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Acqua: La Verita’

acqua

di Gianluigi Storto.

L’argomento “Acqua” è molto attuale e apparentemente ben divulgato, in realtà ci sono diverse opinioni a riguardo. Queste mie righe non vogliono né essere conclusive sull’argomento, né imporre il mio punto di vista, ma vogliono soltanto stimolare tutti alla riflessione e ad usare la propria testa senza lasciarsi andare al flusso pilotato dalle pubblicità o da semplici leggende metropolitane.

L’importanza dell’acqua

In un articolo di Le Monde, Danielle Mitterand – vedova dell’ex Presidente francese nonché presidente dell’associazione France Liberté, un organismo internazionale che lotta per contrastare la sete nel mondo – scriveva che ogni anno muoiono di sete 34.000 persone.
La disponibilità di acqua è un problema fondamentale per lo sviluppo della società umana e nella storia ha determinato migrazioni, guerre, fondazioni di stati e modi di vivere.
L’uomo per vivere necessita di acqua potabile. Se in natura, o almeno in un sistema ambientale incontaminato, questo è relativamente facile, potendosi usare direttamente l’acqua dei fiumi oppure utilizzando il latte di mammiferi addomesticati, nelle città l’operazione diventa molto più difficile a causa dell’inquinamento. D’altra parte l’uso del latte lontano dal luogo di produzione, in assenza di precise tecniche di conservazione, è impossibile. Uno dei motivi per cui le grandi civiltà sono nate, senza eccezioni, vicine ad un grande fiume o lago è ovvia: l’acqua da bere è imprenscindibile.

Spesso questa disponibilità nel corso della storia non è stata sufficiente. Ecco perché bevande alcoliche e tè si sono sviluppati nell’antichità. L’alcool da una parte e la bollitura dell’acqua dall’altra sterilizzano in diversi modi il liquido e permettono così di soddisfare la sete senza rischio di malattie infettive.
Nelle grandi città del passato, le moltitudini bevevano perlopiù birra al nord e vino al sud, fino a che fu introdotta in Europa la pratica di bere tè.
Ad esempio, in Gran Bretagna sorsero movimenti, con l’appoggio del governo, per spingere le popolazioni a preferire questa bevanda alla birra che, a causa dell’alcool, provocava effetti secondari negativi e di rilevanza sociale. La rivoluzione industriale moderna deve molto al tè. L’uso di alcool infatti rendeva spesso il lavoratore poco attento e gli errori con le nuove macchine significavano incidenti con conseguente perdita di profitto economico. Il tè caldo e zuccherato garantiva al lavoratore calorie (dallo zucchero) a basso costo, acqua per la sete e, non ultimo, caffeina per restare svegli, aumentare l’attenzione e il rendimento su un lavoro che diventava sempre meno muscolare e sempre più di controllo e governo.
Tutto questo perché, l’acqua, per poter essere bevuta senza danno, deve essere “potabile”.

Quale acqua possiamo bere?

 

Al giorno d’oggi, in Italia esistono molte norme per definire le caratteristiche, fra le quali la temperatura a cui deve sgorgare e naturalmente la composizione chimica, dell’acqua potabile.
Esistono così acque minerali e acque oligominerali, a seconda del contenuto di sali.
L’acqua senza sali, ottenuta per distillazione o altri metodi (per esempio perosmosi inversa), non può essere bevuta tal quale perché tossica. Pochi lo sanno ma è proprio così: certamente ne serve una certa quantità, ma è comunque pericolosa per la salute. Così, per poter bere l’acqua distillata occorre aggiungerci alcuni sali. In effetti acque del genere, ottenute cioè per distillazione o osmosi inversa e poi addizionate di sali, sono in commercio in molti Paesi (fra cui gli Stati Uniti), mentre in Italia ciò non è permesso.
Acque ricche di carbonati di calcio e magnesio sono dette “dure” e provocano, per evaporazione, i famigerati depositi di calcare che tanti danni provocano a caldaie e lavatrici. Attenzione: non avviene la stessa cosa per i nostri amati reni: all’interno di essi non avviene alcuna evaporazione!! Le acque dure anzi sono più buone e saporite. Solo in alcuni soggetti predisposti aiutano la formazione di calcoli renali, ovviamente in questo caso è preferibile utilizzare acque oligominerali.
Per quanto riguarda le acque degli acquedotti, infine, si può stare tranquilli perché sono tutte assolutamente potabili e rispondono a criteri di assoluta sicurezza, sono analizzate spesso e opportunamente “corrette” quando c’è qualche problema.
A Roma, per esempio, c’è un’acqua dura ma assolutamente potabile e sicura. Le persone che non hanno problemi particolari possono berla senza alcuna preoccupazione sanitaria. I calcoli renali vengono perché non funziona il metabolismo e solo allora il calcio dell’acqua precipita in forma di piccoli sassolini, altrimenti non c’è alcun rischio!

