Giornale del cibo

Storia e caratteristiche delle Acciughe del Cantabrico

 

 

 

Ci sono delle alici talmente artigianali che si sente ancora la mano di chi le ha sfilettate e ripulite, una a una. Sono le Acciughe del Cantabrico che, senza nulla togliere alle nostre, come quelle di Menaica, rappresentano una preziosa e interessante alternativa alle locali.

In realtà, però, questo prodotto è più legato all’Italia di quel che si pensa: la storia delle Acciughe del Cantabrico, infatti, si intreccia con quella dei pescatori siciliani emigrati in Cantabria, in Spagna, dimostrandoci per l’ennesima volta il forte legame tra cibo e migrazioni.

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Le Acciughe del Cantabrico: storia, differenze con quelle italiane, caratteristiche e diffusione

Negli ultimi anni le Acciughe del Cantabrico, l’oceano di fronte a Bilbao, si sono diffuse moltissimo, soprattutto grazie a vari ristoratori che hanno iniziato a utilizzarle nei loro piatti e a inserirle nei loro menù. In particolare, tra i pionieri di questa diffusione, c’è l’azienda La Fenice, fondata negli anni Novanta da Beppi Bellavita, che resta nella memoria di chi l’ha conosciuto come uno dei più grandi ambasciatori ed esploratori del gusto per la sua grande passione e per il suo raro intuito, che l’hanno portato a scoprire e importare prodotti proprio come le Acciughe del Cantabrico.

La storia delle Acciughe del Cantabrico

La storia delle Acciughe del Cantabrico affonda le sue radici tra la fine del 1800 e l’inizio 1900 quando i primi pescatori siciliani arrivarono in Cantabria, sulle coste spagnole, e si accorsero che lì avevano e lavoravano il filetto di acciughe più grande che avessero mai visto. In particolare, fu un siciliano di nome Giovanni Vella Scatagliota, giunto da Trapani a Santoña, inviato da una compagnia genovese alla ricerca di pesci confezionati che, arrivato in quel porto, si trovò di fronte a uno spettacolo incredibile, destinato a cambiare per sempre la sua storia (e quelle delle alici): la costa basca piena di acciughe. Da lì, incontrò Dolores, la donna che lo fece restare definitivamente in Spagna, senza più far ritorno in Sicilia.

Così Giovanni, insieme ad altri emigrati siciliani, iniziarono a dedicarsi alla pesca delle acciughe e alla loro lavorazione, insegnando le tecniche italiane agli spagnoli. Furono loro, infatti, ad accorgersi che le acciughe di quei mari avevano una carne e un sapore straordinari che, se ben lavorati, avrebbero reso maggiormente.

Nel tempo la tradizione di trattare “all’italiana” le alici si è diffusa sempre di più, con la nascita di numerose aziende; oggi c’è persino una Confraternita delle Acciughe del Cantabrico, che si occupa di tutelare e valorizzare questo prodotto, a livello sia nazionale che non.

conservazione acciughe

La Confraternita dei produttori dell’Acciuga Cantabrica di Santoña

La Confraternita dell’Acciuga Cantabrica nasce il 5 aprile 1998, grazie all’impegno e agli sforzi di una ventina membri, che si sono uniti con l’intenzione di far conoscere al mondo questo prodotto, il suo territorio di produzione e i suoi possibili utilizzi in cucina. In particolare, quello che sta loro a cuore è tutelare l’artigianalità e la qualità delle alici, affinché non si perda l’antica tecnica di lavorazione.

La Confraternita ha sede a Santoña e si riunisce ogni volta nel mese di aprile per premiare il miglior produttore dell’anno. Nel 2018, ad esempio, ha vinto la piccola realtà familiare Anchoas M. A. Revilla, che si dedica alla vendita e alla lavorazione tradizionale sotto burro secondo l’antica ricetta originale di inizio Novecento: ora come allora, dopo la pesca, la pulizia e la stagionatura sotto sale tra i 10 e i 15 mesi, le alici vengono lavorate a mano e messe sotto burro biologico. Nei due anni precedenti, invece, è stata la volta dell’azienda Conservas Ana Maria che dopo un anno sotto sale prepara le acciughe nell’olio extravergine d’oliva.

La capillarità di come e di quanto si è diffuso questo prodotto a livello anche internazionale è la dimostrazione di quanto l’unione faccia sempre la forza. Se però, ovviamente, questa forza viene conosciuta e riconosciuta.

Dove e come trovarle in Italia: La Fenice

Tra i primi ad accorgersi della loro qualità ci fu appunto Beppi Bellavita, che nel 1991 fondò a Bergamo La Fenice. Fin dalla sua nascita questa azienda si occupa di ricerca, importazione e distribuzione di prodotti alimentari d’eccellenza, in particolare per la ristorazione.

Oggi lui non c’è più, ma l’attività continua con un nuovo gruppo di soci, tra cui Ilaria Cecchini, che porta avanti questo importante lavoro di ricerca con la stessa sua grinta e passione. “La Fenice continua a viaggiare alla ricerca di quei prodotti artigianali che le tradizioni territoriali, la cultura e i saperi di popoli hanno fatto fiorire nel tempo, con lo scopo proprio di riportare quei sapori, e le profonde conoscenze che li hanno generati, nelle cucine e sulle tavole dei nostri ristoranti”. Ma quindi perchè uno dovrebbe scegliere le Acciughe del Cantabrico, rispetto alle nostre?

Differenze: Cantabrico vs italiane

Come detto in precedenza, non si tratta di dover scegliere tra le due, poiché sono prodotti molto diversi, con destinazioni differenti in cucina, che non devono per forza entrare in competizione, anzi.

 

Fonte: Carroponte di Oscar Mazzoleni

Ristoratori che le utilizzano

Ad aver imbarcato la strada del Mar Cantabrico sono chef e ristoratori anche noti, come ad esempio Claudio Sadler, che le abbina al pesce San Pietro con cime di rapa e burrata. A Bergamo sono in molti, tra cui il Ristorante Baretto di San Vigilio o lo chef Fabio Lanceni del ristorante Carroponte di Oscar Mazzoleni, che le propone in un piatto che si chiama “I colori d’Inverno”, con variazioni di biete e spuma di caprino; o ancora, in provincia c’è l’Osteria della Villetta a Palazzolo o da LoRo a Trescore Balneario.

Ma le Acciughe del Cantabrico arrivano fino alla Valle d’Aosta, al Ristorante Rocce Nere di Cervinia, così come in tutta Italia, per una totalità di quasi 300 ristoranti circa.

 

E voi cosa pensate, siete convinti che quella italiana sia sempre e comunque la soluzione migliore o credete, come noi, che quando l’uomo si sposta nel mondo, da un luogo a un altro, porta sempre grandi ricchezze, anche in cucina?

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