti climatici, alla riduzione dell’inquinamento da azoto e a un miglioramento della biodiversità. 

Per capire meglio gli effetti di questo obiettivo europeo e a che punto siamo in Italia abbiamo intervistato Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, la principale associazione di realtà della filiera biologica e biodinamica del Paese.

Agricoltura biologica e contrasto al cambiamento climatico

La relazione tra settore agroalimentare e cambiamenti climatici è stretta e complessa. Come evidenziato da numerose pubblicazioni e studi, le imprese del settore, da un lato, sono responsabili nel complesso di circa il 25% delle emissioni di gas serra su scala globale, dall’altro sono tra le prime a subire le conseguenze della crisi in corso. “Noi crediamo che il sistema agricolo e alimentare possa essere anche componente del contrasto alla crisi climatica sia perché le piante sono in grado di assorbire CO2, sia perché il suolo può immagazzinare quantità di carbonio significative, se gestito in maniera agroecologica e conservando la sua fertilità”, spiega la dottoressa Mammuccini. 

Con l’obiettivo di una maggiore sostenibilità, dunque, la sfida è quella di un cambio di approccio che ridimensioni lo spazio dedicato all’agricoltura intensiva, per dare più rilevanza all’agroecologia, ovvero l’insieme di metodi di produzione principi e pratiche ecologiche applicate alla progettazione e alla gestione di sistemi agricoli locali che promuovano la biodiversità, conservino le risorse naturali e siano fondati sulle specificità del territorio come clima, cultura, competenze e tradizioni. La crescita del biologico, che si fonda appunto su un approccio agroecologico, è uno dei fattori che può accelerare questo processo, secondo FederBio. 

Dall’Unione Europea all’Italia: le leggi sostengono il bio

In Italia questo percorso è già avviato, tant’è che il Piano strategico nazionale della PAC, la Politica Agricola Europea, anticipa al 2027 l’obiettivo di raggiungere il 25% di terreno dedicato al bio. Questo perché la media UE oggi è del 9%, mentre in Italia è già il 17,4%.

Ma da dove deriva il goal di raggiungere un quarto del territorio coltivato nei 27 Paesi membri?

Kitreel/shutterstock.com

Il Green Deal del 2019 è il primo riferimento normativo che ha definito la sostenibilità e la transizione ecologica come finalità fondamentali per l’Unione Europea per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Obiettivi che sono stati, successivamente, tradotti in politiche nell’ambito di due documenti UE, la strategia Farm to Fork (che prevede, oltre a raggiungere il 25% di terreni coltivati a biologico, di ridurre del 50% l’uso di pesticidi e di antibiotici e del 20% dei fertilizzanti chimici al 2030) e il Piano di azione europeo per il biologico, pubblicati nel 2021. “Si è trattata di una vera e propria svolta europea che oggi vede il bio come uno strumento verso la sostenibilità e la transizione ecologica dei sistemi agricoli e alimentari, capace di condividere buone pratiche per tutta l’agricoltura”, commenta Mammuccini. 

In Italia, la spinta normativa europea ha portato ad individuare alla stesura d nel Piano strategico nazionale della PAC l’obiettivo del 30% di terreni coltivati a biologico al 2027 e, lo scorso anno, all’approvazione di una Legge sul biologico. “Il quadro è aggiornato e avanzato, ci sono inoltre risorse messe a disposizione dall’UE per raggiungere l’obiettivo” sottolinea la presidente di FederBio “Ora bisogna cogliere nel modo migliore questa opportunità per essere protagonisti della transizione ecologica.” 

25% di biologico entro il 2030: in uno studio i benefici concreti

La soglia del 25% individuata dall’Unione Europea è considerata significativa perché capace di innescare un impatto positivo per il settore su clima, ambiente e biodiversità. Lo conferma il rapporto Study on the environmental impacts of achieving 25% organic land by 2030 pubblicato lo scorso febbraio. 

In particolare, emergono tre principali effetti benefici per l’ecosistema al raggiungimento dell’obiettivo:

  • una riduzione di circa 68 milioni di tonnellate delle emissioni di CO2 all’anno, che corrisponde a una diminuzione del 15% delle emissioni totali di gas serra da parte del sistema agricolo UE;
  • una crescita della biodiversità pare al 30% nei terreni coltivati in maniera biologica rispetto a quelli non bio;
  • un calo dell’utilizzo dei pesticidi chimici: è stato stimato che la differenza tra coltivare il 25% in maniera convenzionale e coltivarlo in biologico porta alla riduzione del 90-95% dell’utilizzo di sostanze che hanno un impatto pervasivo e potenzialmente dannoso sul suolo, sulle acque e sulla biodiversità.
olrat/shutterstock.com

“Questo studio” aggiunge Mammuccini, “ci restituisce il senso concreto di cosa significa cambiare metodo di produzione in agricoltura: possiamo ridurre le emissioni, quindi migliorare la capacità di contrasto al cambiamento climatico, e agire proattivamente per aumentare la biodiversità. Abbiamo delle tecniche e dei metodi di coltivazione mutuabili dal sistema nel bio che hanno questi benefici sull’ambiente, è importante utilizzarli.”

La presidente di FederBio sottolinea come elementi che fanno parte dell’agricoltura bio possano essere protagonisti della transizione ecologica contaminando le realtà dove prevalgono le tecniche convenzionali. “Questo già avviene, ma potrebbe estendersi aiutando tutte le imprese agricole a ridurre il proprio impatto ambientale. Per esempio, a causa della guerra in Ucraina, il prezzo dei concimi chimici è raddoppiato e alcune aziende hanno iniziato ad impiegare concime organico. Si tratta di piccoli passi, che vanno però in quella direzione di cambiamento verso l’agroecologia sostenuta dall’Unione Europea.”

La transizione ecologica riguarda anche i consumatori

La transizione ecologica ha anche una componente culturale. Oggi il biologico resta una nicchia di consumo, in Italia ha ancora dei consumi troppo bassi, e per FederBio una delle priorità è anche coinvolgere il consumatore per descrivere il valore aggiunto per l’ambiente dei prodotti coltivati secondo certi standard. “Tra le iniziative, organizziamo ogni anno anche una tre tappe della Festa del Bio e che, quest’anno, sarà il 27 maggio a Roma, ed ha proprio l’obiettivo, attraverso talk, laboratori, showcooking e degustazioni, di far entrare le persone a contatto con il biologico in maniera leggera. Dobbiamo essere capaci di trasmettere un messaggio positivo per cui scegliere e sostenere il bio non è solo una potenziale scelta di gusto, ma anche un elemento di valore per presentare l’ambiente.”


Immagine in evidenza di: afotostock/shutterstock.com

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