Sfatiamo il mito dell’acqua minerale

Fa sorridere chi si sobbarca di fatiche inenarrabili per portarsi a casa a mano l’acqua nelle confezioni di plastica (o addirittura di vetro!) per non bere l’acqua del rubinetto per paura del calcio… e magari si mette il parmigiano (ben più ricco di calcio!!) sui maccheroni! Abbiamo fatto tanto per superare quella fase di sviluppo della civiltà in cui non c’era acqua potabile nelle case e si doveva scendere in strada alle fontanelle e adesso torniamo indietro nella storia e andiamo a prenderla (stavolta anche pagando!!) nei supermercati.
So per esperienza che è impossibile convincere con ragionamenti scientifici chi non vuole essere convinto. Resta il fatto che l’acqua minerale o meglio oligominerale è quasi sempre inutile (fra le eccezioni quella di farsi il tè, il cui sapore delicatissimo può essere influenzato dalla presenza di calcio) e rappresenta soltanto una resa alle continue, martellanti e cretine pubblicità televisive.
Alcune di queste sono davvero esilaranti. Una è quella che si basa sulla trovata di una particella di sodio, che si trova sola soletta in una bottiglia da un litro: a parte considerazioni chimiche sul significato di solitudine atomica o molecolare – ma qui dovremmo introdurre concetti come il numero di Avogadro e lascio perdere per non far innervosire gli amici che non amano la chimica – resta l’affermazione sulla pericolosità del sodio. Vorrei ben vedere come si comportano questi amici che bevono acqua oligominerale per paura del sodio quando mangiano. Sono certissimo che non usano mai il sale per condire, non mangiano la carne, i formaggi, il latte, e tutto ciò – praticamente tutto – che contiene sodio…
A meno che non siate malati di ipertensione o abbiate gravissime malattie cardiache non capisco perché tutta questa attenzione a evitare pochi milligrammi di sodio nell’acqua per poi mangiarne decine di grammi con gli alimenti.
Ecco! Forse la ginnastica del caricarsi di bottiglie d’acqua minerale dal supermercato a casa potrebbe effettivamente servire come prevenzione sanitaria per le malattie del cuore… in questo senso ben venga l’acqua minerale anche sarebbe molto meglio un po’ di corsa all’aria aperta o una bella nuotata al mare o in piscina!

Riflessioni sull’acqua in bottiglia

Avete mai pensato ai chilometri che le acque minerali fanno in giro per l’Italia? Acque di Sondrio vendute a Napoli e acque vesuviane portate nei ristoranti di Como. Ogni litro di acqua minerale che viaggia in camion quanto gasolio richiede? E quanta CO2 immette nell’atmosfera?
Continuando: facciamo attenzione al commercio dell’acqua minerale. Lo scambio muove tanti tanti soldi, in alcuni casi è in mano alla malavita e spesso non si fanno acquedotti pubblici per favorirne la diffusione. Riflettete gente, riflettete…
Infine, veniamo alle famigerate bottiglie di plastica: questo materiale è il vero nemico dell’uomo contemporaneo. Concordiamo tutti che pesa meno del vetro e va bene. Ma abbiamo mai pensato a quanta più energia serve per fare un chilo di vetro rispetto a un chilo di plastica? A quanto carbone, gas o combustibile nucleare, si deve bruciare per fare una bottiglia di vetro? A quanta CO2 si immette nell’aria? E anche il benedettissimo riciclo richiede comunque la fusione del vetro di scarto e questo comporta l’uso di non poca energia e di non poca CO2 immessa in atmosfera!
Di nuovo vi invito a un ragionamento pacato e serio.

Plastica contro Vetro

 

