Cos’è l’Acrilammide e quali sono i suoi rischi?

 

 

L’acrilammide negli alimenti è al centro di un dibattito ancora in corso, perché potenzialmente cancerogena. Nel 2015 l’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, aveva pubblicato una valutazione dei rischi, mentre ad aprile 2018 è entrato in vigore il nuovo Regolamento Ue 2158/2017, che contiene delle norme più severe a tutela dei consumatori, senza tuttavia fissare un limite quantitativo per questa sostanza. Cerchiamo di capire meglio quali sono i rischi reali legati all’acrilammide e in quali alimenti si trova, insieme a Giorgio Donegani, tecnologo alimentare, Consigliere e Past President di Food Education Italy.

Cos’è l’acrilammide e in quali alimenti si trova

L’acrilammide è una sostanza chimica che si forma naturalmente negli alimenti contenenti amido durante le cotture ad alta temperatura, per via di un processo noto come “reazione di Maillard”, che avviene tra gli amminoacidi delle proteine e gli zuccheri. È il caso di fritture, cotture al forno e alla griglia, ma anche altre trasformazioni industriali (alimentari e non) che avvengono a temperature elevate e in condizioni di bassa umidità danno luogo a una reazione analoga. Un esempio di queste ultime è la fioccatura dei cereali.

“L’acrilammide si forma a partire da alcuni zuccheri e amminoacidi, soprattutto l’asparagina – spiega il dottor Donegani – la reazione di Maillard, responsabile del suo sviluppo, è anche ciò che rende particolarmente gustosi certi alimenti, come i prodotti da forno”. Anche nella tostatura del caffè si sviluppa un alto quantitativo di questa sostanza, sottolinea il tecnologo alimentare, e la reazione da cui si sprigiona è anche in parte responsabile del sapore e degli aromi del caffè.

In quali alimenti si sviluppa l’acrilammide?

frittura acrilammide
kazoka/shutterstock.com

L’Efsa ha stilato un elenco di cibi che contribuiscono all’esposizione all’acrilammide, tra quelli più consumati nelle diverse fasce d’età.

  • patatine fritte e altri prodotti fritti a base di patate (49%)
  • caffè
  • pane morbido (tipo da toast o in cassetta)
  • biscotti, cracker, pane croccante

L’acrilammide è presente anche nel fumo di tabacco: per i fumatori, si tratta di una fonte molto più importante dei cibi, mentre per i non fumatori questa sostanza è comunque assorbita tramita il fumo passivo.

Acrilammide e rischio di cancerogenicità

Da quando è stata individuata per la prima volta negli alimenti, nel 2002, l’acrilammide è stata oggetto di numerosi e approfonditi studi, che hanno dimostrato come per gli animali questa sostanza sia senza alcun dubbio genotossica (cioè altera il materiale genetico delle cellule) e cancerogena. Infatti, viene assorbita dal tratto gastrointestinale e poi metabolizzata in tutti gli organi, e ad essere pericoloso è anche uno dei principali metaboliti (cioè prodotti del processo di metabolizzazione), la glicidammide.

Negli animali, l’esposizione per via orale accresce la probabilità di sviluppare mutazioni genetiche e tumori, ma l’acrilammide ha effetti negativi anche sul sistema nervoso, sul sistema riproduttivo maschile, così come sullo sviluppo pre e post natale.

caffè acrilammide
Ilja Generalov/shutterstock.com

Cancerogenicità nell’uomo

“Le evidenze che faccia male all’uomo non sono ancora condivise dalla comunità scientifica – afferma Donegani – sia perché i test non hanno fornito risultati inequivocabili, sia perché l’acrilammide è presente in quantità molto ridotte negli alimenti”.

I risultati degli studi sull’uomo, infatti, forniscono prove discordanti per quanto riguarda lo sviluppo di tumori correlato all’esposizione alimentare all’acrilammide. Più evidente, invece, sembra il rischio di disturbi del sistema nervoso per i lavoratori esposti a questa sostanza per motivi professionali.

Come tutte le sostanze cancerogene e mutagene, sottolinea l’intervistato, “la maggiore attenzione va riservata ai bambini: le quantità tollerate di sostanze contaminanti sono sempre espresse in riferimento al peso corporeo. La stessa quantità di sostanza ha quindi effetti più pesanti sui piccoli, rispetto agli adulti”.

Il nuovo regolamento europeo

L’11 aprile 2018 è entrato in vigore il nuovo Regolamento, approvato dalla Commissione Europea lo scorso anno. Abbiamo già ricordato che non si tratta dell’introduzione di un limite, tuttavia,  i valori della concentrazione di acrilammide ritenuti sicuri  negli alimenti sono stati abbassati (750 mcg/kg invece di 1000). Il regolamento prevede inoltre che le aziende si impegnino per contenere lo sviluppo di questa sostanza durante i processi produttivi, ad esempio abbassando le temperature di cottura, e monitorando di continuo i livelli attraverso delle analisi. Tuttavia, così come alcuni Paesi avevano giudicato le indicazioni dell’Efsa troppo “leggere” e avevano fissato dei valori più severi, come la Danimarca, anche questo nuovo regolamento ha già destato dei dubbi, anche a causa del fatto che non prevede sanzioni per le aziende che non rispettano le indicazioni.

acrilammide rischi
maturos1812/shutterstock.com

Come ridurre il rischio?

“L’acrilammide si forma soltanto a temperature uguali o superiori a 120°C – ribadisce il tecnologo alimentare, – raggiungendo il massimo sui 180°C. Per ridurre il rischio è, quindi, indispensabile cuocere a basse temperature e diminuire il consumo di fritto, che è poco salutare anche per altre ragioni, come sappiamo”. Anche le modalità di conservazione e trattamento degli alimenti sono importanti, per esempio “è stato dimostrato che lavando bene le patate prima di friggerle, si elimina una parte significativa di zuccheri, e si riduce la formazione di acrilammide. Un’altra indicazione utile, soprattutto a livello industriale, è conservarle a una temperatura superiore a 8°C”.

Per quanto riguarda il caffè, invece, l’intervistato afferma: “a mio avviso si tratta di un allarme eccessivo, poiché viene consumato in basse quantità e sotto forma di infuso”. Anche per quanto riguarda alimenti come snack e patatine in busta, che contengono livelli di acrilammide elevati, il rischio è limitato, se ci si attiene a una dieta variata e non si eccede nel consumo. “È giusto, invece, agire a livello aziendale – afferma Donegani – e adottare tutte le misure possibili per limitare la formazione di questa sostanza negli altri alimenti come i cereali per la colazione e molti altri. Si sta lavorando molto anche sul terreno di coltivazione, per ridurre il contenuto di l’asparagina, modificando il metodo di fertilizzazione e selezionando geneticamente piante che ne contengono meno”.

 

Avevate già sentito parlare di acrilammide negli alimenti? Cosa ne pensate?

Articolo scritto con il contributo di Francesca Bono.

Fonti

efsa.europa.eu

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