Giornale del cibo

Acido citrico negli alimenti: dove si usa e quanto può essere nocivo?

 

 

 

 

L’acido citrico (E330) fa parte degli additivi alimentari maggiormente diffusi e impiegati da più tempo, con destinazioni d’uso che spaziano dalle verdure in scatola ai gelati. Anche su questa sostanza, tuttavia, possono pesare dubbi relativi alla salubrità, come in genere accade per tutti i prodotti chimici tipici dell’industria alimentare. Ma l’acido citrico negli alimenti fa male? Ha senso annoverarlo tra gli ingredienti che sarebbe meglio evitare, come ad esempio i nitriti e i nitrati? Come vedremo, questi timori fortunatamente non sono fondati, anche se l’E330 può avere effetti negativi sullo smalto dentale e sulla salute dello stomaco. Cercheremo inoltre di fare chiarezza sugli aspetti salienti legati alla sostanza, della quale delineeremo anche gli utilizzi e le origini.

[elementor-template id='142071']

Acido citrico: dove e perché si utilizza?

Grazie alle sue peculiarità e alle diverse funzioni che può svolgere, l’acido citrico si può trovare negli alimenti, come in altri prodotti per l’igiene del corpo e degli ambienti. In sintesi, ecco quali sono le principali destinazioni d’uso di questa sostanza.

acido citrico bibite gassate
Zodiacphoto/shutterstock.com

La regolazione di acidità nelle bevande assorbe oltre la metà della produzione mondiale di acido citrico, mentre alle altre applicazioni alimentari e alla produzione di detergenti e cosmetici vengono destinati quantitativi inferiori e simili fra loro. Per l’uso sanitario domestico, l’E330 in polvere si può acquistare nei negozi specializzati oppure online, a un prezzo di 4-7 € al chilo.

Come si ottiene l’acido citrico?

Ekaterina43/shutterstock.com

Questo composto organico acido è naturalmente contenuto in molti cibi, come tipicamente negli agrumi. A temperatura ambiente, il corrispettivo ottenuto per sintesi si presenta come una polvere bianca e cristallina, il cui gusto, non a caso, è immediatamente associabile a quello del limone. A livello industriale, dove viene identificato con la sigla E330, l’acido citrico trova largo impiego da circa un secolo, soprattutto nella produzione di alimenti, ma anche di farmaci e cosmetici, con un processo di estrazione che si è evoluto nel tempo.

Oggi vengono infatti sintetizzati e utilizzati grandissimi volumi di questa sostanza, la cui produzione industrializzata in Italia è cominciata sul finire dell’Ottocento, partendo proprio dall’estrazione dal succo dei limoni acerbi, trattato con diversi componenti. Il 1893 segna una svolta nel processo estrattivo, quando il chimico e micologo tedesco Carl Wehmer scopre che la muffa di Penicillium, grazie alla fermentazione, può generare acido citrico più economicamente, partendo dallo zucchero. È la Prima guerra mondiale a favorire la diffusione e il successo di questo metodo, quando il blocco delle vendite di agrumi italiani in Germania spinge fortemente l’adozione della tecnica di Wehmer.

Nel 1917, però, lo statunitense James Currie individua una muffa che si rivela più efficiente nel processo, l’Aspergillus niger, in seguito utilizzata dall’azienda farmaceutica Pfizer. Sessant’anni dopo, l’industria Lever Brothers brevetta un’altra metodologia per ottenere acido citrico, partendo da particolari sali di calcio posti ad alta pressione.

Ai giorni nostri, la sostanza si ottiene soprattutto con queste ultime due tecniche, e per alimentare la fermentazione con l’Aspergillus niger si impiegano soluzioni zuccherine in genere ricavate dal mais e dalle melasse. La produzione mondiale annua di acido citrico è vicina ai 2 milioni di tonnellate, con circa la metà di questo quantitativo proveniente dalla Cina.

Acido citrico negli alimenti: dove lo troviamo?

Come si accennava precedentemente, allo stato naturale l’acido citrico è presente soprattutto negli agrumi, seppure con concentrazioni differenziate in base alle varietà, allo stadio di maturazione – i frutti acerbi ne contengono di più – e alle condizioni delle coltivazioni. Se nelle arance e nei pompelmi le quantità sono limitate, nei limoni possono essere molto superiori, indicativamente fino all’8%. In ogni litro di succo, sono presenti circa 47 grammi di acido citrico. Pur non essendo un nutriente propriamente detto, l’acido citrico è importante per l’espletamento di svariate funzioni biologiche.

Nitr/shutterstock.com

L’acido citrico negli alimenti fa male?

Come di solito capita per gli ingredienti impiegati dall’industria alimentare, anche sulla presenza di acido citrico negli alimenti possono sorgere dubbi riguardo alle conseguenze sulla salute. Fortunatamente, però, i timori sono del tutto infondati e sono stati smentiti dalla Fondazione Veronesi, che ha citato le notizie false comparse anni fa in Francia riguardo alla presunta tossicità delle merendine contenenti E330, dove peraltro si confondeva questo acido con il glutammato monosodico, tipicamente presente nei dadi da brodo. Negli alimenti, quindi, questa sostanza non può essere ritenuta pericolosa, e nemmeno paragonata agli additivi più nocivi, su tutti i nitriti e i nitrati, conservanti utilizzati nelle carni processate e nei salumi.

Considerando i quantitativi presenti nei cibi – sia quelli nei quali è contenuto naturalmente che quelli dove è aggiunto in forma artificiale – è assai improbabile ingerire dosi eccessive di acido citrico. Solo una grande scorpacciata di agrumi o un consumo molto elevato di bibite, infatti, potrebbe realisticamente avere questa conseguenza. In questo caso, l’effetto collaterale più immediato sarebbe l’erosione dello smalto dentale, aspetto confermato da una ricerca pubblicata nel 2008 su Journal of Oral Rehabilitation e da altri studi precedenti. Anche per questo motivo, dopo aver consumato bevande acide o agrumi, in genere si consiglia di aspettare qualche minuto prima di lavarsi i denti, perché si rischierebbe di intaccarne ulteriormente la superficie, resa momentaneamente più fragile dalla sostanza acida.

A dosi elevate, inoltre, l’E330 può provocare ulcere allo stomaco, in bocca e all’esofago, oltreché danni ai reni, in casi di eccessi protratti nel tempo. Una ingestione massiccia può anche incrementare l’acidità del sangue, causando debolezza e crampi. Come detto, tuttavia, si tratta di situazioni estremamente improbabili considerando la quotidianità, e, in relazione all’utilizzo comune, l’unica eventualità realmente riscontrabile resta la corrosione dello smalto dei denti. Ad ogni modo, quest’ultima evidenza non va sottovalutata, specialmente in relazione al forte consumo di bibite, comunque sconsigliabile per l’eccessiva quantità di zucchero che apporta.

Per chi maneggia l’E330 puro, invece, è importante proteggersi dal contatto diretto con la pelle e dalla respirazione delle polveri, per prevenire il rischio di irritazioni. L’acido citrico, infine, può interferire negativamente con determinate cure mediche, aspetto che può essere verificato e approfondito leggendo le indicazioni riportate sulle confezioni dei farmaci.

 

Eravate al corrente della diffusione dell’acido citrico negli alimenti? Vi capita spesso di mangiare prodotti che lo contengono?

 

Altre fonti:

Fondazione Veronesi
Chimica online

Exit mobile version