Provare paura è una delle sensazioni più comuni dell’essere umano: in molti casi, si tratta di una reazione istintiva, non controllabile e apparentemente irrazionale, capace però di condizionare anche profondamente il nostro comportamento. Quando questo accade e si ripete nel tempo, ciò che si manifesta non è più solo un timore, ma una vera e propria fobia. Siamo abituati a sentir parlare, ad esempio, di agorafobia (la paura degli spazi aperti e affollati), di aracnofobia (dei ragni) o persino di coulrofobia (delle maschere e dei pagliacci). Eppure non tutti sanno che persino il cibo, noto o nuovo che sia, può diventare oggetto di preoccupazione: in questo articolo parliamo, infatti, di fobie alimentari e di come, per quanto bizzarre possano sembrare, finiscano per limitare lo stile di vita di chi ne soffre.
Fobie alimentari: cosa sono e come si manifestano
Prima di addentrarci nel mondo delle fobie alimentari, è bene fare un distinguo importante e aggiungere subito una precisazione. Iniziamo col dire che la paura del cibo non coincide necessariamente con un disturbo alimentare, anche se può esserne la causa (o una delle cause). Anoressia, obesità e ortoressia nervosa sono dei veri e propri disturbi del comportamento alimentare, connessi anche ad angoscia e fragilità emotiva, ma che hanno premesse, sviluppi e conseguenze proprie.
E qui veniamo alla precisazione: ciò, d’altra parte, non significa che le fobie vadano invece sottovalutate o trattate con superficialità, perché anche queste, se non contenute, possono diventare debilitanti per l’organismo e la persona. Gli effetti della paura del cibo sono più simili a quelli della misofonia, ovvero ansia, sudorazione eccessiva, tachicardia, nausea, senso di impotenza e terrore: reazioni fisiche e psicologiche che non sempre sono facili da gestire e governare. Per questo, qualora si dovessero manifestare, è importante rivolgersi a medici specialisti che possano accompagnare nel percorso di analisi, controllo e inibizione chi le vive.
Principale caratteristica delle fobie alimentari è la selettività: i soggetti che ne soffrono sono infatti impossibilitati a ingerire specifici alimenti, e non tanto perché ne temano le possibili conseguenze estetiche o fisiche, come avviene invece nel caso dell’anoressia e dell’ortoressia appunto (anche se ci sono delle eccezioni); ma perché quel cibo in particolare li turba in qualche modo. Vediamone qualche esempio.
Neofobia alimentare: la paura del cibo sconosciuto
Di neofobia alimentare soffriamo quasi tutti. O almeno lo facciamo soprattutto tra i 2 e i 5 anni di età. Si tratta, infatti, di un atteggiamento protettivo che coincide con il rifiuto di cibi nuovi o sconosciuti. Perché protettivo? Perché gli esseri umani, come gli altri onnivori, sono propensi a ingerire di tutto, dalla carne ai vegetali, e in questo loro “appetito universale” corrono quindi il rischio di assumere anche sostanze tossiche. La neofobia alimentare, agendo a livello inconscio e istintivo, allontana questo pericolo, rendendoci naturalmente diffidenti da ciò che non ci è familiare. Quante volte, da bambini, ci è capitato di non voler sentire nemmeno parlare di verdura, nonostante non l’avessimo mai assaggiata prima?
È evidente che, per quanto riguarda i bambini almeno, si tratta di un comportamento passeggero, che va guidato e corretto anche attraverso l’esempio e l’educazione alimentare da parte dei genitori e del personale scolastico. E per quanto questo potrà non essere sufficiente a far piacere ai più piccoli determinati cibi (soprattutto se anche agli adulti non piacciono, come rivelano alcune connessioni tra gusto e DNA), servirà tuttavia a evitare che assumano una dieta poco variegata o sbilanciata. Queste sono infatti le possibili conseguenze di chi conserva tendenze neofbiche anche oltre l’infanzia: privilegiando solo alimenti che gli sono noti, può finire col privarsi di nutrienti importanti e sostanziali per il benessere fisico.
ARFID: il disturbo alimentare selettivo
C’è poco da scherzare anche nei casi di ARFID, l’acronimo inglese con cui si identifica il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione del cibo. L’ARFID è stata riconosciuta dalla comunità scientifica solo di recente: il suo nome, infatti, è stato coniato nel 2013 e da allora è sotto osservazione. Fa parte a tutti gli effetti di quella categoria di disturbi dell’alimentazione e della nutrizione connessi a problematiche mentali, tra cui anche la Pica che, come si legge nel documento redatto dal Ministero della Salute nel 2018, è “caratterizzata da persistente ingestione di sostanze senza contenuto alimentare, non commesitibili”; e come il Disturbo da Ruminazione, “caratterizzato da ripetuto rigurgito di cibo, che può essere rimasticato, ingoiato o sputato”.
L’estrema selettività del cibo è ciò che, invece, denota l’ARFID che, a differenza della neofobia alimentare, si può manifestare a tutte le età e non solo da bambini, anche se è più frequente proprio nei più giovani. Con la neofobia, l’ARFID ha però in comune la diffidenza e il rifiuto verso ciò che non si conosce, con alterazioni gravi delle modalità e del comportamento alimentare dei soggetti che ne sono affetti. Questi sono prevalentemente maschi (60%) e, quando sono bambini o adolescenti, rischiano di compromettere anche la loro salute fisica, rinunciando ad alimenti per via del loro aspetto, gusto, odore, o perché temono di avere effetti indesiderati, come indigestioni o soffocamenti. Da adulti, invece, è difficile che si riscontrino carenze nutrizionali, ma sicuramente viene intaccata la vita sociale, al punto che spesso si preferisce mangiare da soli piuttosto che ritrovarsi in situazioni di imbarazzo.
Cibo e fobie: gli alimenti che spaventano di più
Apparentemente più bizzarre, ma non per questo meno serie o significative per la dieta e la socialità di chi ne è affetto, sono le altre paure legate al cibo, come ad esempio:
- la bananafobia: è così, anche delle innocue banane possono essere la fonte di panico e ansia per chi soffre di questa particolare fobia alimentare;
- la turofobia: ovvero la repulsione per i formaggi, per il loro colore, sapore e soprattutto odore;
- la lycopersicoa fobia prende il nome dal Solanum Lycopersicum, noto ai più come pomodoro. La buccia, la presenza dei semini e soprattutto la consistenza mucosa di uno degli ortaggi più comuni possono essere infatti la causa di attacchi di ansia e panico per chi soffre di questo disturbo;
- la lachanofobia: interessa invece il mondo vegetale in generale, e si traduce nell’impossibilità di osservare o avvicinare una verdura o un frutto;
- la carnofobia e l’ichthyophobia riguardano invece il timore nei confronti, rispettivamente, della carne e del pesce;
- l’oenofobia e la metifobia costringono gli individui che le provano a stare alla larga rispettivamente da vino e dalle bevande alcoliche in genere;
- l’alliumfobia: vade retro aglio!
- l’arachibuytrofobia prende di mira il burro di arachidi, non in quanto tale, ma perché si teme che possa attaccarsi al palato senza più rimedio;
- la koutaliaphobia: non di cibo, ma di cucchiai ha paura chi soffre di questa fobia, che è scatenata dalla presenza di questo tipo di posate sulla tavola.
La cibofobia è dunque una realtà che, per quanto poco nota ai più, può condizionare seriamente la vita e le abitudini di chi ne è colpito, soprattutto se isolato e non opportunamente seguito.
E voi, eravate a conoscenza dell’esistenza di queste fobie alimentari?