di Martino Ragusa Truman Capote l’ha definita “di una bellezza agghiacciante” e io non so se a dare un’idea di Pantelleria sia più efficace questa frase o quella del padre della fotografia Henry Cartier-Bresson che disse "La foto più bella le fa torto”. Aldilà del bell’ossimoro di Capote e della dichiarazione di resa di Cartier-Bresson rimane un’isola che davvero impressiona e colpisce in modo speciale. Non la dovete immaginare né come un pezzo d’Africa né un pezzo di Sicilia in mezzo al mare, perché non assomiglia né all’una né all’altra. Se devo paragonare all’impatto con questo enorme vulcano emerso dal mare, la mente fugge lontano e mi viene piuttosto da pensare all’Islanda, entrambe nere e infuocate, con la differenza che questa è infuocata anche dal sole oltre che dal vulcano che l’ha originata. Forse, come l’Islanda è totalmente strana, estranea perfino a un paesaggio terrestre e forse più simile alla Luna come vorremmo che fosse, strana, bizzarra, incredibile ma ospitale. Sono convinto questi che scrivo sono deliri di un visionario, ma provate anche voi a muovervi tra il nero dell’ossidiana e l’azzurro di un mare cobalto come mai altrove. Provate a sentirvi giganti tra alberi incredibilmente minuscoli di ulivo e di arancio che conducono la loro ‘vita affossata’ dentro a conche scavate nel terreno per sopravvivere al vento. Provate a farvi abbagliare dal candore delle cupole dei dammusi feriti dal rosso delle bouganvillee. Provate a cogliere il colore dell’aria che qui finalmente si vede, perché è tersa e luminosa come al punto di avere anche lei forma e colore. Provate tutto questo, lasciatevi sconcertare da quest’isola, cedete alla sua violenza e sarete anche voi dei visionari felici come lo sono stato io a Pantelleria. Felice Mangiaforte, fornaio e grande esperto, è stato il mio maestro di cucina pantesca.Nel suo forno potete andare sia per comprare qualcuna delle sue specialità da forno, sia per estorcere qualche ricetta. Ovviamente l’amico fornaio mi ha parlato a lungo del cous cous pantesco, diverso dal trapanese per i grani più grossi e per essere servito con il pesce deliscato mescolato alla semola e non a parte. Poi è entrato nel dettaglio di specialità meno conosciute: la “Sciakisciuka”, un umido di verdure estive, la “Cucurummà”, un altro umido fatto con le squisite zucchine pantesche particolarmente dolci, le cotolette impanate con mollica di pane raffermo grattugiata, mandorle tritate, aglio, prezzemolo, menta e cannella, e le incredibili verdure ripiene…di verdura: peperoni, zucchine e melanzane scavate a barchetta vengono riempite con i dadini di queste verdure. Ogni ortaggio è fritto separatamente, poi i dadini vengono mescolati con una salsa di pomodoro e legati con mollica di pane grattugiata. Una volta ripiene, le verdure vengono cotte al forno per la gioia di tutti i buongustai, ma specialmente dei vegetariani e dei vegani che potranno godere di un piatto complesso e prelevato privo di alimenti di origine animale. Ma con il caldo che vi attende, non è certamente da trascurare l’ipotesi di un bella insalata pantesca con pomodorini, patate, cipolla, capperi e sgombro sott’olio. Nel forno di Felice, oltre al pane di semola di grano duro aromatizzato con i semi di anice, potete trovare i viscuttedda, pane biscottato per tutta una notte nel forno a 50 gradi da mangiare sbriciolati nelle zuppe di verdure o di pesce dopo averli appena bagnati sotto il getto dell’acqua corrente. Con lo stesso metodo sono fatti i biscotti d’orzo, a forma di ferro di cavallo e con i semi di finocchio. Anche per questi il risultato della tenerezza è raggiunto con la sola lunga biscottatura nel forno tiepido, senza l’aggiunta di grassi. Nel panificio potrete anche trovare i ravioli amari, che amari non sono ma semplicemente salati, non dolci, ripieni di ricotta e menta. A Pantelleria l’aggettivo ‘amaro’ è usato per indicareuna preparazione “non dolce” e io sono convinto che questa particolarità linguistica derivi dall’antico uso dello lo zucchero come spezia. I ravioli dolci sono sempre ripieni di ricotta e menta con in più lo zucchero e con l’identica ricetta si preparano fritti o, secondo un’antico uso pressoché perduto, bolliti e spolverati di zucchero, cannella, cioccolato grattugiato, limone grattugiato e serviti come dessert. E a proposito di dolci, non mancate un assaggio della cassata pantesca che è diversa da quella siciliana e più vicina alle origini arabe. Più sobria e meno barocca, senza canditi e con una decorazione più semplice. La ricotta è di vacca e non di pecora e non potrebbe essere diversamente se si pensa all’antica consuetudine delle famiglie pantesche di tenere una vacca nel loro dammuso per l’approvvigionamento quotidiano di latte. Altra specialità sono i baci panteschi, ravioli fritti di pastella ripiena di ricotta e cioccolato nero fondente e i lavoratissimi mustazzoli a base di semola e miele oppure ambra di uva. Sono aromatizzati con buccia di mandarino, arancio, cannella, anice, vin cotto, e soprattutto sono ricoperti di una pasta intagliata artisticamente “a merletto” con un coltellino o con una lametta.
Pantelleria: una bellezza agghiacciante
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Adriana Angelieri
Adriana è Responsabile di Redazione e Social Media Manager per Il Giornale del Cibo dal 2016. Siciliana di origine, si è trasferita a Bologna per i tortellini e per la sua carriera. Unendo la sua grande passione per l'alimentazione alle competenze nei progetti editoriali, si dedica alla guida del team redazionale e alla creazione di contenuti che garantiscano ai lettori un'informazione chiara, utile e accurata. Oltre che per i tortellini, il suo cuore batte per i risotti, di ogni tipo, purché fatti bene! Il profumo del basilico e l'olio buono sono gli ingredienti che non possono mai mancare nella sua cucina.
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