Tante volte ho mangiato bene nella mia vita, ma raramente così, come nell’unico ristorante nepalese a Milano. Sarà perché si tratta di una cucina della nonna, non mediata per accontentare i clienti, ma pensata ed elaborata in linea con le ricette di casa, chieste direttamente al telefono alle signore in Nepal. Scopriamo allora com’è nato Achar, l’unico ristorante di cucina nepalese a Milano, che cosa si mangia e quali sono i prodotti più utilizzati.
Un “mini Nepal” a Milano
L’emigrazione nepalese a Milano è ancora recente: sono presenti circa 300 persone, di cui la maggior parte lavora nell’ambito della ristorazione. Per anni, infatti, dal Nepal sono emigrati più verso Inghilterra e Belgio, dove si è creato, come lo chiamano loro, una sorta di “mini Nepal”. A Milano, invece, c’è la sede della comunità dei nepalesi in Italia, che organizza feste, eventi e pranzi di ritrovo, spesso da Achar, in quanto unico ristorante di cucina nepalese in città.
Cosa si mangia nella cucina nepalese?
Prima di parlare di Achar, volevamo raccontarvi un po’ di quali sono gli alimenti più diffusi in Nepal. A non mancare mai in tavola è il riso, sia come accompagnamento delle altre pietanze, sia come ingredienti principale del budino, uno dei dessert più comuni. Nelle zone più basse, invece, si coltivano molte verdure e grano, mentre in quelle più alte patate e lenticchie; il che la rende una cucina prevalentemente vegetariana. Infatti, tra i piatti più diffusi nelle case, consumati quasi quotidianamente ci sono tarkari e saag, cioè verdure stagionali, e il dal bhat, una zuppa di riso e lenticchie, simbolo della cucina nepalese. Inoltre, ci sono sempre moltissime spezie.
Non avendo sbocchi sul mare, il pesce è praticamente assente, mentre la carne viene consumata in modo differente a seconda del credo e dell’appartenenza religiosa. Gli indù, ad esempio, hanno il divieto di mangiare carne, mentre i buddisti, invece, non hanno alcun tabù se non la mucca, che infatti è completamente assente dal fedele menù di Achar (in realtà, però, ci hanno svelato che è in crescita il consumo di bufala, che fa stranamente eccezione).
Achar Milano: la cucina nepalese della nonna
In realtà, Achar non è del tutto una novità in città, poiché ha aperto nel 2016 grazie a Gurung Reeya, la figlia di uno degli attuali proprietari. In seguito, con l’arrivo dei figli, Reeya ha deciso di lasciare l’attività per dedicarsi alla famiglia, ed è proprio in quel momento che suo padre, Gurung Bhakta Bahadur, ha un’idea. A quei tempi, lavorava insieme ad altri nepalesi in un bar ristorante di cucina italiana, e così si sono detti: “abbiamo cucinato tanto per gli altri, perché non iniziamo a farlo per noi, in un locale che fa solo cucina nepalese di casa?” Gli altri tre compagni di Bhakta Bahadur, Kamal, Rai Shyam Dip e Ghale Jaguram non ci hanno pensato troppo e, nell’aprile del 2019, loro quattro hanno preso in gestione il locale, con l’idea di farne un tempio della cucina di casa e insieme un punto di riferimento per i nepalesi a Milano. Come accennato in precedenza, i piatti sono stati studiati e dettati direttamente al telefono con la nonna di Reeya, Chandra Maya Gurung, di 78 anni, che a casa ha sempre cucinato per tutti. “La cosa migliore è sempre la cucina della nonna, anche in Nepal”, afferma suo figlio Bhakta Bahadur. Così, le specialità nepalesi presenti nel menù vengono cucinate secondo le ricette originali, senza troppe mediazioni o compromessi. A partire dall’utilizzo delle spezie.
L’utilizzo delle spezie nella cucina nepalese
Nella cucina nepalese si usano moltissime spezie, in particolare cumino, coriandolo (sia in semi che fresco) e curcuma, che insieme al peperoncino sono gli ingredienti della salsa più utilizzata in Nepal come accompagnamento a tutti i piatti. Per venire incontro anche a chi non gradisce il piccante, da Achar l’hanno “divisa”, cioè scomposta in tre salse differenti: una con sesamo e curcuma, una al coriandolo e, per i più audaci, una tutta al peperoncino. Queste tre salse restano sul tavolo durante tutto il pasto, dall’inizio alla fine, perché ottime in abbinamento a qualsiasi pietanza ordinata, ognuna secondo i gusti differenti.
Ma le spezie compaiono anche in una sorta di “mix segreto” utilizzato in due piatti: il primo è chow mien, una squisita pasta spessa che ricorda i pici toscani, fatta con grano nepalese e condita con verdure e questo insieme di spezie; l’altro è tutto il complesso per marinare le carni, quali pollo, agnello o maiale. Oltre alle spezie, c’è un’erba molto utilizzata, in particolare per la zuppa di lenticchie: il jimbu, che da Achar arriva direttamente dal Nepal, dove cresce solo sulle alte montagne dell’Himalaya.
I momo, lo street food per eccellenza in Nepal
È d’obbligo iniziare sempre con i momo, che in tibetano significa ravioli. Si tratta, infatti, della tipica pasta fresca, preparata con un impasto di acqua, farina, olio e sale e con un ripieno di verdure o pollo; ricordano un po’ quelli cinesi, ma sono più grossi, di forma differente e con più pieghe. In Nepal sono lo street food per eccellenza: si trovano all’angolo di ogni strada e si mangiano e preparano di continuo, come conferma Bhakta Bahadur. “Uno che non sa cosa fare in Nepal apre un momo”, scherza, “sono come i bar italiani, aperti a qualsiasi ora, anche per merenda”. I momo si trovano anche di altri colori rispetto al classico impasto: “ci sono i momo verdi con spinaci o cime di rapa nell’impasto, oppure rosa, ma al ristorante non li facciamo perché ci vuole troppo tempo e sono già una preparazione molto lunga così”. Da Achar si trovano anche con i gamberi, ma in realtà è un’eccezione perché, come detto in precedenza, nella cucina nepalese per ovvie questioni geografiche il pesce è pressoché assente.
Gundruk, il prosciutto di verdure nepalese
Dopo momo, carni marinate e dal bhat, c’è un piatto deve assaggiare chi vuole conoscere e sentire la vera cucina nepalese. Il Gundruk Rah Bhatta Sadheko, infatti, arriva direttamente dal Nepal, anche perché sarebbe impossibile avere lo stesso risultato altrove, in quanto frutto del preciso terroir di clima, ingredienti e terreno nepalesi. Si tratta di una preparazione tipica e tradizionale, che ha origini antiche, risalendo a quando durante la guerra il cibo veniva nascosto sotto terra. Infatti, il Gundruk consiste in foglie che vengono raccolte fresche, lasciate essiccare al sole e poi messe sotto terra dentro un contenitore, generalmente di metallo, dove iniziano un processo di fermentazione. Condite con pomodoro, zenzero, limone, semi di soia e peperoncino, dopo aver trascorso almeno 15 giorni sotto terra, sono pronte e acide al punto giusto per la consumazione: qui vengono tagliate proprio come un prosciutto, da cui il nome ironico che gli hanno dato Kamal e Bhakta Bahadur.
E ora siete pronti per procedere al dolce, ovvero al budino di riso. In accompagnamento a tutto il pasto, è abitudine consumare acqua o tè, ma da Achar c’è anche la birra nepalese Gurkha o un’ottima selezione di vini italiani.
Allora, vi abbiamo incuriosito a provare la cucina nepalese della nonna?