La plastica fa male, se ce la mangiamo (o beviamo) moriamo di brutte malattie. Penso che, sotto sotto, la paura sia questa. Ma la plastica per uso alimentare è diversa da quella “normale” e viene certificata da serissimi laboratori pubblici, fra cui molti Istituti di Igiene. Queste plastiche per alimenti rilasciano un contenuto di sostanze negli alimenti sotto la dose del pericolo.
E siccome in tossicologia vale il “principio della dose” possiamo stare sicuri. Cos’è e cosa dice questo principio? Dice che ogni sostanza (ogni, senza eccezione) è tossica, ma la tossicità, ovvero la pericolosità per l’uomo, dipende dalla dose. Sopra questa dose la sostanza è pericolosa ma sotto la quantità prestabilita non lo è.
Bene lo sapevano i greci che chiamavano il veleno “farmacon”… sapendo che la differenza fra un veleno e un farmaco è solo la quantità! Prendete per esempio l’aspirina: se avete la febbre e ne prendete una vi fa bene ma se ne prendete tre scatole rantolate dopo mezz’ora. E così anche per il sale da cucina: un cucchiaino va bene, un chilo vi fa stecchiti. Per il caffè: quattro tazzine al giorno nessun problema, tre litri morte sicura. Infine, per il tereftalato di polietilene: la plastica delle bottiglie ma anche delle protesi vascolari utilizzate in chirurgia.

Inoltre per determinare la tossicità delle sostanze, occorre anche vedere quanto queste siano o meno solubili. Per esempio il piombo è molto tossico, guai a mangiarne anche pochi milligrammi di Sali solubili, eppure ci si fanno le protesi dentarie, perché essendo insolubile, il piombo metallico non passa in circolo.  Così è pure per il tereftalato di polietilene. Va bene se ce le mettono dentro le vene per evitarci il secondo infarto, guai a farci le bottiglie dove c’è l’acqua…
Con un chilo di plastica faccio molte bottiglie, con un chilo di vetro forse nemmeno tre. Facendo attenzione alla salute nostra e dell’ambiente non possiamo ignorare che si consuma molta meno energia a produrre bottiglie di plastica che non di vetro e di conseguenza si inquina sicuramente in maniera inferiore, almeno nella fase di produzione.
La plastica – ed è questo forse il nostro tallone d’Achille – basterebbe riciclarla (fonde a pochi gradi, a differenza del vetro e quindi si consuma ancora una volta meno energia) oppure bruciarla negli inceneritori adatti per ottenere un bel mucchietto di energia da un rifiuto.
Lo so che l’opinione diffusa non è dalla parte della plastica, ma è un peccato. Anche perché la chimica italiana è stata fondamentale per alcune scoperte di base con essa, come quella del polipropilene isotattico con cui si fanno, tra l’altro, le siringhe.
Non è proprio questo argomento, ma avete mai pensato a quante vite si salvano con le siringhe di plastica monouso che non si devono disinfettare, specie nel terzo mondo?
Eppure molti continuano a sentirsi più sicuri con le bottiglie di vetro. Vorrei instillare un dubbio: visto che si usano e riusano, per evitare inquinamenti, le ditte devono lavarle e sterilizzarle. E per farlo non possono proprio evitare di usare sostanze atte a questo scopo (in genere basta un po’ di ipoclorito di sodio ma si possono scegliere anche disinfettanti più energici). E spesso questi disinfettanti sono solubili in acqua, per cui se ne ritrova sempre un po’ nell’acqua! Ecco allora che il vetro, prima così rassicurante, ora si illumina di una luce più fosca… maledetta chimica o al contrario: peccato non districarsi con la chimica!

Un po’ di chimica in casa

 

Queste sono curiosità con cui vi potrete divertire nelle vostre cucine. Abbiamo detto che nel caso di acque dure, come a Roma o in altre regioni del centro Italia, nell’acqua sono presenti notevoli quantità di bicarbonati di calcio e magnesio.
Bene, se scaldate a circa 80°C una soluzione di bicarbonati, questi si trasformano in carbonati.
Questi ultimi sali non sono altrettanto solubili, per cui come l’acqua si raffredda, questi precipitano in fondo al recipiente.
Prendete allora una pentola d’acqua dura e mettetela sul fuoco. Senza termometro è impossibile capire quando siete a 80°C e quindi procedete pure fino all’ebollizione. A questo punto lasciatela raffreddare senza muoverla troppo su un tavolo e vedrete che, concluso il processo, al fondo della pentola si sarà formata una grande quantità di polvere bianca: sono i carbonati di calcio e magnesio. Se versate l’acqua da questa pentola a un’altra, facendo attenzione a non far uscire anche il polverino del fondo, di fatto avrete ottenuto un’acqua molto meno dura, ottima per esempio per cuocere i fagioli, fare infusi di tè, innaffiare le piante che soffrono con il calcio (tipo ortensie), lavarsi i capelli senza avere problemi e senza dover poi usare gli ammorbidenti, etc…


Se sei interessato alla tematica dell’acqua leggi anche le nostre guide:

Elenco delle acque minerali italiane divise per regione

5 curiosità sull’acqua

Acqua in bottiglia o di rubinetto: qual è la migliore?

Immagini da creativecommons.org

 

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